Psichismo fetale
Questo titolo può sorprendere, perché ancora oggi molti psicoanalisti ritengono che la mente si sviluppi solo dopo la nascita. Poiché tutti i bisogni fisiologici del feto sono soddisfatti, stimano che questo non provi le esperienze di frustrazione indispensabili allo sviluppo di un apparato psichico. In effetti, dal punto di vista freudiano, la psiche si costruisce per gestire le tensioni che scaturiscono dal biologico.
Nondimeno, il lavoro analitico presenta dati che dimostrano chiaramente che lo psichismo comincia a costruirsi prima della nascita, durante la vita intra-uterina, e che certe esperienze intra-uterine possono condizionare in modo diretto la vita adulta. Ho cominciato dal 2011 a presentare alcuni di questi dati in diversi convegni. Oggi mi pare valga la pena diffonderli su più vasta scala.
Comincio subito con un esempio.
Una donna si è sposata in seguito a un “colpo di fulmine”, un amore a prima vista di cui non comprende la ragione perché il marito non corrisponde, in nessun modo, al tipo di uomo che la attrae. Intuisce allora che il matrimonio è stato indotto dal suo inconscio. Analizza perciò gli aspetti edipici di questo innamoramento pazzo, ma niente di rilevante ne viene fuori: l’uomo che ha sposato non assomiglia per niente al padre biologico, che non ha conosciuto – è sparito quando la madre era incinta di otto mesi –, ma che era spesso citato in famiglia e di cui ha visto tante fotografie; d’altronde, l’uomo che ha sposato non ha nulla in comune col secondo marito di sua madre, che l’ha invece allevata, ne con altri famigliari.
Nella prima ora di una seduta emotivamente intensa, la persona analizza le ultime vacanze al mare. Nella località balneare paradisiaca in cui si trovava, fu fulminata da una tremenda crisi d’angoscia mentre faceva il bagno: “L’acqua mi sembrava tossica, soffocavo, non potevo più nuotare, volevo gridare ma nessun suono usciva dalla mia bocca. Che incubo! Per poco non annegavo!” Un’ora dopo, le libere associazioni esprimono il tema dell’innamoramento pazzo. L’analizzata ricorda i pochi anni di felicità con il marito – anni in cui volava in un mondo immaginario di fusione perfetta – prima che lui distruggesse questa simbiosi con un tradimento, provocando la fine del sogno e dando avvio a un susseguirsi di manifestazioni d’angoscia. A questo punto un particolare dimenticato le torna alla memoria: quando incontrò per la prima volta il futuro marito, egli stava suonando al pianoforte una sonata di Chopin. Questo rivissuto provoca la rievocazione catartica del fatto spesso riferito da sua madre, però finora rimosso, che suo padre biologico studiava musica e, guarda caso, suonava ripetutamente la stessa sonata nella casa in cui la coppia viveva al momento della gravidanza della madre. Così abbiamo potuto ricostruire i vissuti fetali di fusione con la madre e tramite lei con l’ambiente – una simbiosi sinonimo di benessere – e la violenta fine del benessere, con i vissuti d’angoscia quando la madre era senza notizie del marito, angoscia di cui il feto è stato permeato, così com’è poi stato impregnato dal lutto materno quando si è saputo che era morto.
Degli esempi, anche se numerosi, da soli non bastano a dimostrare l’esistenza, nella psiche dell’adulto, di tracce attive d’esperienze intra-uterine. Per questo motivo bisogna confermare il materiale analitico presentando elementi scientifici che lo sostengono.
Prima di affermare che un materiale analitico sia di origine fetale, bisogna essere sicuri che questo sia biologicamente possibile. Ora, c’è una disciplina scientifica in piena espansione: l’epigenetica (cioè la disciplina che studia i meccanismi che influenzano l’espressione dei geni, senza modificare la struttura ereditaria del DNA). Essa dimostra che un’ansia importante o una depressione della madre durante la gravidanza stressa il feto creando in lui una predisposizione a futuri disturbi psichiatrici. 1
Questo dato è per esempio confermato da un’ampia ricerca – compiuta su più di 30.000 diadi madri figlio! – che ha stabilito che i bambini, la cui madre ha sofferto di tali patologie durante la gravidanza, presentano un carattere difficile, disturbi emozionali e problemi comportamentali. 2
I professionisti che hanno la possibilità di vedere delle ecografie 4D possono osservare che il feto reagisce a perturbazioni del suo ambiente con dei movimenti e cambiamenti d’espressione del viso. Abbiamo appreso così dalla scienza moderna che il feto prova delle sensazioni, percepisce informazioni trasmesse dalla madre, alle quali reagisce, e può dare una risposta motoria a diversi stimoli; è ormai nota la sua capacità di memorizzare almeno una parte di questi elementi, così da comporre esperienze vissute, che s’integrano con il bagaglio ereditario. Come analisti, possiamo di conseguenza sentirci autorizzati a considerare che le tracce di questi vissuti formino le prime strutture dello psichismo. Pertanto, Bergeret, Soulé e Golse, psicoanalisti francesi noti, scrivono nel loro libro chiamato Antropologia del feto: “Per fortuna si comincia a comprendere che non esiste una frontiera, somatica e psichica, tra le condizioni del concepimento, la vita embrionale, il periodo fetale e la nascita di un bambino; o tra quel che è stato registrato (dal punto di vista somatico e dal punto di vista psichico) durante il periodo fetale e quel che si manifesterà posteriormente, nel corso dell’infanzia, dell’adolescenza o della vita adulta.” 3
In definitiva, disponiamo oggi di dati biologici che rendono plausibile l’ipotesi che lo psichismo cominci a costruirsi durante la vita fetale. Magnifico! Questo però non basta a dimostrare che le manifestazioni adulte che sembrano di origine fetale lo siano veramente! Sono doverose anche indicazioni specifiche tratte dal nostro strumento di lavoro: le libere associazioni fatte in seduta. Diversamente, le nostre affermazioni mancherebbero di scientificità! Tanto più che il nostro setting fa precisamente emergere contenuti psichici molto arcaici, che hanno chiaramente a che fare con la vita fetale.
Anche se è ormai risaputo, vale quindi la pena dire due parole di questo setting. Si tratta di quello della micropsicoanalisi, un tipo di analisi freudiana adattata per renderla più flessibile e intensa, motivo per cui viene anche chiamata psicoanalisi intensiva. 4
Si caratterizza essenzialmente per un notevole allungamento della durata delle sedute – le chiamiamo sedute lunghe – e dal fatto che, in alcuni momenti del lavoro, sono inseriti nelle sedute l’analisi della genealogia del soggetto e lo studio di documenti riguardanti la sua vita, come fotografie di lui e dei familiari.
Tale sistema permette una verbalizzazione estensiva: l’analizzato ha tutto il tempo di tuffarsi nella sua storia e di riviverne i principali eventi. Così, alcune esperienze arcaiche rimosse ritornano a galla e possono essere elaborate, cioè collegate a sogni, sintomi o comportamenti passati o attuali. In termini più tecnici, direi che il setting micropsicoanalitico stimola la libera associazione favorendo lo sviluppo spontaneo di grandi catene di libere associazioni che esplorano in profondità lo psichismo. In questo modo, l’analisi finisce con il portare alla luce contenuti che collegano elementi della vita attuale dell’analizzato con esperienze avvenute durante l’infanzia, e infine con periodi ancora più remoti, cioè durante la vita intra-uterina o la storia familiare del soggetto.
C’è ancora un altro elemento che, oltre a conferire alle sedute lunghe una grande efficacia, attribuisce loro un’interessante dimensione scientifica. Durante le sedute lunghe si formano degli anelli associativi. 5
Di cosa si tratta? Un anello associativo è un’ampia sequenza di libere associazioni i cui elementi (cioè i singoli anelli della catena) partono da un tema espresso nei primi minuti della seduta, poi si sommano progressivamente e finiscono con ritornare a questo tema, chiarendone il significato inconscio. In altre parole, gli elementi verbalizzati si concatenano e compiono poco a poco una sorta di cerchio che si chiude collegando un contenuto manifesto d’inizio seduta con un contenuto dello psichismo profondo. Nella fattispecie l’elemento inconscio evidenziato dall’anello associativo sarebbe un vissuto di origine fetale.
Prendiamo l’esempio di un tipico anello associativo in cui le associazioni che lo compongono confluiscono verso esperienze memorizzate durante la vita intra-uterina. All’inizio di una seduta, un analizzato racconta che durante i litigi con la moglie era assalito da un senso angoscioso di abbandono, così lacerante da essere costretto a picchiarsi la testa con i pugni per poi andare a mettere il capo sotto l’acqua fredda per calmare il dolore. Questo comportamento è rimasto a lungo misterioso. Tutto è diventato chiaro quando una sequenza di libere associazioni ha fatto riemergere il ricordo, accompagnato da un rivissuto intenso, di essere stato scosso nel grembo materno. Quest’anello associativo si è ripresentato più volte. Il significato intra-uterino del sintomo fu confermato grazie a diversi sogni raffiguranti elementi tipici della vita fetale. Per esempio il soggetto si vedeva maltrattato nella stiva di una nave o rinchiuso in una grotta umida e scura o ancora cercando di sfuggire allo tsunami provocato da un terremoto; l’analisi di queste immagini oniriche confluiva verso elementi molto arcaici, che non posso descrivere in questa sede per mancanza di spazio. Un giorno l’analizzato interroga sua madre e lei finisce con il confessargli di avere tentato di abortire: era giovanissima quando rimase incinta di lui e non se la sentiva di allevare un figlio; nella speranza di abortire fece, per mesi, delle lunghissime cavalcate al galoppo.
Spero di aver fornito abbastanza argomenti a sostegno dell’ipotesi che esista uno psichismo fetale, basato su veri vissuti. Nella seconda parte di quest’articolo, si esamineranno questi vissuti in modo più dettagliato.
@ Daniel Lysek
Vai alla seconda parte
Vai alla terza parte
Note:
– 1. Glover V. et al., Prenatal maternal stress, fetal programming and mechanisms underlying later psychopathology, a global perspective, Development and Psychopathology, 30 : 853-854, agosto 2018.
– 2. Madigan S. et al., A Meta-Analysis of Maternal Prenatal Depression & Anxiety on Child Socioemotional Development, J. American Academy of Child & Adolescent Psychiatry, vol. 57, N. 9 : 645-657, sett. 2018.
– 3. Bergeret J., Soulé M., Golse B., Anthropologie du fœtus, Paris, Dunod, 2006, pp XVII-XVIII (trad. DL).
– 4. Zangrili Q., Psicoanalisi: breve vademecum. 2005.
– 5. Lysek D. (2007), Le sedute lunghe, in AA.VV. (a cura di Codoni P.), Una psicoanalisi al microscopio. Micropsicoanalisi, Torino, Edizioni Libreria Cortina, 2010, pp. 23-58.
II Dott. Daniel Lysek lavora a Peseux (Neuchâtel, Svizzera) come micropsicoanalista e psicoterapeuta.
Nato a La Chaux-de-Fonds (Svizzera) nel 1950, si è laureato in medicina nel 1976.
Ha lavorato 10 anni nel Centro micropsicoanalitico del Dott. Silvio Fanti a Couvet, partecipando all’elaborazione teorica della micropsicoanalisi e diventando anche co-autore del Dizionario pratico della psicoanalisi e della micropsicoanalisi (Borla, 1984).
Dal 1985 è analista didatta della Società Internazionale di Micropsicoanalisi di cui è stato presidente dal 1987 al 1991.
Membro fondatore dell’Istituto Svizzero di Micropsicoanalisi, ne è il direttore dal 1999.
Ha partecipato, in qualità di relatore, a numerosi congressi internazionali.
È autore di molte pubblicazioni micropsicoanalitiche, tra cui un libro scritto con la Dott.ssa Daniela Gariglio, Creatività benessere. Movimenti creativi in analisi (Armando Editore, 2007). È curatore di un libro di psicosomatica, Le parole del corpo. Nuovi orizzonti della psicosomatica (L’Harmattan Italia, 2016).