«Tutto ciò che è conscio deve possedere una rappresentazione verbale» (S. Freud)

Avvertenza dell’Autore: era mia intenzione scrivere un articolo semplice ed accattivante, concepito per rendere omaggio al pensiero di Freud. Ma, come ogni Autore ben sa, le opere si scrivono da sole e quindi una certa complessità si è auto-imposta in corso d’esecuzione. Di questo mi scuso con il Lettore.

Nota sul “notes magico” (aggiornamento)

Nel linguaggio micropsicoanalitico, il fenomeno è abbastanza semplice da spiegare e rappresenta una delle propaggini più manifeste del conflitto costitutivo vuoto-energia:  il passaggio dalla rappresentazione di cosa alla rappresentazione di parola implica necessariamente un livello di strutturazione energetica assai più complesso, e quindi dispendioso, della permanenza delle informazioni nel dominio delle immagini sensoriali. La rappresentazione verbale inserisce una discontinuità che perturba il Principio di Piacere e pertanto richiede ed assorbe, per mantenersi e consolidarsi, un continuo “potenziamento” da parte del Principio di Realtà. Tale rafforzamento è costituito dall’accumulazione e stratificazione delle esperienze di successo – gratificazione che, di norma, costantemente accompagnano lo sviluppo intra-uterino e i primi anni di crescita evolutiva, sia ontogenetica che della Specie. Tutti i vissuti esperiti, che non abbiano beneficiato di tale apporto d’energia incrementale da parte della soddisfazione reale, non superano la barriera della rimozione propriamente detta e non acquisiscono quindi lo status verbale, permanendo nel preconscio profondo sotto forma di semplici tracce sensorio – motorie che, cercando vie di espressione non verbali, sostengono tentativi di soluzione collaterali, quali sogni, lapsus e sintomi di compromesso. L’inerzia è quindi la costante energetica che si oppone alla trasformazione della rappresentazione di cosa, rinforzando in continuazione la passività delle fantasticherie diurne, del pensiero magico e dell’immaginario confuso-onirico. Per tale motivo, è la preclusione alla rappresentazione di parola di pochi ed elementari derivati dell’Inconscio a sostenere ciò che definiamo in termini di sofferenza mentale (nevrotica). L’intero processo è ben chiaro, stabilizzato ed immediatamente percepibile da tutti coloro che abbiano vissuto l’esperienza della psicoanalisi o della micropsicoanalisi. Al di fuori di tale contesto, occorre far uso di metafore, metonimie o spiegazioni allegoriche che, tentando di illustrare il ragionamento, necessariamente lo degradano. Pur aborrendolo per natura, farò ricorso a due scienze completamente estranee alla mia disciplina: la Neurofisiologia e l’Informatica, nel duplice impegno d’illustrare Freud e di rendergli omaggio.

Nel 2010 Stanislas Dehaene 1 , grazie al supporto tecnico di macchinari elettronici ipersofisticati, quali la risonanza magnetica polifunzionale, la magnetoencefalografia e l’elettroencefalografia tridimensionale dimostra, senza ombra di dubbio, come le aree corticali predisposte al linguaggio siano sostanzialmente più “energivore”, in termini di scambi chimico-fisici, consumo di ossigeno e di flussi d’irrogazione sanguinea, delle aree corticali che presiedono alla visione. Un enorme impiego di materiali, tecniche, tempo e denaro per affermare, esattamente cent’anni dopo che il pensiero ipotetico – deduttivo di Freud lo aveva già statuito (cfr.: “Il significato opposto delle parole primordiali”, 1910), che l’azione del “parlare” consuma molta più energia biochimica dell’atto del “guardare” o del “sognare”. Comunque, Stanislas Dehaene, in quanto neuro-psicologo, non è tenuto a conoscere Freud né la sua teoria e quindi il disconoscimento della paternità di tale scoperta è imputabile a un semplice fenomeno di ignoranza, parzialmente giustificabile. Particolarmente aberrante è invece il fatto che egli si sia affrettato a proclamare come la sua mirabolante rivelazione abbia ampiamente dimostrato che la Psicoanalisi “è un ignobile costrutto di menzogne”. Un tale  comportamento risulta esplicitamente inscrivibile all’interno del registro dell’intelligenza sensorio – motoria e dell’acting-out più bieco e brutale, dato che, per svillaneggiare il pensiero di uno scienziato, occorrerebbe dapprima, non dico capirlo, ma almeno conoscerlo sia pur a grandi linee. In ogni caso, anche tale verifica neuro-cibernetica tautologica confluisce a rinforzare uno degli epistili teoretici che sostengono l’architettura del costrutto psicoanalitico in generale e micropsicoanalitico in particolare: il linguaggio, quello parlato o quello raffigurato, struttura in modo più complesso e dispendioso le immagini oniriche, di per sé casuali, caotiche, disorganiche e frammentarie, quindi meno “energivore”, nel tentativo di assegnare loro un ordine, un principio di causalità e di organizzazione, sia pur rudimentale ma basilare. Il passaggio dalla rappresentazione di cosa, retta dal sistema primario in intima connessione con l’attività onirica  -fisiologicamente predisposta al funzionamento “a basso costo” e al risparmio di energia sia psichica che somatica peculiare del Sonno – sogno, custode del sistema mnestico retrostante – alla rappresentazione di parola su cui si edifica il sistema secondario e la Coscienza, necessita di un rimbalzo quantitativo e qualitativo del funzionamento globale del sistema somato-psichico e richiede quindi un’organizzazione di tentativi psicomateriali (cfr: ad es. le incisioni rupestri) e psicobiologici  molto più complessa, onerosa ed instabile. Ed è a questo livello che si viene ad inserire il mio secondo “ausilio spurio”, messomi a disposizione dall’Informatica, tramite il concetto, semanticamente orripilante ma concretamente funzionale, di “formattazione2 . In definitiva, mi pongo il problema di come avvenga fisicamente il passaggio dalla rappresentazione di cosa, che deriva direttamente dalla filogenesi animale tramite i movimenti allucinati in sogno da ogni specie modificata dall’Omeotermia, alla rappresentazione di parola: in questa opera di conversione sarebbero coinvolti meccanismi psichici specifici, che fungerebbero da organizzatori e potenziatori ed interverrebbero a trasformare l’immagine quasi esclusivamente visiva del sogno in rappresentazione mentale, formulabile dapprima tramite codici gestuali e figurativi e successivamente in espressioni puramente verbali. Come già detto, tale trasferimento  dal visuale al verbale implica l’ingresso di nuovi dati e un potenziamento del processo di riproduzione dell’oggetto mentale. L’esempio metaforico suggeritomi dall’ Informatica è appunto quello relativo al processo di formattazione ad alto livello, che implica l’immissione di informazioni complesse nella memoria di base (Es). In parole molto semplici ed elementari, se si ha una risma di carta formattata, vuol dire che si è definito quante righe per pagina si vuol scrivere, si è stabilito il numero e il tipo di caratteri per ogni riga e numerato ogni foglio in fondo pagina. Così, quando il Clan enuncerà la sua Legge, o il mito che si vorrà narrare , o il libro che si desidererà rivelare, sarà possibile costruire un sommario che spieghi dove e come sono disposte le rappresentazioni, attuali o retrograde, che son state utilizzate (capitoli, versetti, canoni, ecc.). La memoria di base relativa all’Es sono le informazioni lentamente e con molta pena elaborate dalla filogenesi , ma se non sono ordinate e numerate (formattate) dalla rappresentazione verbale non è possibile comporre l’indice che permette di “navigarci” dentro: un repertorio di parole tracciate su un sottile foglio (questa volta elettronico, in futuro, chissà?) , posato su una “molle” tavoletta di cera  (questa volta digitale, in futuro, chissà?). Ed anche in questa circostanza, nonostante l’imprevedibile e sbalorditivo evolversi del supporto materiale utilizzato come esempio, l’intuizione geniale di Sigmund Freud si è rivelata veridica, obiettiva ed anticipatoria. 3

Il sistema mnestico retrostante

«L’ Es è in prevalenza composto dalle tracce che la motricità co-pulsionale lascia impresse nell’energetica ideica»  (Nicola Peluffo).

Per salvaguardare tale enunciato ché possa sopravvivere alla propria intrinseca e trascendente rarefazione, occorre irrobustirlo e rivestirlo con ragionamenti intermedi che stabiliscano sistemi di connessione concreta ed operativa tra la Psicoanalisi e la Micropsicoanalisi, nel tentativo di avventurarsi  nella comprensione del mistero dell’Es. A un primo livello d’osservazione, origine dell’Es è la memoria sensorio motoria preordinata dalla filogenesi animale  ma al contempo l’ Es è anche la variabile che interviene tra lo stimolo coattivo dell’informazione genotipica  e la varianza della risposta fenotipica adattativa. È pertanto definibile per il numero dei gradi di libertà che esso permette d’immettere nel sistema, cioè dei parametri caratteristici del sistema stesso che si possono far mutare senza alterarne irreversibilmente l’equilibrio. Infatti, l’elemento genetico – ereditario fondamentale che occorre inserire è la plasticità inter e intra sinaptica che modula in continuazione la variabilità delle risposte in funzione del Principio del  Piacere e della gratificazione del Principio di Realtà. Il sistema nervoso centrale è una fitta rete di connessioni: è costituito da almeno trenta miliardi di neuroni interconnessi tra loro, il quadruplo dei neuroni corticali delle scimmie più evolute. L’immagine di tale infinita grandezza di possibilità di collegamenti, pervase e percorse dalle correnti libidiche che ne restringono la stocasticità, polarizzando, orientando e concentrandone il potenziale d’azione lungo le direttrici aggressivo – sessuali stabilite dalle quattro fasi di sviluppo psico-sessuale, è realmente avvincente e rende  ”visivamente” molto bene l’idea di una motricità co-pulsionale geneticamente organizzata che “scava” ed “incide” canali di accesso e di scorrimento facilitato al vasto fluire delle connessioni sinaptiche.Tuttavia, questa è solo un’immagine ancora intrinsecamente dipendente dal pensiero logico-concreto e ne mantiene intatta tutta la potenza illusoria collegata alla suggestione. O meglio, è una diretta emanazione di  quell’elettro-magnetismo che così profondamente impregnò la cultura dell’epoca di Freud. La conservazione di tale immagine equivarrebbe a stabilire che è il genotipo a regolare la Pulsione (freudiana), e per tale motivo sarebbe possibile non solo affermare che nel genotipo è iscritto il passaggio dal soma alla psiche, ma che è quest’ultimo a sospingerla alla ricerca di soluzioni sempre più complesse e strutturate: in tale prospettiva, il fenotipo distribuirebbe il piacere-dispiacere all’interno delle situazioni psichiche e socio-culturali che la spinta pulsionale stessa ha via via elaborato nel corso dell’Evoluzione. È a questo stadio dell’organizzazione energetica che Peluffo si accomiata da Freud, inoltrandosi in una dimensione teoretica di deduzioni sorrette unicamente dalla logica astratta, senza più avvalersi di alcun altro supporto se non quello relativo al materiale di seduta lunga, né di curarsi del substrato organico, alla ricerca di quel sistema mnestico retrostante che costituisce l’Es. In questo processo di trasformazione, resta comunque assodato come saldo principio di base, che nell’Es sono geneticamente contenute ed organizzate le fasi di sviluppo libidico e i movimenti co- pulsionali che le differenziano, anche se tali fasi non necessitano di alcuna struttura interna particolare e sono totalmente gestibili  attraverso semplici sistemi  di registri associativi. Nella nuova Metapsicologia, la fonte e la spinta non si appoggiano più su zone erogene esclusivamente somatiche  ma coinvolgono processi di attivazione-scarica di aggregati elementari e fortuiti, che possono essere indifferentemente psichici, biologici, o miscele d’entrambi. Sarebbero quindi questi infiniti processi di attivazione-scarica a fornire il supporto energetico alla memoria di base: una rete di funzioni fluttuanti, in continuo movimento, che alimenta costantemente il dinamismo co-pulsionale in un’inarrestabile cascata di oggetti, psichici o somatici,comunque retta da una casualità ristretta, su cui diseccitarsi. Vale a dire operare il passaggio da uno stato di massima tensione a uno stato di energia minore che si potrebbe definire “quiete”. In questo processo di  abbattimento dell’ampiezza d’oscillazione, l’energia in eccesso sarebbe restituita non sotto forma di radiazione ma di rappresentazioni e affetti, cioè di informazioni registrabili, solo tramite il loro permanente dinamismo, come tracce mnestiche , suscettibili , quando le condizioni della soddisfazione lo permettono, di oltrepassare la barriera della rimozione e depositarsi nella memoria a lungo termine. L’Es sarebbe di conseguenza costituito da tracce assai ridotte  di movimenti oscillatori di tensione-distensione, le cui risultanti sarebbero semplici costanti di probabilità, cioè  invarianti rappresentazionali e affettive non predefinite ma intrinsecamente coerenti con il Sistema. Quindi ripetibili all’infinito. O almeno fino a quando il Sistema sopravvive. Parole, Musica, Matematica costituirebbero lo sviluppo incrementale di tali moti minimali in movimenti complessi, consolidati e stabilizzati nel Secondario tramite l’elaborazione onirica, successivamente re-introiettati come apprendimento durante la veglia.

© Pier Luigi Bolmida

Una chiosa necessaria

Alcune persone  mi hanno chiesto chiarimenti sul mio ultimo articolo “Il Disagio della Parola” qui apparso nel febbraio ultimo scorso, poiché risultava incomprensibile, almeno nelle sue ultime parti. Come precisazione, desidero evidenziare come tale lavoro fu da me scritto nel novembre del 2011 e a quella data ero personalmente all’oscuro di alcune recentissime scoperte delle Neuroscienze, che apparvero sulle riviste specializzate soltanto alcuni mesi dopo. In quell’occasione, io scrivevo:  « L’Es sarebbe di conseguenza costituito da tracce assai ridotte  di movimenti oscillatori di tensione-distensione, le cui risultanti sarebbero semplici costanti di probabilità, cioè  invarianti rappresentazionali e affettive non predefinite ma intrinsecamente coerenti con il Sistema. Quindi ripetibili all’infinito. O almeno fino a quando il Sistema sopravvive. Parole, Musica, Matematica costituirebbero lo sviluppo incrementale di tali moti minimali in movimenti complessi, consolidati e stabilizzati nel Secondario tramite l’elaborazione onirica, successivamente re-introiettati come apprendimento durante la veglia »
In un recentissimo articolo intitolato: «SCIENZA, CERVELLO e MUSICA: Sintesi II», Paolo Manzelli avanza l’ipotesi che siano i successivi movimenti di contrazione/allungamento di alcuni microscopici filamenti proteici a struttura tubolare, le cosiddette ”tuboline”, contenute all’interno dei neuroni, ad “auto-orchestrare”il flusso dell’informazione cerebrale, attivando in tal modo i processi di potenziamento ed integrazione della memoria in funzione di un incremento di Entanglement quantistico multifunzionale che struttura una più elevata densità della traccia mnestica. Si stabilisce in tal modo una stretta relazione tra la fisica quantistica e le funzioni cerebrali superiori, quali pensiero, memoria e coscienza. Le Neuroscienze hanno pertanto dimostrato che i fenomeni sincronici, tipici delle particelle subatomiche, avvengono anche nel nostro cervello. Nel caso delle tuboline però, non si produrrebbe la connessione di due particelle, ma l’intreccio sincronico di miliardi di filamenti proteici contenuti in miliardi di neuroni che entrano in uno stato di sovrapposizione quantistica, comunicando simultaneamente tra loro e producendo una traccia mnestica a così alta densità da condurre a un “momento” definibile come momento di coscienza.
Non so se le ricerche di Roger Penrose  e collaboratori (1994) e di Paolo Manzelli (2011) sul tema “Quantum-Brain”, così come l’intuizione da me qui presentata, possano rivestire un qualsiasi carattere di scientificità e quindi dimostrare un alcunché, sono tuttavia certo che ci si trova sull’orlo di un abisso di Mistero.

Pier Luigi Bolmida – Milano
26 aprile 2012

 

Note:

1 2 Dec 2010 – Stanislas Dehaene.: “Language. How Learning to Read Changes the Cortical Networks for Vision and Language”

2 Ringrazio calorosamente Marco Tartari, micropsicoanalista, e Léonard Duball, fisico C.N.R.Ginevra, per la preziosa collaborazione che gentilmente mi hanno offerto nella stesura di questo capitoletto. 

3 Da profano dilettante, ho contato nel mondo ottantanove tipi di guerra o conflitto cruento che separano/uniscono il notes magico di Freud  (1924,Turchia: insurrezione armata  e rovesciamento del l’ultimo califfo, l’ex-sultanoottomano Abdul Mejid) all’odierno “personal PC” col quale ho redatto questo articolo (2011, Libia: insurrezione armata e rovesciamento del generale Muammar Gheddafi:) Forse un ricercatore specialista in Storia Contemporanea potrebbe aiutarmi a conteggiare con maggior precisione gli eventi bellici avvenuti nel periodo considerato. Questo computo è per me importante, in quanto costituisce l’unico punto di dissenso da Freud. Dato che, come studioso dello psichismo profondo, la sola domanda logica che si auto-impone con evidenza è :«Perché la pace?»