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Stadio iniziatico

Nella prima parte di quest’articolo, ho provato a sostenere l’ipotesi che esiste un vero e proprio psichismo durante la vita intra-uterina. Adesso vorrei entrare nel fulcro dello psichismo del feto e affrontare la questione dei suoi vissuti.

Quasi quarant’anni or sono, Silvio Fanti ha rivoluzionato le conoscenze psicoanalitiche riguardanti l’aggressività e la sessualità, indicando che esse cominciano a organizzarsi prima della nascita, nel corso di uno stadio fetale dello sviluppo, che ha chiamato “stadio iniziatico”. 1 In psicoanalisi, uno stadio è un’organizzazione pulsionale e relazionale che struttura lo psichismo inconscio. Lo stadio iniziatico è dunque un primo periodo strutturante dell’inconscio, tappa che avviene come risposta a stimoli che il feto riceve dalla madre e dal proprio corpo.

Chi conosce il modello freudiano dello sviluppo comprende subito perché era rivoluzionaria l’affermazione dell’esistenza di uno stadio fetale. Freud ha modellato lo sviluppo dello psichismo come un tentativo di risolvere le intollerabili tensioni provenienti dai bisogni biologici, come la fame, e dalle sensazioni sgradevoli che prova il bambino. Quando l’intervento esterno tarda a soddisfare un suo bisogno, e a eliminare il fastidio, egli entra in uno stato di sgomento angoscioso, dal quale nascono i primi desideri. È intorno a questi desideri che si struttura lo psichismo. Ovviamente, questa presentazione del modello freudiano è molto schematica, però si può dire che lo psichismo è, dal punto di vista freudiano, una sorta di strumento destinato a gestire frustrazioni o sofferenze. Lo fa abbassando le tensioni. Di conseguenza senza tensioni non c’è psichismo! Si vedrà che, in micropsicoanalisi si considera che l’apparato psichico serva anche a memorizzare stati di bassa tensione, cioè stati di benessere, e a gestirne la riproduzione. Per il momento però, ritorniamo al punto di vista classico.

Poiché la vita intra-uterina era allora comunemente considerata come priva di tensioni e di senso di mancanza, si pensava che lo psichismo cominciasse a strutturarsi soltanto a partire dalla nascita. Questo non ha impedito ad Arnaldo Rascovsky, già nel 1958, di formulare l’ipotesi che il feto potesse avere una vera e propria vita psichica. 2 Considerava che il feto fosse capace di costruire delle fantasie sulla base di rappresentazioni ereditate. Rascovsky ha avuto un ruolo pionieristico, però gli mancavano le conoscenze biologiche e analitiche di cui disponiamo oggi. Alla luce di questi dati attuali, come ho già accennato, si può parlare non solo di fantasie ma di veri e propri vissuti nel grembo materno.

Prima di elencare i principali vissuti fetali che possiamo evidenziare nel corso delle sedute lunghe, vorrei precisare che è importante, a tale proposito, visualizzare che lo psichismo è infatti psicobiologico; così si evidenzia la totale interdipendenza dello psichico e del biologico. In pratica, cerchiamo di rappresentarci come lo psichico interagisce con il corporeo, evidenziando non solo che lo psichico si nutre in modo continuo del biologico, ma anche come avvengono le traslazioni bidirezionali tra l’uno e l’altro. 3 Poter concepire tali interazioni si rivela molto importante per delineare come si mettono insieme i primi mattoni della psiche. In effetti, essa si edifica da segnali ormonali, metabolici o sonori che toccano il feto e che lo informano sullo stato psichico di sua madre.

Nel lavoro analitico con persone adulte molto spesso dobbiamo misurarci con vissuti di rigetto, con esperienze di emarginazione o con sensi di abbandono. Classicamente, tali contenuti sono da ricondurre a traumi vissuti allo stadio orale, anale o fallico. In micropsicoanalisi possiamo di tanto in tanto anche farli risalire, in ultima analisi, allo stadio iniziatico, come lo fa Q. Zangrilli in un bell’articolo del 2007.  4  In tale articolo, partendo da dati biologici, l’autore allega un materiale analitico che sfocia nello stadio iniziatico. In effetti, come si è visto prima, certi anelli associativi che si formano nel corso delle sedute lunghe confluiscono in modo chiaro verso vissuti aggressivo-sessuali che risalgono allo stadio iniziatico.

Si noti che questi vissuti di rigetto/abbandono sono abitualmente ricordati con un’angoscia più o meno intensa. Li consideriamo pertanto come esperienze di tensione contro le quali l’essere in formazione ha dovuto difendersi, avviando la strutturazione del suo futuro inconscio. Si potrebbe pensare oggi che tali vissuti sono diventati molto rari, poiché la gravidanza è generalmente accettata o addirittura fortemente desiderata. Non è così, perché ci sono incompatibilità immunologiche tra madre ed embrione, contro cui quest’ultimo deve combattere. Come aveva già rilevato N. Peluffo negli anni ’70, l’embrione costituisce per l’organismo materno una sorta di tumore. 5 Tutto ciò spiega perché Fanti, nel libro citato, ha parlato di “guerra uterina”. Una guerra che deve vincere l’embrione, altrimenti sarà espulso.

È a una tale incompatibilità psicobiologica che si può ricondurre la ben nota angoscia di annientamento, cioè la paura di dissolversi nel vuoto, tipica di disturbi psichici gravi. Questo genere di angoscia è abitualmente riferita allo stadio orale. Io ritengo invece che i rivissuti di esperienze arcaiche nel corso delle sedute lunghe affondino le loro radici piuttosto nello stadio iniziatico.

Ho fatto finora esempi di vissuti fetali che possono avere effetti negativi sulla vita adulta, che contribuiscono a dare forma a una predisposizione di dolorose ripetizioni o a una nevrosi. Angela Gigliotti ne fornisce altri esempi nel suo capitolo del libro di psicosomatica Le parole del corpo.   6 Non si deve però pensare che la vita intra-uterina lasci solo impronte negative. Al contrario! Per convincersi dei potenziali effetti positivi dei vissuti fetali, basta ricordarsi che la maggior parte degli autori classici ha descritto la vita intra-uterina come un’esperienza di beatitudine, come un mondo paradisiaco di cui si avrà un’eterna nostalgia. Di fatto, i rivissuti in sedute lunghe confermano che la vita intra-uterina è anche fatta di vissuti piacevoli. Essi si manifestano come un profondo senso di distensione e d’immenso benessere, con una strana sensazione di galleggiare in un mondo fuori dal tempo e senza limiti di spazio.

Tale senso di beatitudine è generalmente sperimentato in forma corporea, senza pensieri, senza parole (esse verranno dopo). Come sappiamo che si tratti di un rivissuto intra-uterino? Perché ne abbiamo conferma quando l’analizzato ricomincia a esprimersi verbalmente descrivendo le sensazioni corporee che ha sentito. Per noi, queste manifestazioni sono un rivissuto intra-uterino se le libere associazioni confluiscono allora verso rappresentazioni che consideriamo tipiche della vita intra-uterina, per esempio un senso di leggerezza, di galleggiamento o addirittura di essere senza peso, la sensazione di perdere il senso dei limiti corporei, accompagnata da un’impressione di buio, di suoni molto lontani o dalla percezione dei battiti del cuore.

Lo scrittore francese Romain Rolland parlando di “sentimento oceanico”  7 a proposito di questo senso di appartenenza all’universo, di essere tutt’uno con il mondo, con un totale senso di felicità, di leggerezza e di sicurezza, ha descritto qualcosa di simile. Nella realtà si può vivere una tale regressione momentanea al periodo fetale nella sessualità o in attività derivate da essa. Si può provarla anche al momento di addormentarsi, quando si è ben coperti e proprio in posizione fetale. Si può ritrovarla allo stesso tempo nell’innamoramento e, con meno frequenza, nell’estasi mistica, mentre altre persone lo cercheranno inconsapevolmente nell’alcool, droghe o psicofarmaci.

In un modo o nell’altro, siamo tutti spinti a riprodurre, una volta adulti, questi vissuti intra-uterini, dove il desiderio del feto di unirsi con la madre fu realizzato attraverso la relazione simbiotica: la vita è così piena di difficoltà e di ostacoli al piacere che poter rivivere momentaneamente tracce inconsce di un benessere fatto di tranquillità, equilibrio e bassa tensione mentale costituiscono un indispensabile ribilanciamento. In tale contesto va menzionata la preoccupazione materna primaria di cui parla Winnicott. 8 Michel Romerio ne riesamina l’importanza psicobiologica. 9  La preoccupazione materna primaria è un atteggiamento empatico della madre nei confronti del figlio, atteggiamento che si sviluppa nell’ultimo trimestre della gravidanza. Basata sul rapporto simbiotico madre-feto, quest’atteggiamento, permette alla madre di percepire i bisogni del bambino e di agire in modo da assicurargli il massimo benessere possibile. In altre parole la preoccupazione materna primaria risponde ai segnali mandati dal bebè provvedendo, in tal modo, alla realizzazione dei desideri che egli ha ricevuto in eredità dal periodo fetale. Essa gioca così, insieme ai vissuti di benessere del feto, un ruolo essenziale nella costruzione delle basi dello psichismo, fornendo in particolare i primi elementi sui cui si fonderà un’organizzazione sana della personalità.

Infatti, l’installarsi di lunghi momenti di benessere, collegati a un vissuto oceanico di fusione con la madre, sembra favorire la costruzione di strutture psichiche flessibili e utili al bilanciamento della pulsione di morte a favore della pulsione de vita. In un libro del 2007, Daniela Gariglio ed io abbiamo sostenuto la tesi che tali elementi giochino un rilevante ruolo nella possibilità dell’individuo di esprimersi in modo creativo: l’espressione di tracce arcaiche di benessere genera una pulsione creativa derivata dalla pulsione di vita, la cui concretizzazione illumina la personalità del soggetto e la fa fiorire. 10  Spesso si può far risalire tali pulsioni a esperienze di benessere intra-uterino. Ne farò un esempio nella prossima parte.

 Daniel Lysek

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Note:

1 – Fanti S., La micropsicoanalisi, Roma, Borla, 1983, pp. 191-203. torna su!

2 – Rascovski A. (1958), Sviluppo primitivo dell’individuo, in La vita psichica nel feto, Milano, Il Formichiere, 1980. torna su!

3 – Lysek D., Interazione psiche-corpo. Dall’isteria a una psicosomatica della vita quotidiana, in Lysek D. (a cura di), in Le parole del corpo. Nuovi orizzonti della psicosomatica. L’Harmattan Italia, Torino, 2016, pp. 21-78. torna su!

4 – Zangrilli Q. (2007). La guerra uterina. Le ipotesi della micropsicoanalisi trovano conferma nella biologia evoluzionista, Scienza e Psicoanalisi. torna su!

5 – Peluffo N., Micropsicoanalisi dei processi di trasformazione, Torino: Book Store, 1976. Nuova edizione:La relazione psicobiologica madre-feto. Roma, Borla, 2010. torna su!

6 – Gigliotti A., Vissuti ancestrali e vita fetale nella psicosomatica micropsicoanalitica, in Lysek D. (a cura di), inLe parole del corpo. Nuovi orizzonti della psicosomatica. L’Harmattan Italia, Torino, 2016, pp. 79-114. torna su!

7 – Rolland R. (1927) Un beau visage à tous sens. Choix de lettres de Romain Rolland (1866-1944), Paris, Albin Michel, 1967, p. 264-266. torna su!

8 – ]Winnicott D. W., Sviluppo affettivo e ambiente: studi sulla teoria dello sviluppo affettivo, Roma, Armando, 1974. torna su!

9 – Romerio M., Vuoto, crollo dell’io e piche-soma, in Lysek D. (a cura di), in Le parole del corpo. Nuovi orizzonti della psicosomatica. L’Harmattan Italia, Torino, 2016, pp. 115-144. torna su!

10 – Gariglio D. e Lysek D., Creatività benessere. Movimenti creativi in analisi. Roma, Armando, 2007. torna su!