Di solito la segnalazione di una situazione di difficoltà di apprendimento o comportamento scolare avviene da parte degli insegnanti i quali si rivolgono ai servizi socio-sanitari di base, affinchè gli operatori (psicologi e assistenti sociali) svolgano un’indagine sui motivi che determinano lo scarso rendimento, l’insuccesso scolastico e/o le condotte disadattative del bambino.
Esiste altresì una percentuale, anche se minore, di genitori che si rivolgono spontaneamente ad un professionista perché preoccupati per il disagio espresso dai loro figli.
Eccetto i casi, percentualmente rari, di insufficienza mentale grave su base organica, la maggioranza dei bambini che giungono ad una consultazione mostra un disadattamento scolastico e delle difficoltà di apprendimento che non sono proporzionali al quoziente intellettivo. In poche parole si tratta per lo più di bambini normodotati. Del resto la maggior parte degli studiosi è concorde nel ritenere che, per una corretta comprensione di ogni singolo caso sono necessari:
– la misurazione psicometrica del quoziente intellettivo,
– la valutazione clinica (prove piajettiane) volta a comprendere la struttura del ragionamento in funzione dei diversi stadi,
– la conoscenza del contesto socio-familiare nel quale il bambino vive,
– l’analisi dell’affettività e delle relazioni oggettuali.
Tratterò prevalentemente gli ultimi due punti considerando il disturbo dell’apprendimento come il sintomo patognomonico di una situazione patologica dell’apparato psichico.
Innanzitutto, valutando l’età di insorgenza dei sintomi, sarà opportuno appurare se questi interessino tutti i tipi di apprendimento o se investano un ambito specifico (lettura, scrittura, calcolo) e se ad essi siano associati difficoltà relazionali.
In verità si tratta di distinzioni piuttosto arbitrarie, perché, a ben vedere, una difficoltà scolastica che si presenta durante la pubertà o l’adolescenza, avrà senz’altro degli antecedenti nelle fasi di sviluppo precedenti, magari con manifestazioni esteriori differenti; ad esempio, la dislessia, secondo C. Chiland, deve essere considerata “l’equivalente di un sintomo nevrotico (o psicotico)” 1 da situare nell’insieme dell’organizzazione mentale del bambino e del quale va valutato il valore economico.
Nella mia esperienza clinica ho modo di osservare bambini e ragazzi della scuola dell’obbligo, provenienti da ambienti socio-culturali diversi, con difficoltà scolastiche più o meno gravi, presenti dall’inizio della scolarizzazione e adulti con una storia evolutiva analoga.
Presentano diversi tratti di personalità: possono essere instabili sul piano motorio e collerici, oppure al contrario taciturni con un comportamento passivo, apatico ed un aspetto sognante come di chi ha la testa altrove. E’ difficile incontrare il loro sguardo perché pur guardando la persona che hanno di fronte sembrano non vederla. Hanno occhi “acquosi” che vagano nell’orbita oculare come una barca alla deriva. L’aspetto stanco di colui che svolge un lavoro faticosissimo o una guerra senza fine.
S. Freud in Inibizione, Sintomo e Angoscia dice “…se l’Io è stato impegnato in un compito particolarmente difficile…o è stato costretto a trattenere fantasie sessuali continuamente insorgenti, allora s’impoverisce talmente in fatto di energia disponibile, che deve ridurre il dispendio contemporaneamente in molti punti, come uno speculatore che abbia immobilizzato il suo denaro nelle sue stesse imprese.” 2
In questo contesto il desiderio di apprendere, la pulsione epistemofilica, sembra assente. L’io del bambino risulta menomato nelle sue funzioni. Ne consegue un’inibizione del fare e del sapere; un sapere troppo erotizzato e carico di valenze aggressive.
Una giovane donna che da bambina aveva riportato reiterati insuccessi scolastici, nel corso delle sedute di micropsicoanalisi esprimeva la sua aggressività nei confronti delle maestre e dei compagni di scuola dicendo”…li avrei ammazzati tutti, da bambina volevo ammazzare tutti i bambini e le maestre…avevo un’aggressività incredibile, eppure non sono mai riuscita a ribellarmi…io reprimo persino le lacrime…ero abbandonata a me stessa, non so perché continuassero a mandarmi a scuola, io non capivo niente, non c’ero, stavo bene solo in strada…ogni volta che andavo a scuola temevo di non rivedere più mia madre…” Queste associazioni erano sempre seguite, dall’esteriorizzazione di desideri aggressivi nei confronti dei familiari: “…vorrei che morissero tutti, li brucerei tutti al rogo…sono proprio cattiva, ho ereditato la cattiveria di mio padre…”.
Pur non entrando nello specifico del caso da me trattato, queste associazioni mi consentono un aggancio con quanto sostenuto dagli esperti di maltrattamento infantile e incesto. Essi sono concordi nel riconoscere una correlazione tra questo tipo di esperienze e le difficoltà di apprendimento.
A proposito dell’incesto M. Malacrea e A. Vassalli, citando Rosenfeld scrivono: ”Quando le intense reazioni emotive non sono esternate in comportamenti ma vengono represse e internalizzate, la rapida emergenza di problemi patologici si manifesta anche in disturbi dell’apprendimento, della socializzazione….” 3
Questi eventi traumatici fanno da amplificatore dei desideri aggressivo-sessuali rimossi o repressi, principalmente edipici di possesso/distruzione e mettono l’io ancora immaturo in una situazione conflittuale dalla quale scaturiscono angoscia e sensi di colpa. Si determina una fissazione della pulsione sessuale sia alla meta che agli oggetti originari. Tale fissazione inibisce la sublimazione della pulsione stessa verso mete socialmente più elevate che, nella fattispecie dell’età alla quale mi riferisco, sono costituite dall’apprendimento e dalla socializzazione. La meta resta il soddisfacimento immediato del desiderio aggressivo-sessuale e l’oggetto le figure parentali.
In questo contesto il fallimento scolastico rappresenta la “giusta punizione” che, pur riattivando per coazione a ripetere i vissuti autosvalutativi, costituisce pur sempre un male minore rispetto all’angoscia di castrazione evocata dalla situazione originaria.
Ci spieghiamo così il significato di sintomo da attribuire al fallimento scolastico, in quanto “…segno e sostituto di un soddisfacimento pulsionale”. 4

© Bruna Marzi

NOTE:

1– C. Chiland, L’enfant de 6 ans et son avenir, Paris, PUF, 1971.  torna su!
2 – S. Freud, Inibizione, sintomo e angoscia, Opere Vol. VII, Boringhieri, To ,1980.   torna su!
3 – M. Malacrea e A. Vassalli (A cura di), Segreti di famiglia l’intervento nei casi d’incesto, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1995.   torna su!
4 – S. Freud, op. cit.   torna su!