Il titolo del presente articolo potrebbe sollevare degli interrogativi. Perché il termine “psicobiologico” invece di “psichico”? La risposta è semplice. Il modello teorico-clinico della micropsicoanalisi, elaborato da Fanti, ci incita a considerare la mente da un punto di vista più ampio di quello ereditato da Freud. Infatti si vedrà che non ci accontentiamo, nel nostro lavoro clinico, di considerare il rapporto della psiche alla natura. Cerchiamo di concepire le risonanze che avvengono tra psiche, corpo, altre forme di vita e natura in generale. In altre parole, proviamo a concettualizzare gli scambi d’informazioni tra la psiche e il suo ambiente. A questo scopo Fanti ha dovuto elaborare un modello energico-pulsionale originale, che ha presentato nel suo libro chiave, La micropsicoanalisi. Continuare Freud. (Fanti, 1983): il corpo, gli altri esseri viventi e la natura. Da qui, l’espressione “rapporto psicobiologico uomo-natura”.
Tutto ciò richiede ovviamente delle spiegazioni. Partiamo da Freud. Il suo primo lavoro di ricercatore, quando aveva vent’anni, riguardava gli organi genitali delle anguille (This, 2013). Perché accennare a un lavoro dell’epoca pre-psicoanalitica del maestro, che lui stesso non menziona nella sua autobiografia? Eppure Ernest Jones cita questo lavoro del giovane Freud nella sua biografia monumentale, Vita e opere di Sigmund Freud (Jones, 1953).
Tale ricerca ci potrebbe sembrare aneddotica se non parlassimo del rapporto tra ambiente e psiche. Questa ricerca pre-psicoanalitica di Freud può interessarci per il seguente motivo: l’anguilla cambia sesso sotto l’influenza dell’ambiente! In un branco d’anguille, non ci sono maschi, però l’anguilla femmina può diventare maschio durante il suo percorso dalle coste europee al Mar dei Sargassi, dove si riproduce. Quindi un fattore naturale esterno determina il sesso dell’anguilla. Come dice Jones, tale ricerca può aver contributo a condurre Freud alla sua famosa teoria della bisessualità umana. In ogni caso, è interessante che la prima ricerca del fondatore della psicoanalisi abbia portato al ruolo dell’ambiente nella determinazione sessuale.
In seguito, Freud non ha più integrato l’ambiente nel suo modello dell’apparato psichico. Ciononostante, alcuni fattori esterni vi svolgono un ruolo fondamentale. Alludo all’oggetto delle pulsioni e del desiderio, nonché al contenuto delle rappresentazioni psichiche, che sono di origine esterna. Vale a dire che l’esterno si trova nel cuore dell’inconscio. Si tratta di figure rilevanti dell’età evolutiva, rappresentate sia nella loro globalità – cioè come oggetto totale – sia attraverso una delle loro caratteristiche, cioè come oggetto parziale. Vedremo che l’esperienza micropsicoanalitica ci permette di estendere all’ambiente e alla natura questa interiorizzazione psichica di oggetti esterni.
Anche se è una cosa risaputa per gli specialisti, non mi pare inutile soffermarci un po’ sulla costituzione dello psichismo secondo il modello teorico-clinico di Freud. Esso considera che la psiche provenga dal funzionamento del corpo e la concepisce come un apparato destinato a risolvere delle tensioni intollerabili. All’origine, queste tensioni sono legate all’insoddisfazione di bisogni biologici, come la fame, e alle sensazioni sgradevoli che prova il bambino, come il senso di mancanza. Lo psichismo si sviluppa quindi come reazione a una deficienza dell’oggetto esterno: la madre o la persona che ha cura del bambino. In effetti, quando l’intervento esterno tarda a soddisfare un suo bisogno, e ad eliminare il fastidio, egli entra in uno stato di sgomento angoscioso, dal quale nascono i primi desideri. È intorno a questi desideri che si struttura la mente. Più il bambino cresce, più l’apparato psichico serve a gestire le tensioni legate alle pulsioni insoddisfatte e ai desideri incompiuti.
Così, la teoria freudiana concepisce la psiche come frutto d’interazioni con l’esterno, considerando finalmente che, per la psiche, il corpo sia anche’esso un fattore esterno. Anche se il modello di Freud privilegia il rapporto con il corpo e con le persone, non esclude l’influenza di fattori ambientali, quindi della natura. Però, la pratica psicoanalitica s’interessa soprattutto ai movimenti che vanno dall’interno della psiche verso l’esterno. In altre parole, Freud e la maggior parte degli psicoanalisti focalizzano la loro attenzione sulle produzioni dell’inconscio, interessandosi poco ad altro.
Da parte sua, la micropsicoanalisi cerca di teorizzare che la psiche e l’ambiente sono totalmente interdipendenti (Fanti, 1983). Certo, abbiamo ereditato da Cartesio il pensiero scientifico. Il pensiero di Cartesio è essenzialmente di natura dualistica. Ciò ci rende difficile visualizzare psiche e corpo come un tutt’uno. Questo non dovrebbe però impedirci di rappresentarci che sono in strettissima e costante interazione. Per dirlo in un modo schematico, il modello freudiano è verticale, va dall’inconscio alla manifestazione. Il contributo di Fanti è di aggiungervi la dimensione orizzontale, cioè i movimenti bidirezionali tra l’interno e l’esterno.
Fanti non è stato l’unico a considerare questa dimensione. Citerei, per esempio, Boris Cyrulnik. Egli sostiene che dobbiamo cambiare il nostro modo di considerare il rapporto di causalità dei fenomeni psichici: “Finora, sotto l’effetto del riduzionismo scientifico, facevamo la domanda: quale è la causa che produce un effetto? Se un bambino è malato, bisogna cercare in lui, nel suo cervello, nel suo sviluppo, cosa è andato male. Mentre, in un ragionamento eco sistemico, diremmo: se un bambino è malato, cosa va male tra lui e il suo ambiente? Il problema può essere in lui, ma anche intorno a lui. Questo può essere il clima, l’alimentazione, sua madre, la cultura, una tragedia sociale, la povertà, ecc. Non si tratta più di una causa che produce un effetto, ma di una convergenza di cause che provocano un effetto positivo o negativo. […] Un cervello è scolpito dal suo ambiente o addirittura dai suoi ambienti” (Cyrulnik, 2021).
Fanti avrebbe potuto dire parole simili, però non avrebbe parlato di cervello, ma di psichismo. Sappiamo, in effetti, che l’inconscio si forma per integrazione d’eventi corporei e ambientali. L’inconscio è una memoria d’informazioni di origine anche sensoriale e percettiva. La nostra vita psichica è fatta di costanti interazioni tra noi e l’esterno, cioè tra noi e gli altri, ma anche tra noi e l’ambiente. La dimensione orizzontale del nostro approccio ci porta ad analizzare queste interazioni. In altre parole c’è, nella micropsicoanalisi, un aspetto sistemico che ci permetterebbe, per esempio, di aprire un dialogo con esponenti della terapia contestuale come Catherine Ducommun-Nagy (2008).
Dalla seconda metà del ventesimo secolo, molti esseri umani hanno avuto l’illusione che si potesse vivere separati dalla natura. Questa illusione andava di pari passo con la fantasia di essere superiori alla natura e che essa potesse essere totalmente addomesticata grazie alle nostre tecnologie. Si tratta di un desiderio d’onnipotenza che ci ha portati a volere, a tutti costi, dominare e sottomettere la natura, invece di indurci a rispettarla. Ne è risultato un tremendo degrado ambientale. Si potrebbe forse anche vedere in questo attentato all’ambiente l’espressione dell’aggressività umana e, perché no?, una proiezione del nostro sadismo. Comunque, adesso la natura ci costringe a ridimensionare il nostro senso d’onnipotenza, perché si verificano i disastri legati ai cambiamenti climatici. Disastri che si sono anche verificati nella pandemia da Covid-19 che ci ha inflitto una tremenda ferita narcisistica.
Si poteva certamente prendere coscienza prima della necessità di rispettare la natura, eminenti poeti e scienziati del passato ci avevano incitati. Come esempio, si può citare Goethe che ha ispirato Groddeck nella sua concezione dell’Es. Tornerò su questo punto. Per il momento dobbiamo chiederci se gli psicoanalisti avrebbero potuto svolgere un ruolo nella preservazione della natura. Certamente, all’epoca in cui la psicoanalisi era il modello dominante delle scienze umane. Allora, degli analisti erano spesso invitati a dare il loro parere su quasi tutte le tematiche legate alla società. Ovviamente non sono responsabili del degrado dell’ambiente, però mi pare che avrebbero potuto avere un ruolo protettivo, se avessero avuto un altro modello teorico-clinico. In effetti, il modello freudiano sembra averli incitati a considerare solo le manifestazioni dell’inconscio nei confronti dell’altro; nella fattispecie si esprimevano piuttosto a proposito dei rapporti intersoggettivi tra esseri umani.
Il treno è stato perso. Comunque, vale la pena fare un esame di realtà: è un’illusione credere che il nostro inconscio non sia anche parte della natura. Anzi, la nostra psiche ci mette ripetutamente in interazione con la natura. Queste interazioni sono bidirezionali, perché noi esseri umani formiamo un unico sistema con l’ambiente.
Una tale concezione sistemica potrebbe avere rilevanti ripercussioni nella pratica clinica. Quando si pensa in quel modo, diventa difficile limitare le interpretazioni all’espressione dei fantasmi inconsci e dei desideri rimossi. Dobbiamo anche considerare le risonanze psichiche provocate da informazioni provenienti dall’ambiente. Questo ci richiede un’apertura mentale che, fortunatamente, ci può dare il nostro modello teorico-clinico.
L’esperienza delle sedute lunghe ci indica effettivamente che l’inconscio non dovrebbe più essere rappresentato come un compartimento della psiche, ma come un livello di organizzazione psichica dell’essere umano. Mi spiego. Com’è ormai noto, il nostro modello è un modello energetico-pulsionale. In altre parole, Fanti ha aggiunto la componente energetica all’aspetto dinamico del modello di Freud, ampliando così questo modello classico. Di conseguenza, i pionieri della micropsicoanalisi hanno integrato nella teoria e nella pratica dati elaborati da diversi autori che non entravano necessariamente nelle grazie degli psicoanalisti quarant’anni fa. I più importanti dati che abbiamo integrato riguardano i primi passi dello sviluppo, e quindi i primi “mattoni” della costruzione dell’inconscio. In più delle scoperte della Klein riguardanti i vissuti del primo anno di vita, o delle intuizioni di Jung che riguardano la dimensione filogenetica della psiche, abbiamo per esempio assimilato la teoria dell’attaccamento di Bowlby (1999) o quella dell’accordatura affettiva di Stern (1987). Fra i micropsicoanalisti, è stato Nicola Peluffo (1984) ad avere esplorato questa dimensione, precisando il concetto d’immagine.
Tornerò sulle immagini mentali, ma prima, dobbiamo rispondere meglio alla domanda che ho posto in apertura della relazione: perché si è qualificato come “psicobiologico” il rapporto uomo-natura? Cosa vuol dire che il modello fantiano sia psicobiologico? Significa che ipotizza che c’è una profonda unità soggiacente a tutte le espressioni della vita, in tutta la loro diversità. Più precisamente, considera che la nostra psiche non è altro che l’espressione particolare di elementi che condividiamo con tutti gli esseri viventi. Particolare nel senso che la psiche ha sue leggi e meccanismi specifichi, diversi da quelli della materia da cui emana. La psiche, però, condivide e scambia in continuazione informazioni – che concepiamo come dei “pachetti” di energia che circola – con il biologico e con altre creature, che siano animali o vegetali. Da qui il senso dell’espressione “psicobiologico”.
L’Es è il perno dell’aspetto psicobiologico del nostro modello. La nozione di Es è stata inventata da Groddeck (1923) per spiegare la psicosomatica. Per lui, l’Es è una sorta di factotum che si trova sullo sfondo delle azioni dell’essere umano. Potrebbe essere paragonato a uno burattinaio nascosto che detta le condizioni della salute e delle malattie. Vale la pena di ribadire che l’Es di Groddeck ha dei richiami al rapporto romantico con la natura di Goethe. Rimaniamo, però, nel campo della psicoanalisi! Fanti ha dato all’Es un posto di primo piano. Nel modello fantiano, l’Es è quel “luogo” fondamentale e d’importanza vitale in cui una tensione energetica fa nascere un dinamismo pulsionale; in altre parole, per noi, l’Es è un sistema psicobiologico che trasforma una carica, creata da un eccesso di tensione, in una spinta al movimento, spinta dotata di caratteristiche sessuali, aggressive, creative… Per dirlo in modo più semplice, da una parte l’Es alimenta l’inconscio attingendo a movimenti corporei e a informazioni ambientali; d’altra parte, l’Es fa scaturire pulsioni che troveranno oggetti di soddisfacimento nell’ambiente. Insomma, l’Es ci fa interagire in continuazione con la natura e ne fa entrare elementi nella nostra psiche.
Così, noi micropsicoanalisiti non ci rappresentiamo una psiche staccata dal corpo e dalla natura. Al contrario, concepiamo l’essere umano nelle sue interazioni con le diverse entità che lo circondano. Visualizziamo che il nostro psichismo non agisce autonomamente, ma anche secondo quel che riceve dall’ambiente. E questo non è solo teoria. Proviene dalla pratica e ha incidenze positive sull’ascolto e gli interventi dell’analista.
Ne sono un’illustrazione le immagini che popolano la nostra psiche. Tali immagini non prendono in considerazione la separazione biologica tra le specie, tra l’essere umano e gli animali, tra il mondo animale e quello vegetale. Neanche tra gli esseri animati e quelli che non lo sono, come ne testimoniano l’animismo o il rapporto del bambino con il suo pupazzo. Ne sono testimonianza anche le figure multiple mitologiche, come il centauro, il dio Pan o gli innumerevoli travestimenti animali di Zeus. Più vicino a noi, si potrebbe pensare alle rappresentazioni medioevali del demonio. Tuttavia, le rappresentazioni di esseri chimerici possono anche essere dotate di un valore protettivo, come gli angeli alati, o di seduzione come le sirene. Esistono anche nella nostra psiche immagini di chimere uomo-vegetale. A tal proposito vorrei citare la magnifica legenda di Filemone e Bauci. Come ha scritto il poeta latino Ovidio, Filemone e Bauci accolsero e nutrirono il dio Zeus, che si presentò a loro travestito da mendicante. Per ringraziarli, egli acconsentì ad esaudire il loro desiderio di rimanere uniti per sempre. Così, alla fine della loro vita, Zeus li trasformò in due alberi intrecciati.
Le chimere evocano ovviamente il meccanismo dell’elaborazione ricombinativa che Daniela Gariglio ed io abbiamo descritto nel nostro libro Creatività benessere. Movimenti creativi in analisi (2007). L’elaborazione ricombinativa riunisce, nella psiche, diverse rappresentazioni d’oggetti e le modella in un insieme originale. Questo meccanismo svolge un ruolo rilevante nella creatività e nelle rappresentazioni artistiche. Purtroppo, quando abbiamo descritto la ricombinazione nel libro citato, abbiamo trascurato le interazioni soggetto-natura. Si tratta indubbiamente di un campo da esplorare. Infatti, la natura è in noi. Rappresentazioni dell’ambiente popolano l’inconscio, perché, vale la pena ribadirlo, la memoria psichica è anche d’origine sensitiva, fatta di sensazioni corporee e percezioni. La maggior parte dei nostri fantasmi inconsci si è plasmata da elementi della realtà circostante. A questo punto, potrei formulare due ipotesi. Il nostro desiderio narcisistico di sottomettere la natura potrebbe essere una proiezione del nostro desiderio di sottomettere l’es e l’inconscio, queste parti di noi che sono totalmente indomabili. Il nostro accanimento a distruggere la natura potrebbe essere una proiezione della nostra pulsione di morte, primariamente diretta contro noi stessi, poi deviata verso l’esterno.
Nel suo libro chiave, La micropsicoanalisi, continuare Freud, Fanti (1981) va al di là del biologico e del macroscopico, descrivendo il rapporto uomo-natura nel suo stile così originale: “È stato stabilito […] che la luna esercita una profonda influenza biopsichica […]. E si comincia a comprendere […] perché la frequenza degli infarti, crisi di angina pectoris, trombo-embolie, mali di testa, dolori articolari e malori aumenti in occasione di cadute barometriche. Perché le burrasche del Colorado provochino una recrudescenza di crimini e di ubriachezze patologiche. Perché certi venti carichi di particelle ionizzate, come il föhn, scatenino accessi di pazzia e suscitino raptus suicidi o di altro genere.
Luna, temporali, climi, venti… Campi magnetici, potenziali elettrici, pressione barometrica… mali di testa, infarto, crimine, pazzia, suicidio… gli specialisti dei più rinomati istituti di ricerca, come A. Larcan e la sua equipe di Nancy, studiano queste interazioni. E, che io sappia, depressione, crimine, pazzia, suicidio dovrebbero interessare lo psicoanalista!” (p. 41).
In un altro capitolo (p. 307-308), scrive: “Tramite i bronchi, i duecento metri quadrati di superficie di scambio totalizzati dal nostro mezzo miliardo di alveoli polmonari sono in contatto diretto con l’esterno. […] Cinquecentocinquanta litri di ossigeno dall’ambiente sono quotidianamente pompati nei nostri tessuti e fino alla radice delle unghie e dei capelli… […] Tramite le narici […], il cervello è in stretta relazione con l’ambiente. […] Tramite la pelle, siamo in continua e diretta relazione con l’ambiente. Lungi da costituire un involucro impermeabile, i tre strati (epidermide, derma, ipoderma) di circa due metri quadrati di pelle di un adulto sono essenzialmente costituiti da buchi.”
Potrei citare molti altri passaggi di questo libro. Mi limiterò a questo (p. 308-309), che riassume bene il pensiero di Fanti: “Quando durante le sedute lunghe, l’analizzato ritorna lattante, quando è oggetto di una violenta scarica catartica o di una fatica incommensurabile, egli percepisce che: primo, il dentro e il fuori del suo organismo si confondono; secondo, tutto comunica all’interno di questo esterno che lo compone […].”
Certo, lo stile di Fanti è particolare. Si può considerarlo provocatorio ed eccessivo nel modo di presentare le cose. Certo, certi aspetti del suo modello sono discutibili. Nella pratica analitica, però, i suoi scritti danno una grande apertura mentale e una formidabile libertà di pensiero. Per esempio, incita a cercare di visualizzare le interazioni psicobiologiche, interazioni che ci aiutano molto a capire certi aspetti della vita fantasmatica del soggetto.
In effetti, lo ribadisco, tutto ciò si appoggia sull’esperienza analitica e apre dimensioni nuove all’interpretazione. Ecco quindi un esempio concreto.
Da tanto tempo, un uomo soffre ogni anno, in primavera, di un’allergia ai pollini, che gli rende la vita difficile in questo periodo: i suoi occhi lacrimano, sternutisce in continuazione. Per minimizzare l’allergia, oltre a prendere farmaci, evita al massimo di uscire durante il periodo dei pollini. Quest’allergia non sembrava psicosomatica e il soggetto non ha neanche cercato di analizzarla in seduta. Eppure, quando abbiamo esaminato alcune fotografie della sua infanzia, una gli ha causato una forte reazione emotiva: il documento lo rappresenta, a circa cinque anni, che piange davanti a un camper, in una zona che sembra essere un parco alberato. L’analizzato non riesce a collegare questa immagine a nessun ricordo. Nelle associazioni successive, però, tornano a galla ricordi di paure e un gran senso di tristezza. Subito, l’analizzato si ricorda che gli alberi nella foto erano in fiore. Gli torna allora alla memoria che un giorno una zia gli aveva detto che i suoi genitori erano degli incoscienti quando lui era piccolo. Cito le parole di questa zia, come riportate dall’analizzato: “nel campeggio, andavano a divertirsi; piangevi, ma se ne fregavano”. La zia aveva aggiunto: “una volta, non so perché, hai vomitato per due giorni e non si sono preoccupati!”
Altre sequenze di libere associazioni hanno collegato questi vomiti all’attività sessuale dei genitori nella promiscuità vissuta nel camper. Purtroppo, non posso fornire tutti i dettagli dell’elaborazione di questi ricordi. Dirò solo che il sintomo, cioè l’allergia ai pollini, risultava da una serie di spostamenti tra diverse rappresentazioni: vissuto di abbandono del bambino perché i suoi genitori si disinteressavano di lui – vissuto della loro attività sessuale nella roulotte – senso di solitudine del bambino – pianto come richiamo d’aiuto – senso di disperazione, di fronte alla mancanza di risposta adeguata dei genitori – vomito come reazione psicosomatica a questo vissuto – riattivazione di tale vissuto traumatico quando elementi della natura (nella fattispecie i pollini) provocano una eco nella memoria psichica; in altre parole, quando c’è una risonanza tra esterno e interno – necessità inconscia di metabolizzare la tensione provocata dalla risonanza – abbassamento della tensione psichica proiettandola nel corporeo – ripetizione dei pianti avvenuti da bambino sotto forma di una rinite allergica, con lacrimazione – reazione di difesa: rinchiudersi in casa. E i vomiti, non si ripetono? Probabilmente sì, però spostati dall’apparato digestivo a quello respiratorio. Tale spostamento è comune, perché questi due apparati hanno la stessa origine embrionale. Preciso ancora che l’allergia ai pollini è quasi sparita dopo il lavoro analitico.
Concluderei, se mi viene concesso, con un’autocitazione, che mi pare congrua con il presente contesto. Si tratta della fine del mio capitolo contenuto nel libro Le parole del corpo. Nuovi orizzonti della psicosomatica (2016, pp. 78 e 189): “La psicosomatica ci fa intravedere che l’interdipendenza tra lo psichico e il corporeo è più profondo di quanto possiamo supporre. La psiche e il corpo appaiono così totalmente interconnessi. […] La nostra esistenza è costituita da continui scambi d’informazioni tra la psiche e il corpo, sia in salute, sia nella malattia. In somma, la psicosomatica sottolinea la dimensione psicobiologica dell’essere umano.” Oggi dovrei aggiungere la dimensione della natura, dicendo che la nostra esistenza è costituita da continui scambi d’informazioni tra psiche, corpo e natura.
© Daniel Lysek
Bibliografia
– Bowlby J. (1999), Attaccamento e perdita. 1-2-3: L’attaccamento alla madre, Torino, Boringhieri.
– Cyrulnik B. (2021), intervistato in Coopération, N° 8, 23 febbraio 2021, a proposito del suo libro Des âmes et des saisons, Paris, Odile Jacob, (mia traduzione).
– Ducommun-Nagy C. (2008), Le lealtà che ci fanno esistere, Antigone Edizioni, Torino.
– Fanti S. (1981), La micropsicoanalisi. Continuare Freud. Borla, Roma, 1983.
– Gariglio D. e Lysek D. (2007), Creatività benessere. Movimenti creativi in analisi, Armando, Roma.
– Groddeck G. (1923), Il libro dell’Es. Lettere di psicoanalisi a un’amica, Adelphi, Milano, 1990.
– Jones E. (1953), Vita e opere di Sigmund Freud, Il Saggiatore, Milano, 2014.
– Lysek D. (a cura di) (2016), Le parole del corpo. Nuovi orizzonti della psicosomatica, L’Harmattan, Torino.
– Peluffo N. (1984), Immagine e fotografia, Roma, Borla.
– Stern D. N. (1987), Il mondo interpersonale del bambino, Boringhieri, Torino.
– This B. (2013), « Freud, les anguilles et… la bisexualité », Le Coq-héron, N° 215, pp. 131-136.
II Dott. Daniel Lysek lavora a Peseux (Neuchâtel, Svizzera) come micropsicoanalista e psicoterapeuta.
Nato a La Chaux-de-Fonds (Svizzera) nel 1950, si è laureato in medicina nel 1976.
Ha lavorato 10 anni nel Centro micropsicoanalitico del Dott. Silvio Fanti a Couvet, partecipando all’elaborazione teorica della micropsicoanalisi e diventando anche co-autore del Dizionario pratico della psicoanalisi e della micropsicoanalisi (Borla, 1984).
Dal 1985 è analista didatta della Società Internazionale di Micropsicoanalisi di cui è stato presidente dal 1987 al 1991.
Membro fondatore dell’Istituto Svizzero di Micropsicoanalisi, ne è il direttore dal 1999.
Ha partecipato, in qualità di relatore, a numerosi congressi internazionali.
È autore di molte pubblicazioni micropsicoanalitiche, tra cui un libro scritto con la Dott.ssa Daniela Gariglio, Creatività benessere. Movimenti creativi in analisi (Armando Editore, 2007). È curatore di un libro di psicosomatica, Le parole del corpo. Nuovi orizzonti della psicosomatica (L’Harmattan Italia, 2016).