Trent’anni or sono, Silvio Fanti ha rivoluzionato le conoscenze psicoanalitiche riguardanti l’aggressività e la sessualità, indicando che esse cominciano a organizzarsi ancor prima della nascita, nel corso di uno stadio fetale dello sviluppo. Secondo Fanti, la strutturazione dello psichismo inconscio comincia quindi nell’utero, durante questa tappa fetale dello sviluppo.
In questa articolo cercherò di rispondere a tre domande:
Esiste una vera e propria vita psichica prima della nascita?
In caso affermativo, quale sarebbe l’incidenza dei vissuti fetali sulla vita psichica dopo la nascita, in particolare nella clinica?
E’ possibile lavorare su questi vissuti nel contesto di una psicoterapia ?
Un po’ di storia per cominciare.
Per molto tempo, gli analisti interessati alla vita psichica del feto furono pochissimi. Chi conosce il modello freudiano dello sviluppo comprende subito perché. Freud ha modellato lo sviluppo dello psichismo come un tentativo di risolvere le intollerabili tensioni provenienti dai bisogni biologici, la fame in particolare. Quando l’intervento esterno tarda a soddisfare un bisogno del bambino, egli entra in uno stato di sgomento angoscioso, dal quale nascono i primi desideri. È intorno a questi desideri che si struttura lo psichismo. Ovviamente, questa presentazione del modello freudiano è molto schematica. Dovremmo inserire i bisogni relazionali, come il bisogno d’amore o il bisogno di sicurezza, che giocano anch’essi il loro ruolo strutturante della psiche. Quando non sono soddisfatti, questi bisogni relazionali generano anche delle intollerabili tensioni come testimoniato dai vissuti di rigetto o di abbandono.
In breve, dal punto di vista freudiano, lo psichismo è una sorta di apparato incaricato di abbassare le tensioni e. senza tensioni, non c’è psichismo!
Visto che la vita intra-uterina era fino a quel momento comunemente considerata come priva di tensioni ingestibili e di senso di mancanza, si pensava che lo psichismo cominciasse a strutturarsi soltanto a partire dalla nascita. Questo non ha impedito ad Arnaldo Rascovsky (1958) di avanzare l’ipotesi che il feto può avere una vera e propria vita psichica, con un io costruito sulla base di rappresentazioni ereditate.
Vale la pena ricordare che le ricerche di Rascovski erano la continuazione di quelle di Melanie Klein sull’attività fantasmatica nel primo anno di vita. Per la Klein (1952), i vissuti del lattante dipendono più dalle sue costruzioni fantasmatiche che dal confronto con la realtà esterna. Questi fantasmi si basano su rappresentazioni filogenetiche. Dal punto di vista kleiniano, sono sufficienti tali oggetti interni per avere una vita psichica. Scrive Rascovski (1958, pp. 70-71): “I risultati a cui siamo giunti, attraverso l’accettazione di un mondo di oggetti storici percepiti internamente, ci hanno fatto ammettere l’esistenza, anteriore all’organizzazione orale, di una relazione d’oggetti estremamente ricca, in cui si trova tutto il cumulo della conoscenza ereditata.”
Negli anni ’50, le capacità sensoriali e percettive del feto erano ancora poco conosciute. Rascovski (1958, p. 39) precisò quindi che le sue ricerche “si sono esclusivamente valse delle regressioni che si presentano in funzione del trattamento psicoanalitico”. È di grande merito l’aver saputo teorizzare l’esistenza di una vita psichica fetale senza appoggiarsi sulla fisiologia, ma questo probabilmente non permetteva di concepire l’esistenza di uno stadio intra-uterino.
Per arrivare a questo si è dovuto attendere gli anni ’80. Nel suo libro La micropsicoanalisi, Fanti (1981) espone le osservazioni fatte nelle sedute lunghe che non lasciano dubbi sull’esistenza di una qualche vita mentale nel feto. Egli ipotizza che il feto sia animato da una prima organizzazione pulsionale, che si manifesta in risposta a stimoli che riceve dalla madre. Specifica anche che il feto memorizza certe esperienze e che questi vissuti hanno delle conseguenze importanti sul suo sviluppo psichico. Ha chiamato questi elementi “stadio iniziatico”.
La presenza di uno stadio intra-uterino dello sviluppo mi permetterebbe di affermare che esiste una vita psichica prima della nascita. Per essere scientificamente autorizzato a dirlo è necessario però potersi appoggiare su un’ampia base di dati, che dividerò in tre gruppi.
In primo luogo, è fondamentale disporre dei risultati della biologia moderna. Oggi sappiamo che il feto prova delle sensazioni, alle quali reagisce, e che può dare una risposta motoria agli stimoli. Sappiamo che può memorizzare una parte di questi elementi, così da costituire esperienze vissute, che si integrano con il bagaglio ereditario. Le tracce di questi vissuti formeranno le prime strutture dello psichismo. Bergeret, Soulé e Golse (2006) possono quindi senz’altro scrivere nel loro libro sull’antropologia del feto: “Per fortuna si comincia a comprendere che non esiste una frontiera, somatica e psichica, tra le condizioni del concepimento, la vita embrionale, il periodo fetale e la nascita di un bambino; o tra quel che è stato registrato durante il periodo fetale e quel che si manifesterà posteriormente”.
In secondo luogo, è indispensabile l’elemento analitico per dare la dimostrazione scientifica dell’esistenza di uno stadio intra-uterino dello sviluppo. In altre parole, è necessario avere un materiale di seduta che riveli contenuti psichici risalenti al periodo intra-uterino. Senza tale materiale si può solo parlare, come fa Missonier (2004), di una “relazione d’oggetto virtuale”.
Invece, la micropsicoanalisi mette a disposizione un setting che permette tale investigazione grazie, in particolare, alle sedute lunghe. Tale sistema stimola la libera associazione favorendo, in particolare, una verbalizzazione estensiva, il rivissuto di esperienze arcaiche e lo sviluppo di grandi catene di libere associazioni che vanno a liberare contenuti profondamente seppelliti nell’inconscio. Per quel che riguarda lo stadio iniziatico, queste catene ne verificano l’esistenza collegando elementi della vita dell’analizzato con contenuti psichici che possiamo fare risalire a tracce intra-uterine. Questo fenomeno è chiamato formazione di anelli associativi (Lysek, 2007).
Un anello associativo è un’ampia sequenza di libere associazioni che finiscono con il compiere un cerchio, collegando così un contenuto manifesto d’inizio seduta con un dinamismo e/o una struttura dello psichismo profondo, che ne dà il senso. Nella fattispecie, questo elemento profondo sarebbe un vissuto del feto o un dinamismo d’origine fetale o ancora una struttura creatasi durante la vita intra-uterina.
In terzo luogo, ci vuole una teoria che renda concepibile uno stadio fetale dello sviluppo e permetta di descriverlo. Prima di sviluppare questo aspetto, vorrei fare un breve richiamo classico. Per i freudiani gli stadi sono una successione di ”momenti organizzatori” della psicosessualità. In altre parole, queste tappe evolutive sono centrate sulla libido, cioè sui desideri sessuali. Nel modello teorico freudiano è innanzitutto la conflittualità legata alla sessualità che da l’impulso alla strutturazione dell’inconscio.
Le osservazioni micropsicoanalitiche hanno però portato Fanti ad attribuire un ruolo importante, o addirittura preponderante, all’aggressività nella formazione dell’inconscio, e questo sin dai primissimi momenti della vita. Infatti, ogni tappa evolutiva appare anche segnata da potenti dinamismi aggressivi che si coniugano con le spinte sessuali per formare i desideri e i fantasmi sui quali si struttura l’inconscio (Codoni, 1997).
Nel libro già citato, Fanti (1981, p. 194) insiste sull’aggressività che regna nell’utero, parlando di “guerra uterina”. Egli si basa in particolare sui meccanismi del radicamento dell’embrione che appaiono sanguigni: “le villosità coriali del trofoblasto embrionale insinuandosi tra le cellule della mucosa uterina, la distruggono e ne fagocitano, ossia mangiano, i residui”. Vorrei precisare che Fanti cerca di radicare l’inconscio nel cellulare e di evidenziare la totale interdipendenza dello psichico e del biologico. Mentre Freud modella lo psichismo come se fosse staccato dal somatico, il modello teorico-clinico della micropsicoanalisi è invece psicobiologico. Fanti ha dunque cercato delle corrispondenze tra lo psichico e il biologico, trovando alla fine non solo tali corrispondenze ma delle vere e proprie equivalenze. È così che egli considera l’esistenza di una sorta di “cannibalismo embrionale”, prototipo cellulare dei vissuti orali di divorare la madre.
Nella pratica analitica molto spesso siamo confrontati con vissuti di rigetto, con esperienze di emarginazione o con sensi di abbandono. Classicamente, tali contenuti vengono riportati a vissuti infantili. In micropsicoanalisi possiamo anche farli risalire allo stadio iniziatico, come per esempio descrive Q. Zangrilli (2007) in un bell’articolo. In tale articolo, partendo da dati biologici, l’autore apporta un materiale analitico che sfocia nello stadio iniziatico. In effetti, come si è visto prima, certi anelli associativi che si formano nel corso delle sedute lunghe confluiscono in modo chiaro verso esperienze aggressivo-sessuali che sembrano essere state memorizzate durante la vita intra-uterina.
Faccio un esempio tratto da una psicoterapia micropsicoanalitica. Un analizzato racconta che durante i litigi con la moglie era assalito da un senso angoscioso di abbandono così lacerante da essere costretto a picchiarsi la testa con i pugni per poi andare a mettere il capo sotto l’acqua fredda per calmare il dolore. Questo comportamento è rimasto a lungo misterioso. Tutto è diventato chiaro quando diversi anelli associativi hanno fatto venire a galla il ricordo di essere stato scosso nel grembo materno. Il significato intra-uterino del sintomo è stato confermato grazie a diversi sogni raffiguranti elementi tipici della vita fetale. Per esempio il soggetto si vedeva maltrattato nella stiva di una nave o rinchiuso in una grotta umida e scura. L’analisi di queste immagini oniriche confluiva verso una relazione fusionale, che non posso descrivere in questa sede per mancanza di spazio, ma che evocava una simbiosi più arcaica di quella orale. Un giorno l’analizzato interroga sua madre e lei finisce con il confessargli di avere tentato di abortire: giovanissima rimase incinta suo malgrado e, nella speranza di abortire, fece delle lunghissime cavalcate al galoppo.
Come già accennato, il feto non è solo sensibile, è anche capace di attività psicobiologica. Risponde agli stimoli che riceve strutturando il suo psichismo: memorizza le sensazioni che prova elaborandole alla luce di rappresentazioni e affetti d’origine ancestrale ereditati, costruisce fantasmi inconsci, struttura degli schemi di azione, elabora dei movimenti. Anche se limitati, tutti questi elementi coinvolgono dei dinamismi pulsionali e fanno quindi dello stadio iniziatico una vera e propria tappa dello sviluppo.
Torniamo alla questione dell’aggressività. Quando l’aggressività uterina è particolarmente intensa, il feto può sentirsi in pericolo di vita. Tendo quindi a considerare che la famosa angoscia di annichilimento, cioè la paura di sparire sciogliendosi nel vuoto, abitualmente riportata allo stadio orale, potrebbe affondare le sue radici anche nello stadio iniziatico.
Arrivo adesso alla sessualità coinvolta nello stadio iniziatico.
I componenti della sessualità fetale sono ben conosciuti. Si tratta di vissuti simbiotici legati a zone erogene diffuse in tutto il corpo. Li ritroviamo per esempio attraverso il “sentimento oceanico” descritto da Romain Rolland (1927). Si tratta di un senso di appartenenza all’universo, di essere un tutt’uno con il mondo, con un totale senso di felicità, di leggerezza e di sicurezza. Molte persone provano tale senso di beatitudine al momento di addormentarsi, quando sono proprio in posizione fetale, mentre altri inconsapevolmente le cercheranno nell’innamoramento folle, nell’alcool o nella droga.
L’esistenza di vissuti fetali d’aggressività non deve indurci a trascurare il fatto che il feto è capace di provare del benessere. Tuttavia, in quanto espressione della pulsione di vita, il benessere attutisce gli effetti dell’aggressività. A questo proposito, la palese passività fetale potrebbe indurci in errore. La sessualità fetale non è solo un’iniziazione forzata, imposta dalla madre. Senza esserne consapevole, il feto è un attore mosso dai propri desideri. La realtà è quindi complessa. Certo, c’è un abbondante materiale analitico che illustra il flusso di stimoli dalla madre al feto, come ha bene illustrato Nicola Peluffo (2010) nel suo libro sulla relazione madre-feto. Però, ci sono anche indicazioni analitiche che suggeriscono che il feto è capace di inviare delle informazioni alla madre. Mi ricordo di un uomo in psicoterapia che era convinto che sua madre non l’avesse mai amato, perché non si sentiva abbastanza considerato. Il lavoro analitico ha finalmente messo in evidenza una profonda incompatibilità legata alla stirpe paterna che, con molte probabilità, si manifestava già nell’utero, con movimenti d’ostilità fetali, per esempio dei calci.
Si può dire la stessa cosa dei desideri sessuali del feto. Ritroviamo in analisi tracce d’importanti momenti di benessere. Sono correlativi alla realizzazione fantasmatica di desideri sessuali e al vissuto oceanico di fusione con la madre. Tutto ciò sembra favorire la futura edificazione di una personalità sana. Un esempio potrebbe essere l’attività creativa che si può far risalire a esperienze di benessere intra-uterino, come Daniela Gariglio (2007) ed io abbiamo indicato nel nostro libro Creatività benessere. Movimenti creativi in analisi.
Insomma, lo psichismo fetale si costruisce affrontando non solo movimenti di guerra ma anche di pace, provando non solo momenti di ansia e di dispiacere ma anche di benessere e distensione, vivendo esperienze non solo di distacco ma anche di unione. È così che si crea, su una forma fantasmatica che ha valore di realtà, una soddisfacente simbiosi feto-madre.
Un altro esempio di anello associativo illustrerà la congiunzione dell’aggressività e della sessualità nello psichismo fetale. Un’analizzata si è sposata in seguito ad un “colpo di fulmine” amoroso di cui non comprende la ragione, anche dopo avere analizzato in profondità gli aspetti edipici di questo matrimonio: l’uomo che ha sposato non assomiglia minimamente a suo padre biologico, che non ha conosciuto perché è sparito quando la madre era all’ottavo mese di gravidanza. Non assomiglia neanche al secondo marito di sua madre, che l’ha invece allevata.
Nella prima ora di una seduta emotivamente intensa, questa persona analizza le ultime vacanze al mare e rivive la tremenda crisi d’angoscia avvenuta in questa località paradisiaca. Un’ora dopo, le libere associazioni esprimono il tema dell’innamoramento folle. L’analizzata ricorda i tre anni di felicità con il marito, prima che egli rompesse la simbiosi immaginaria con un tradimento. La fine della fusione perfetta ebbe come effetto un susseguirsi di manifestazioni d’angoscia. A questo punto un particolare dimenticato le torna alla memoria: quando incontrò per la prima volta il futuro marito, egli stava suonando al pianoforte una sonata di Chopin. Questo rivissuto provoca la rievocazione catartica del fatto, finora rimosso, che suo padre biologico suonava ripetutamente la stessa sonata nella casa in cui la coppia viveva al momento della gravidanza della madre. Così abbiamo potuto ricostruire i vissuti fetali di fusione sessuale, prefigurazione della dinamica edipica post-natale, e la loro violenta fine con i vissuti materni d’angoscia e di lutto di cui il feto è stato imbevuto dopo la scomparsa del padre.
Spero di avervi convinto che esiste una vita psichica nel feto e che questa attività lascia delle tracce che possono esprimersi dopo la nascita, sia in modo fisiologico sia in modo psicopatologico.
Mi rimane purtroppo poco spazio per rispondere alla terza domanda posta all’inizio dell’articolo, cioè: in psicoterapia è possibile fare un lavoro a un livello così profondo? Direi di sì, almeno nel campo delle psicoterapie analitiche. Ovviamente, la seduta di psicoterapia difficilmente permette lo sviluppo di concatenazioni associative abbastanza libere ed ampie per formare degli anelli associativi come li ho definiti. Però, un tale contesto permette la formazione di sequenze di libere associazioni che il terapeuta può completare se visualizza la possibilità di una manifestazione d’origine intra-uterina. Un intervento del genere può indurre un rivissuto o almeno una comprensione nel suo paziente. In certi casi, per esempio di claustrofobia o di tossicodipendenza, l’ipotesi di un vissuto fetale può rivelarsi molto produttivo.
In conclusione, ci sono tanti indizi, sia analitici sia biologici, che la strutturazione dell’inconscio ha origine durante la vita intra-uterina, nel corso dello stadio iniziatico. Tutto sembra indicare che questa attività psichica fetale lasci delle tracce che possono influenzare la vita dopo la nascita.

© Daniel Lysek

BIBLIOGRAFIA

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  • Missonier S.(2004), La relation d’objet virtuel et la parenté ingénue, Adolescence, 22, 1, 119-131.
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  • Zangrilli Q. (2007). La guerra uterina. Le ipotesi della micropsicoanalisi trovano conferma nella biologia evoluzionista, Scienza e Psicoanalisi,

Parole chiave:

vissuti fetali, stadio iniziatico, psicoterapia micropsicoanalitica.

Riassunto:

Questo articolo mira a richiamare l’attenzione sul fatto che certe tracce della vita intra-uterina si esprimono in modo fisiologico o patologico nell’adulto.
Oggi sappiamo che il feto prova delle sensazioni e che reagisce a certi stimoli; ci è ormai nota la sua capacità di memorizzare esperienze, così da costituire vissuti, che formano le basi ontogenetiche dell’inconscio. Ben conosciuti sono i vissuti simbiotici la cui riattivazione produce un senso di felicità, di leggerezza e di sicurezza. Partendo dai rivissuti, con la micropsicoanalisi, possiamo anche collegare certe manifestazioni d’angoscia a vissuti fetali di disagio o di rigetto. Così Fanti ha potuto ipotizzare l’esistenza nel feto di vere pulsioni aggressive e sessuali, che si organizzano in uno stadio evolutivo, da lui definito “stadio iniziatico”.
Le tracce della vita psichica del feto si analizzano più facilmente con le sedute lunghe di micropsicoanalisi, ma un tale lavoro è anche possibile in psicoterapia micropsicoanalitica.