Vorrei illustrare alcune riflessioni sui meccanismi psichici che determinano le difficoltà ad instaurare relazioni sentimentali e sessuali. Ritengo che tale inibizione sia la manifestazione di un conflitto che ha un aspetto preconscio/conscio ed uno inconscio. L’aspetto preconscio/conscio si esprime con pensieri depressivi del tipo “non piaccio a nessuno, nessuno mi desidera”. In altri termini il desiderio conscio di avere una relazione amorosa è ostacolato da un impedimento interno sconosciuto, ricercato per proiezione, in un oggetto esterno che assume valenze persecutorie. Tale ostacolo, che rappresenta la parte inconscia del conflitto è, secondo me, è il tabù. Nel secondario il tabù può manifestarsi sotto diverse sembianze, per cui, a seconda delle circostanze, degli ambienti e delle situazioni, le persone possono attribuire la responsabilità dei loro fallimenti a: l’educazione ricevuta dai genitori, i costumi, la morale, la cultura, la politica, la società e così via. Le difficoltà relazionali si presentano con manifestazioni sintomatiche diverse: instabilità sentimentale, insoddisfazione sessuale, impotenza e frigidità, isolamento affettivo e sociale, ripetute delusioni e fallimenti. Sono associate a molte forme psicopatologiche da quelle più gravi (psicosi) a quelle con prognosi tendenzialmente meno infausta tra cui, solo per citarne alcune, i disturbi di personalità, i disturbi alimentari, i disturbi dell’identità di genere.
Sono, inoltre, descritte nelle nevrosi fobico-ossessive. La tesi che intendo sostenere è che all’origine di queste inibizioni ed in misura direttamente proporzionale alla gravità delle sindromi, si possano riscontrare quote residue di narcisismo primario che ostacolano la conoscenza dell’altro e l’insaturazione di una relazione sufficientemente stabile.
Mi riferisco ad una conoscenza sia in senso affettivo che cognitivo. Postulo quindi una correlazione tra tabù e narcisismo e tra conoscere e toccare.
Per Freud (1912) «… Il divieto principale ed essenziale della nevrosi, come anche del tabù, è quello del contatto, “délire de toucher.” La proibizione si estende non solo al contatto diretto col corpo, ma abbraccia tutto l’ambito racchiuso nell’espressione traslata “entrare in contatto”. Tutto ciò che indirizza i pensieri, verso il proibito, che provoca un contatto mentale, è proibito nella stessa misura in cui è vietato il diretto contatto fisico». In altri termini, il nevrotico ossessivo si isola per non toccare sia fisicamente che mentalmente. Il rimuginamento mentale altro non è che un vortice centripeto di pensieri in cui viene ripetutamente anticipata un’azione mai compiuta. In questo senso il pensare rimpiazza l’agire fornendo al soggetto il piacere sostitutivo. Tale dinamica è particolarmente evidente durante le sedute lunghe perchè la dilatazione del tempo rende più difficoltoso depistare il ritorno del rimosso (il pensiero dell’azione proibita). È più difficile programmare mentalmente tutto ciò che si dirà in tre ore. Si rende così necessario escogitare una via d’uscita dall’empasse. Capita che le persone scelgano un tema prediletto, assolutamente ripetitivo, e che spesso riguarda l’inefficacia del trattamento. A nulla valgono i tentativi di riportare la persona sulla corrente associativa principale, magari interpretando la resistenza. Evidentemente, per richiedere così tanto lavoro mentale e così tanta fatica, l’azione da evitare deve contenere elementi di vitale importanza. L’oggetto, meta della spinta pulsionale (colui che si afferma consciamente di desiderare) è, per spostamento, investito di desideri incestuosi rimossi (quindi inconsci) che lo rendono al contempo sacro ed impuro, attraente e pericoloso. L’oggetto tabù, o meglio la situazione tabuica, attiva potenti desideri di possesso distruzione che costringono il soggetto, per formazione reattiva, ad isolarsi, tenersi a distanza, non toccare.
Avvalendomi di alcuni esempi tratti dall’esperienza clinica, cercherò di dimostrare quanto appena detto.
Una signora si recò nel mio studio lamentando uno stato depressivo che durava da alcuni mesi, senza riuscire a darne una spiegazione razionale. Ciò che la disturbava era l’improvviso insorgere dell’idea che suo marito avesse un’amante.
Non aveva elementi concreti che le lasciassero dubitare della fedeltà del marito, anzi da lui riceveva costanti conferme del suo amore. Sebbene mantenesse un buon contatto con la realtà e riuscisse a criticare il pensiero ossessivo, non poteva però togliersi dalla testa quella donna. Diceva: «Ho l’idea fissa di questa donna, non che mio marito pensi a lei, io ho la fissa su di lei. Non riesco ad eliminarla dalla mia testa…sembra me, la mia copia, un maschio con i capelli lunghi…». La coppia non era riuscita ad avere figli a causa di una cosiddetta “sterilità psichica”. Dopo diversi tentativi di inseminazione artificiale, avevano desistito. I rapporti sessuali non erano mai stati frequenti, la signora ammetteva di non averli mai desiderati troppo, neppure da ragazza, sebbene avesse tanti spasimanti. Sul piano conscio esprimeva il desiderio di essere sempre in contatto con il marito: temeva le separazioni, non riusciva a dormire da sola. L’analisi rivelò che la vicinanza dell’oggetto le serviva a placare il suo senso di colpa: toccare in questo caso era una sorta di rituale scaramantico che scongiurava il suo inconscio desiderio di eliminazione dell’altro. «Ho il pensiero ricorrente che mio marito muoia» diceva, e il non vederlo alimentava tali fantasie distruttive. Potremmo dire che, in questi casi, l’assenza dell’oggetto dal campo percettivo facilita il prevalere dell’allucinazione, come se il soggetto non avesse acquisito la capacità di ricostruzione dell’oggetto a prescindere dalla sua presenza. Quando l’oggetto è percepibile, il soggetto riesce a fare un investimento su di esso e, tutt’al più potrà esperire una sorta di “dissonanza cognitiva” in cui alternativamente, come per le figure ambigue, prevale ora la percezione del reale ora l’allucinazione; in assenza dell’oggetto si ha un totale ritiro dell’investimento libidico in senso narcisistico. Il risultato è un corto circuito che alimenta il fantasma.
La signora era ossessionata da due pensieri:
1. la presunta rivale;
2. la morte del marito.
Mi sembra chiaro che, nel triangolo edipico attuale, se il desiderio di eliminazione del coniuge si fosse realizzato, si sarebbe creata una coppia omosessuale: l’analizzata e la presunta rivale che, altri non è se non il suo alter ego, o meglio un ideale onnipotente, un essere dotato di ambo gli attributi sessuali: «un maschio con i capelli lunghi», come diceva lei stessa.
Ricapitolando: il desiderio di avere una felice vita coniugale, espresso sul piano conscio attraverso la voglia di “toccare il marito”, era ostacolato dall’idea ossessiva
della rivale e da quella altrettanto ossessiva che il marito potesse morire. La conseguenza era un litigio continuo e quindi un crescente allontanamento dei due partners. Il senso di colpa ed il conseguente stato depressivo, derivavano dall’aspetto inconscio della vicenda e cioè dal desiderio che le idee ossessive si realizzassero. La realizzazione delle idee ossessive rappresenta il tabù: l’eliminazione del marito, sostituto del genitore edipico. Il matrimonio eterosessuale con la presenza del partner del sesso opposto, ostacola la fantasia narcisistica dell’autoriproduzione e sancisce l’inevitabilità dell’eterosessualità per fini procreativi.
Vorrei ora illustrare un altro caso. Un giovane uomo lamentava la comparsa di sintomi di tipo claustrofobico ogni volta che si innamorava di una donna e desiderava instaurare con lei una relazione duratura. Per quest’uomo il tabù del toccare riguardava soltanto le donne di cui s’innamorava. Tutto sommato un sintomo poco invalidante, giacché il signore non presentava altri problemi relazionali, né problemi di tipo sessuale, anzi affermava di avere successo con le donne e di trarre godimento dai rapporti sessuali. Con il passare degli anni e il raggiungimento dell’età matura, però, la situazione era peggiorata ed il quadro sintomatico aggravato. Il conflitto tra il desiderio conscio di unirsi alla donna che amava e il divieto, che si manifestava attraverso i sintomi claustrofobici, gli rendeva impossibile l’avvicinamento. Quando parlava dell’amata, esprimeva la paura di farle del male, di farla soffrire. Si sentiva terribilmente in colpa nei confronti delle donne alle quali riteneva di infliggere enormi sofferenze. Ascoltandolo mi sorse spontanea la domanda: chissà mai di quali colpe mostruose si sente responsabile questa persona? Ovviamente tenni per me la domanda, in attesa che emergesse il materiale inconscio.
In Psicologia della vita amorosa Freud (1910-17) illustra il problema, dal punto di vista maschile, della cosiddetta impotenza psichica che fa discendere dalla riattivazione di desideri d’incesto spostati sull’oggetto attuale del desiderio. Parla quindi di casi in cui gli uomini riescono ad unirsi solo a donne svalutate da un punto di vista affettivo per tenersi lontani da persone che richiamano l’antico oggetto d’amore. La mia esperienza clinica mi porta a dire che, a seconda del prevalere della fissazione simbiotico/orale, anale o genitale, l’aggressività, sotto forma di pulsione di impossessamento, può essere indirizzata verso l’oggetto del sesso opposto, quello dello stesso sesso o verso se stessi.
Nel caso da me analizzato l’aggressività era orientata prevalentemente nei confronti della donna. Il desiderio era di appropriarsi dell’oggetto per possederlo e controllarlo. La difficoltà a spostare l’aggressività sul padre, impediva l’accesso all’Edipo positivo e quindi il passaggio da una relazione narcisistica a quella d’oggetto. La percezione dell’aggressività induceva come formazione reattiva la difesa fobica, cioè l’allontanamento dall’oggetto. L’unica via d’uscita che si rendeva percorribile era rappresentata da rapporti eterosessuali finalizzati all’ottenimento del piacere orgasmico, con conseguente abbassamento della tensione. In altre parole il soggetto riusciva a mantenere un discreto benessere tramite l’evitamento dell’oggetto tabù, condannandosi, però alla solitudine.
Una giovane donna fece domanda di consulenza psicologica perchè, a seguito di un’aggressione sessuale subita da un estraneo, aveva sviluppato una forte avversione nei confronti degli uomini. In particolare veniva colta da attacchi d’ansia ogni volta che incrociava uno sconosciuto. Ciononostante aveva mantenuto il suo standard di vita: lunghe escursioni in luoghi solitari. Da un approfondimento del materiale emerse che il luogo ove era avvenuta la violenza era depositario del bisogno di espiare una colpa commessa alcuni anni prima, riguardante un’interruzione volontaria di gravidanza. Il concepimento era frutto di una relazione investita di fantasie incestuose. I due episodi (la violenza sessuale e l’interruzione di gravidanza) risultavano quindi fortemente correlati. La paura/desiderio di concepire un figlio incestuoso era il motivo inconscio che l’aveva portata ad interrompere la gravidanza e che continuava a spingerla verso sentieri solitari. L’aborto non era bastato ad attenuare il senso di colpa che riverberava in tutte le sfere dell’agire relazionale e lavorativo, comportando un progressivo isolamento affettivo e sociale. Tale era l’intensità del desiderio ed il conseguente bisogno di punizione, che dopo la denuncia della violenza sessuale e il riconoscimento dell’aggressore, aveva iniziato a credere di essere in parte responsabile di quanto subito, pertanto, di non avere il diritto di compromettere il futuro del suo aggressore. Il seguito fu un inferno: il dubbio ossessivo di aver identificato la persona sbagliata prese a martellarle la testa giorno e notte; iniziò una serie di procedure volte ad accertare l’esattezza del riconoscimento, ma nessuna conferma bastava a tranquillizzarla: il dubbio tornava incessante. Ancora una volta potremmo parlare di un difetto di assimilazione dell’informazione o, in altri termini, di una scissione tra la percezione dell’oggetto reale e la fantasia. Il desiderio inconscio di concepire un figlio incestuoso (tabù) conduceva la signora alla perenne ricerca di situazioni che potessero ricostruire la gravidanza (vedi le frequenti camminate in luoghi solitari), mentre il senso di colpa alimentava il divieto conscio che si esprimeva con l’isolamento affettivo e relazionale e con la ricerca di sistemi autopunitivi di espiazione. Le strutture rigidamente ossessive rendono particolarmente difficile lo sgretolamento di questi blocchi. Può risultare efficace affrontarli con la tecnica micropsicoanalitica dello studio delle fotografie. L’uso degli strumenti di ingrandimento progressivo delle immagini, consente, talvolta, una più facile rottura del vecchio schema percettivo e la vera assimilazione di quelle informazioni rimaste “in ombra”, scisse, isolate. Il defluire dell’affetto investirà la rappresentazione che porterà la presa di coscienza dei contenuti inconsci che sostenevano l’allucinazione, cioè l’intoccabile, l’innominabile: il Tabù.
© Bruna Marzi
Bibliografia:
1. Bolmida P. (1992) Considerazioni sul tabù del toccare. In: Bollettino dell’Istituto italiano di micropsicoanalisi n. 12. Torino: Tirrenia Stampatori.
2. Everbroeck van N. (1974): Histoire, Croyancedes Ekonda et de leur Batoa. Tervuren.
3. Fanti S. (1984). Dizionario di psicoamalisi e Micropsicoanalisi. Roma: Borla.
4. Freud S. (1910-1917). Psicologia della vita amorosa. Opere, 6. Torino: Bollati Bo-ringhicri, 1980.
5. Freud S. (1912-1913). Totem e tabu. Opere, 7: 36. Torino: Bollati Boringhieri, 1980.
6. Freud S. (1913). Un caso di nevrosi ossessiva. Opere, 6. Torino: Bollari Boringhieri.
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8. Marzi B. (2005) Elaborazione onirica dei traumi incestuosi. Rivista multimediale psicoanalisi e scienza www.psicoanalisi.it
9. Peluffo n. (2005) Conoscere l’oggetto. Rivista multimediale Psicoanalisi e scienza www.psicoanalisi.it
Responsabile scientifico di Micropsy.academy, piattaforma per l’aggiornamento professionale di psicologi, psicoterapeuti, medici e psichiatri. E’ perito presso il Tribunale Civile di Bergamo. E’ autrice di numerose pubblicazioni presentate a Congressi nazionali ed internazionali. Curatore e co-autore di 4 libri in lingua russa. Possiede un’ottima conoscenza parlata e scritta dell’inglese e del russo.
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Born in Frosinone on 01.13.1958. Graduated in Psychology at “La Sapienza” University of Rome. She carried out psychoanalytic training in Turin and Switzerland. Member of Italian Psychologists Association since its constitution in 1990 (n.5482). Member of the International Society of Micropsychoanalysis and training analyst of Swiss Institute of Micropsychoanalysis. Main lecturer of the module “Micropsychoanalysis” in the Postgraduation programme of “Psychoanalysis, psychoanalytical psychotherapy and psychoanalytical consultation” at Moscow Institute of Psychoanalysis. She works in Bergamo and Moscow, where she practices psychoanalysis and psychotherapy in Italian, Russian and English with people of different nationalities. She has extended experience on psychotherapy of battered and sexually abused women. She’s trainer and supervisor of several Hosting Communities for children and women and leads master classes for postgraduate psychologists in Italy and Russia. Scientific manager of training platform Micropsy.academy. Expert of the Court of Bergamo: Author of several scientific publications presented at National and International Congresses. She’s fluent in English and Russian languages.
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Доктор психологии – психотерапевт – психоаналитик. Закончила психологический факультет римского университета «La Sapienza». Далее специализировалась в
микропсихоанализе и микропсихоаналистической психотерапии в Турине и в Швейцарии под руководством Проф. Н. Пелуффо. Зачислена в Орден психологов с самого его основания в 1990 (No 5482). Действительный член Международного общества микропсихоанализа, тренинговый психоаналитик Швейцарского института микропсихоанализа. Руководитель курса по микропсихоанализу в Московском институте психоанализа. Благодаря работе в области медицинских
и социальных услуг приобрела обширный опыт в случаях
психологического, физического и сексуального насилия по отношению к детям и женщинам. Ведет преподавательскую деятельность и супервизии с психологами и психотерапевтами разных учреждений. Эксперт Судьи г. Бергамо. Научный руководитель обучающей платформы Micropsy.academy. Является автором многих научных докладов и статей, представленных как на национальных, так и на международных Конгрессах. Хорошо владеет английским и русским языками.