Il 4 dicembre 2006, in occasione dell’Annual Meeting dell’American College of Neuropsychopharmacology (ACNP), è stato presentato un nuovo studio preliminare dal quale risulterebbe che l’ossitocina può avere effetti positivi significativi su pazienti autistici adulti.
Gli autori hanno studiato l’effetto dell’ossitocina sui comportamenti ripetitivi e sulla cognizione sociale. I ricercatori, Eric Hollander e Jennifer Bartz (Mount Sinai School of Medicine, New York) hanno presentato i risultati della somministrazione intravenosa e intranasale di ossitocina in adulti con autismo ad alto funzionamento (high-functioning). Hollander e Bartz hanno ricordato che gli studi sugli animali hanno già dimostrato che l’ossitocina svolge un ruolo in diversi comportamenti, come quelli relativi ai legami di coppia genitore-figlio e adulto-adulto, la memoria sociale, la cognizione sociale, l’ansia e i comportamenti ripetitivi. L’autismo è sembrato un campo promettente per lo studio degli effetti dell’ossitocina, dato che presenta sintomi relativi a tali comportamenti.
Già nel 2003 Hollander aveva pubblicato uno studio (Neuropsychopharmacology. 2003 Jan;28(1):193-8) in cui era stata somministrata ossitocina sintetica (pitocina) per infusione intravenosa ad adulti con autismo ad alto funzionamento o con sindrome di Asperger. Si era riscontrata una significativa riduzione di sei comportamenti (bisogno di sapere, ripetizione, ordinamento, bisogno di dire/chiedere, autolesionismo, bisogno di toccare) che si sono spesso rivelati buoni predittori di una successiva diagnosi di autismo.
I pazienti autistici spesso sono incapaci di riconoscere o decifrare le emozioni dell’altro tramite l’espressione del volto e l’intonazione della voce. Nel nuovo studio, centrato sugli effetti dell’ossitocina sulla cognizione sociale (Biol Psychiatry. 2007 Feb 15;61(4):498-503), è stato chiesto ai partecipanti di identificare l’emozione (rabbia, indifferenza, tristezza, allegria) che veniva rappresentata con la sola intonazione della voce nella pronuncia di frasi di contenuto neutro. In questo caso, l’effetto positivo si è manifestato sia durante la somministrazione sia quando i pazienti, al loro ritorno due settimane dopo per la seconda fase dello studio, hanno mostrato abilità superiori alle attese.
Hollander e i suoi colleghi stanno ora studiando la somministrazione intranasale di ossitocina in un esperimento di sei settimane. Questa via di somministrazione permette una migliore penetrazione della barriera ematoencefalica, che invece preclude in pratica la somministrazione per via orale. Hollander ha precisato che sia la forma intravenosa sia quella intranasale sono state ben tollerate, ma che la sicurezza dei trattamenti deve essere ancora accertata completamente prima di passare allo studio su pazienti in età infantile.

© Federico Spanò

Fonti:

American College of Neuropsychopharmacology
Neuropsychopharmacology
Biological Psychiatry