Sommario

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Il presente lavoro costituiva Relazione ufficiale nel Convegno interdisciplinare “Sogno & psicopatologia” tenutosi a Capo d’Orlando il 17 – 18 novembre 2000.
Già pubblicato in “Sogno e telepatia, Sogno & psicopatologia, Bollettino dell’ Istituto Italiano di Micropsicoanalisi, Tirrenia Stampatori, 2001.
Chi volesse acquistare una copia del volume può richiederlo via mail alla Casa Editrice Tirrenia Stampatori.

La raccolta nel corso di 20 anni di lavoro di una serie di casi di telepatia, cioè di trasmissione di informazioni a distanza al di fuori degli usuali canali percettivi sensoriali, mi aveva ovviamente incuriosito, ma le comprensibili riserve di prudenza che il trattamento di tale materiale implica mi avevano indotto a lasciare nel cassetto del poi materiale prezioso.
E’ stata la rilettura periodica che compio delle opere complete di Freud che mi ha indotto a chiedermi se, nel lasciare in ombra tale tipo di materiale, non si ceda alla pressione di un certo moralismo sociale che pervade il mondo scientifico.
Perché, per parlare con la voce del Maestro: “E’ praticamente certo che l’occuparsi di fenomeni occulti porterà ben presto alla conferma che un certo numero di essi si verifica effettivamente; c’è tuttavia da presumere che ci vorrà molto tempo prima che si giunga ad una teoria accettabile riguardo a questi fatti nuovi.” 1
Sigmund Freud ha esposto in modo diretto le sue convinzioni in tema di telepatia in due scritti: “psicoanalisi e telepatia” e “Sogno e telepatia” entrambi redatti nel 1921.
Il primo, in forma di manoscritto, letto ai membri del cosiddetto “Comitato” durante un’escursione in montagna, fu ritrovato tra le sue carte e pubblicato postumo. Mentre Freud pubblicò il secondo, ben più prudente del primo, originariamente una relazione da leggersi alla Società Psicoanalitica di Vienna, sulla rivista Imago nel 1922.
In entrambi è esplicita la preoccupazione di delimitare gli argini tra la giovane scienza psicoanalitica ed i cosiddetti “occultisti”: Egli riconosce fondamentalmente una vicinanza tra i due mondi, non fosse altro per la difficile posizione di entrambi di occuparsi di fenomeni che la scienza ufficiale del tempo “annovera tra quelle cose che stanno tra cielo e terra”. Ma, individuando il prefigurarsi degli sviluppi, Freud sottolinea come la stragrande maggioranza degli occultisti non sia spinta da brama di sapere, bensì da una fede acritica, residuo dell’antica fede religiosa che nel corso della storia dell’umanità è stata erosa dal progresso delle conoscenze scientifiche. E paventa la possibilità che un minimo riconoscimento scientifico dell’esistenza di fenomeni non spiegabili con le procedure di trasmissione sensoriali usuali, possa consentire agli occultisti di proiettarsi al di sopra della scienza, salutati con esultanza come i liberatori dalla costrizione intellettuale della ragione, facendo raccolto di tutta la facile credulità che sopravvive dall’infanzia della storia umana e dagli anni infantili (il pensiero magico) dei singoli individui.
In entrambi gli scritti Freud riconosce esplicitamente l’esistenza di fenomeni di trasmissione del pensiero, ponendola come spiegazione ultima dei cosiddetti fenomeni di divinazione. Egli tratta vari casi di previsione del futuro e conclude che, in verità, il Veggente non abbia letto nel futuro degli avvenimenti, bensì in conoscenze e tendenze che l’esaminato possedeva al momento del consulto e che non aveva trasmesso con gli usuali sistemi sensoriali al sensitivo. Trattando di un caso il Maestro scrive: “L’evento si spiega perfettamente se siamo disposti a supporre che questo sapere si è traslato da lui a lei, presunta profetessa, per vie sconosciute, e con esclusione delle modalità comunicative a noi note. La nostra conclusione dovrebbe dunque essere che esiste la trasmissione del pensiero” 2
Io credo che chiunque abbia una sufficiente esperienza del lavoro analitico non abbia difficoltà alcuna a constatare che la percezione extrasensoriale di contenuti psichici è un fenomeno frequentissimo. Spesso le associazioni dell’analizzato, di frequente dopo un momento di barrage, ripartono proprio dai contenuti ideativi dell’analista senza che quest’ultimo abbia minimamente trasmesso in alcun modo, verbale o gestuale, l’informazione all’analizzato. Vi riporterò, a titolo esemplificativo, solo le ultime esperienze che ho raccolto in ordine di tempo.
Il giorno prima della seduta che vi descriverò ero andato ad accompagnare un carissimo amico alla stazione di Anagni-Fiuggi. Mentre aspettavamo l’arrivo del treno eravamo rimasti colpiti dalla bellezza di un antico gazebo realizzato in ferro battuto, completamente ricoperto da una splendida vite americana messa ad ombreggiare una antica panchina di pietra. Una scena di indubbia poesia se messa a confronto con i freddi ed impersonali arredi delle attuali stazioni ferroviarie.
L’indomani il ricordo di quella scena, seguendo imperscrutabili percorsi associativi, mi tornò in mente in seduta. Ecco, a distanza di pochi secondi, le associazioni dell’analizzata: ”Ho avuto un’immagine velocissima, che non c’entra nulla con quello che sto dicendo, di una specie di panchina di paglia con delle donne sedute sopra. Una donna bionda, quasi bianca, con labbra rosse. Sembra una donna dell’ 800 ed è come se fossero sedute in una piccola stazione ferroviaria”.
A questo proposito dirò che il manifestarsi di fenomeni telepatici in seduta è direttamente proporzionale all’osservanza delle due regole speculari delle libere associazioni per l’analizzato e dell’ascolto fluttuante per l’analista. Come tutti coloro che si occupano di psicoanalisi ben sanno, mentre l’analizzato si impegna a dire in libere associazioni e senza sottoporre a critica alcuna tutto ciò che pensa e prova, l’analista esercita una particolare qualità d’ascolto, chiamata attenzione fluttuante, consistente nel fare astrazione da tutto ciò che egli pensa o prova e nel seguire il materiale analitico senza privilegiare nulla. Proprio nel lavoro “psicoanalisi e telepatia” Freud fa un’indiretto riferimento a tale tecnica quando cerca di spiegare come possa essersi prodotta una trasmissione di informazioni da un cliente ad una presunta indovina che utilizza le consuete tecniche di divinazione astrologia: “Il lavoro astrologico dell’indovina consisterebbe in questo caso in un’attività intesa a deviare le sue stesse forze psichiche e a tenerle occupate in qualcosa di innocuo, talché essa possa diventare ricettiva e permeabile agli effetti dei pensieri altrui, ossia possa trasformarsi in una vera e propria “medium”. 3
Un altro analizzato un giorno portò in seduta un sogno nella cui parte finale figurava la scena seguente: “Arriva un signore e ci comunica che nel suo giardino, confinante con la casa, un albero, forse un salice, sta morendo, e vuole sapere se noi ne abbiamo colpa”. Come spesso avviene, la seduta ebbe uno svolgimento che non consentì un lavoro sistematico di interpretazione del sogno. Ma nella seduta successiva, l’analizzato, visibilmente colpito, mi riferì che un suo cugino che risiedeva a più di mille chilometri di distanza e che non sentiva da mesi, gli aveva telefonato, il giorno dopo la seduta del sogno in oggetto, per lamentarsi dell’abbattimento di un albero, posto a confine tra le case di vacanza dei due cugini, deciso dalla sorella dell’analizzato a sua totale insaputa. E’ evidente che il sogno aveva veicolato nello psichismo dell’analizzato una informazione su un accadimento oggettivo che avveniva o era appena avvenuto a distanza.
Ora vorrei introdurvi il resoconto dettagliato di due esperienze che acquisiscono un’importanza fondamentale, in quanto la trasmissione dell’informazione ha coinvolto sincronicamente più membri della stessa famiglia che risiedevano a centinaia di chilometri di distanza.

Primo caso:

Trattasi di un analizzato che definiremmo normale (cioè esente da nuclei patogeni), con cultura scientifica universitaria, e fonte di assoluta affidabilità, che sta conducendo alcune sedute di richiamo a distanza di anni dalla fine della sua analisi personale.
Nel periodo precedente l’esperienza telepatica l’analizzato aveva trascorso numerose notti agitate, legate alla sensazione di percezione, nella stanza dove dormiva, di presenze non meglio identificabili. La sistemazione razionale data alla percezione era che “sentiva” i morti di famiglia che tentavano di dargli un avvertimento circa un pericolo incipiente.
Arrivando presso il mio studio, vedendo un’autocisterna piena di carburante, l’analizzato aveva affrettato il passo, colto dall’inusuale timore che il carburante potesse esplodere.
Nel corso della seduta aveva riferito di essere invaso da potenti ed inequivocabili sensazioni di pericolo imminente connesse ad una forte esplosione, o un incendio, comunque una situazione di impatto pericoloso e dalla sensazione che la vita del padre, che viveva a più di mille chilometri di distanza, fosse in pericolo. In particolare, a più riprese aveva percepito l’immagine visiva di un globo di luce, o di fuoco, o di energia che sovrastava la scena.
Preciso che il signore non sentiva da più di un mese il genitore, attenendosi scrupolosamente alla consegna analitica, che a volte si rende necessaria, di interrompere, per un breve periodo, i contatti telefonici o epistolari con i familiari.
Contemporaneamente la moglie dell’analizzato aveva provato delle strane sensazioni angosciose che qualcosa stesse accadendo all’anziana nonna. In concreto temeva che fosse in imminente pericolo di vita; la signora telefonò ad alcuni parenti che la rassicurarono, ma nonostante ciò, continuò ad essere turbata da angosciose sensazioni di pericolo.
L’indomani l’analizzato trascorse una notte di grande sofferenza, passata praticamente insonne per l’insorgenza di un’affezione dolorosissima, che presentava il quadro sintomatico di un’attacco di periartrite scapolo-omerale, fatta eccezione per una sintomatologia inusuale: un dolore intollerabile, che interessava tutto il lato destro del corpo, dalla spalla alla punta del piede, talmente forte da fargli esprimere il timore di rimanere vittima di un infarto.
La stessa notte la moglie fa un sogno angoscioso del quale ricorda solo una spiacevole marcata sensazione: una mano estranea posata sulla sua spalla che all’improvviso si rilascia.
Dopo la notte insonne, visibilmente provato, l’analizzato si reca a comprare delle aspirine benché il dolore sia inspiegabilmente quasi del tutto scomparso. Appena usciti dalla farmacia la moglie, di solito scevra da lapsus o sbadataggini, lascia cadere le chiavi della macchina. Qui occorre fare una precisazione che sembrerà pittoresca: l’analizzato mi riferisce che le chiavi dell’automobile, contenute in un portachiavi di pelle color bordeaux, vengono letteralmente risucchiate da un tombino stradale. La situazione è talmente inusuale, che l’analizzato pensa che “qualcuno” voglia avvertirlo che esiste un pericolo connesso all’automobile. Dopo non pochi sforzi comunque riesce a recuperare il portachiavi che, essendo totalmente ricoperto di melma, viene lavato. Essendo stato evidentemente tinto, il portachiavi inizia a stillare gocce del tutto sovrapponibili nell’aspetto a sangue: la pelle del portachiavi è grondante di sangue.
L’indomani, il padre dell’analizzato rimane vittima di un incidente stradale da cui riporta una estesa ferita lacero-contusa alla volta cranica che richiederà l’applicazione di sessantacinque punti di sutura e varie ferite soprattutto a carico del lato destro del corpo. L’unico particolare che l’anziano signore ricorda prima dell’impatto è la visione di un globo di luce che lui riferisce ad un fenomeno di abbagliamento. Nei confusi ricordi dell’immediato dopo trauma ricorda solo di aver manifestato più volte ai soccorritori il timore che la macchina si incendiasse per la fuoriuscita del carburante. Fumatore incallito, aveva smesso di fumare una settimana prima dell’incidente.
La stessa notte la sorella del padre dell’analizzato fa un sogno angoscioso in cui avverte una mano, staccata dal corpo, posata sulla spalla destra che la guida; come si vede un contenuto manifesto quasi del tutto sovrapponibile a quello della moglie dell’analizzato che si trova a più di mille chilometri di distanza. Il risveglio, per entrambe, si associa al distacco angoscioso del contatto della mano.

Secondo caso:

Due fratelli, quasi coetanei, legati da un intenso rapporto affettivo retto, in realtà come sovente, se non sempre accade, da potenti gittate inconsce di attaccamento omosessuale, risiedono per la prima volta nella loro vita a circa seicento chilometri di distanza per un lungo periodo (un anno poiché il maggiore dei due, che chiameremo Ulisse, ha contratto una grave patologia che può essere curata solo in un grande nosocomio universitario lontano dal luogo abituale di residenza).
Qualche mese prima della separazione la nonna paterna dei due giovani uomini, che nutre un rapporto privilegiato per Ulisse, si ammala di una grave forma tumorale e va incontro ad un lento decadimento. Nel corso dei mesi che passano ripete più volte che prima di morire vorrebbe rivedere l’amato nipote: sembra quasi che questo suo obbiettivo in qualche modo alimenti la forza vitale che ancora si oppone al male. L’attesa si protrae ma Ulisse non può tornare a salutare la nonna poiché deve sottoporsi ad un trattamento terapeutico specialistico quotidiano. La consuetudine di famiglia non è incline a frequenti telefonate o contatti epistolari: i telefoni cellulari erano ancora di là dal venire e Ulisse ed il fratello, che chiameremo Achille, erano legati da un rapporto affettivo talmente profondo che si sentivano sempre in contatto.
La nonna inevitabilmente si aggrava finché al giovane Achille non giunge una telefonata da parte dei parenti che lo avvertono che la fine della Signora è ormai questione di ore se non di minuti. Achille si mette in viaggio per raggiungere la nonna che abita a circa trenta chilometri di distanza, in un ameno paesino. Quando giunge sull’uscio della camera della moribonda, questa, che era in uno stato comatoso da circa dieci ore, improvvisamente si desta e trova la forza di alzare il capo e dire: “Ulisse?!” Qualcuno, forse improvvidamente le dice:”E’ Achille che è venuto a trovarti…” Di lì a pochi secondi la donna muore: il campanile del paese, che suona i quarti, batte le 23 e 30. Achille è colpito dalla sincronia dell’evento e, consultando il suo orologio, prende nota mentalmente dell’ora.
L’indomani Achille viene svegliato da una telefonata concitata del fratello Ulisse che gli chiede, senza dargli il tempo di interloquire, se sia mai accaduto qualcosa alla nonna poiché, la sera precedente, poco dopo il suo addormentamento era stato svegliato da alcuni colpi alla porta della stanza. Ancora nella confusione del sonno Ulisse aveva chiesto “Chi è?” e dall’altra parte dell’uscio:”Sono nonna, Ulisse, sono venuta solo a salutarti”. Ulisse recuperò di soprassalto il risveglio lucido con il cuore in gola, inevitabilmente, come può accadere a tutti, guardò la radiosveglia posta sul comodino: ore 23 e 30. Achille era stato il medium tra il fratello e la nonna.
Nessuno meglio di me, che viene dagli studi universitari di medicina, fondati su un rigido razionalismo meccanicistico, può comprendere l’automatico scetticismo che si desta venendo a conoscenza di simili accadimenti: ma ripeto che i casi che vi ho descritto sono solo i più eclatanti e provengono da fonte sulla quale non posso nutrire il benché minimo dubbio.
In altra sede mi sono già espresso sulla necessità che gli studi universitari di Medicina e Psicologia si aprano, tanto per fare un esempio, alla fisica quantistica: non comprendo sinceramente il perché se le nozioni della relatività ristretta e della fisica dei campi vengono tenute in debita considerazione dagli scienziati della NASA o dell’Agenzia Spaziale Russa per progettare i loro vettori spaziali, non possano entrare nel bagaglio della formazione mentale del futuro medico o psicoterapeuta.
Ma se originariamente il mio intendimento era quello di esporre le conoscenze della microfisica che permettono di avere un conforto nell’ammettere l’esistenza di trasmissioni di informazioni a distanza, la rilettura reiterata delle opere di Freud mi ha consentito di restare in un campo più classico.
Perché è sufficiente la condivisione profonda di alcune delle nozioni base della Psicoanalisi per accettare l’esistenza di tale fenomenologia e darle la dignità di oggetto di ricerca e sperimentazione.
Sorge qui la necessità di una breve digressione sul fenomeno dell’isolamento se non della negazione e del diniego delle conoscenze analitiche che sovente, interessa sia gli analizzati che gli analisti. Chi ha fatto un training analitico degno di questo nome sa bene quanta parte di questo lavoro interessi il processo di ridimensionamento dell’io ideale ed il tentativo di ridurre ai minimi livelli possibili la proiezione per aderire ad una visione scevra da fenomeni di ideologizzazione della realtà: un impresa titanica che non cessa mai. Freud stesso, illustrando la cosiddetta resistenza dell’inconscio, lo aveva messo in risalto. La psicoanalisi non è una casa in multiproprietà di cui si affitta ora quello ora quell’altro appartamentino per le proprie convenienze: o si acquista e si utilizza l’intero edificio o è meglio rinunciare a definirsi psicoanalista. D’altronde nessuno lo impone e, al giorno d’oggi, a giudicare dalla corsa al distinguo ed alla revisione cui stiamo assistendo, la “schiera dannata” si assottiglia sempre più. Io, al contrario, non provo alcuna vergogna, anzi sono fiero di potermi definire freudiano.
Quali sono dunque i concetti freudiani che ci consentono di accettare l’esistenza dei fenomeni telepatici?
Innanzitutto la definizione di processo primario data dal Maestro.
In secondo luogo il meccanismo efficiente dell’inconscio definito come identificazione.
Occupiamoci in primo luogo del processo primario.
“I processi nell’inconscio o nell’Es obbediscono a leggi diverse che i processi nell’Io preconscio. Queste leggi nella loro totalità le chiamiamo processo primario, in contrapposto al processo secondario, che regola i decorsi nel preconscio, nell’Io”. 4
E ancora: “Abbiamo appreso come i processi psichici inconsci sono di per sé “fuori del tempo”. Ciò significa innanzitutto che non sono cronologicamente ordinati, che il tempo non li altera e che la concezione del tempo non può essere loro applicata”. 5 
L’inconscio freudiano è per definizione aspaziale e atemporale: è per questa ragione per esempio che possono convivere nella mente di un individuo percezioni e sentimenti di sé assolutamente incompatibili dal punto di vista del processo secondario: tanto per fare l’esempio più semplice la stessa persona può viversi come dotata di fallo ed avere al tempo stesso dei potenti vissuti di castrazione. L’assenza degli operatori logici e di spazio-tempo spiegano inoltre l’apparente assurdità del sogno, il suo aspetto surreale. Nel sogno i luoghi, le epoche, le fogge, gli usi, spesso anche la lingua si mescolano in un calderone caotico in cui coesistono i contrari, l’indeterminato ed il concreto, le contraddizioni e le impossibilità.
Ora tutti sappiamo come sia il sogno l’attività psichica privilegiata per lo studio dell’inconscio. E qui bisognerà fare una precisazione: l’inconscio è inconoscibile per definizione: si situa, per dirla con Pierre Codoni “in un altro livello di realtà rispetto al nostro mondo psicomateriale” 6 dopo il superamento del setaccio deformante delle censure. D’altro canto condividiamo, come amo ripetere spesso, lo stesso disagio dei microfisici che studiano l’inconoscibile postulato dal principio di indeterminazione di Werner Heisemberg osservando le perturbazioni indirette che i campi subatomici determinano sugli oggetti materiali.
Freud nel definire i contenuti dell’inconscio ha disciplinato sistematicamente la tendenza speculativa che pure gli aveva consentito di gettare fasci di luce sulle tenebre del sapere della sua epoca, considerandolo soprattutto costituito di rappresentazioni rimosse nel corso dello sviluppo psicosessuale infantile e dalla memorizzazione delle caratteristiche quantitative e qualitative delle esperienze pulsionali soggette alla rimozione. Ma nel Compendio di Psicoanalisi , forte della seconda topica e della definizione del concetto di es, Freud afferma tra l’altro:”1) La memoria del sogno è molto più vasta della memoria dello stato vigile. Il sogno porta ricordi dimenticati da colui che sogna, ricordi che nello stato di veglia gli erano inaccessibili. 2) Il sogno fa un uso illimitato di simboli linguistici il cui significato è per lo più sconosciuto a colui che sogna. Noi però possiamo confermare il loro significato con la nostra esperienza – e infine – …il sogno porta in primo piano – fate attenzione! – contenuti che non possono derivare né dalla vita matura né dall’infanzia dimenticata di colui che sogna. Siamo costretti a considerarli come una parte dell’eredità arcaica che il bambino influenzato dall’esperienza degli avi porta con sé al mondo prima di ogni esperienza”. 7
Come si vede un’apertura sconfinata alle infinite potenzialità del sogno che richiama le note di Pierre Codoni: “…lo studio del sogno ci collega direttamente con l’infinito dell’inconscio e l’infinito del vuoto. Ci fa cogliere il processo primario, l’energia libera che si sposta e si condensa senza limiti, l’assenza di spazio, di tempo e di logica, la coesistenza dei contrari, la complessità dell’istantaneità. Ciò significa, dunque che il sogno stesso è infinito, che il suo studio è infinito, come quello dell’inconscio, come quello dell’universo” 8
Ed ora vorrei esporvi una breve riflessione sull’identificazione.
Nella sua definizione classica l’identificazione è quel “processo psicologico con cui un soggetto assimila un aspetto, una proprietà, un attributo di un’altra persona e si trasforma, totalmente o parzialmente, sul modello di quest’ultima.” 9 Io credo che l’identificazione non sia solo un meccanismo psicologico, bensì un meccanismo somatopsichico talmente profondo da coinvolgere i processi cellulari. L’elaborazione patologica del lutto, cui spesso fa seguito l’identificazione all’oggetto perduto e la contrazione di una affezione morbosa simile a quella dello scomparso ne è l’esempio più eclatante. Così come le patologie contratte da bambini che hanno compiuto il loro sviluppo psico-sessuale a contatto con un genitore, soprattutto la madre, gravemente malata. In piccola scala il fenomeno dell’identificazione è osservabile in ogni analisi: sono, ahimè, frequenti contaminazioni patologiche analista-analizzato e viceversa che solo un attento lavoro sulla dinamica transfert-controtransfert può neutralizzare, e consentire, tra l’altro, un’utilizzazione brillante ai fini dell’avanzamento del lavoro analitico. Per citare ancora un esempio, la svolta risolutiva di un difficile caso borderline in cui l’unico tema dominante era la percezione persecutoria di un Segreto indefinito che incombeva sul destino del soggetto, avvenne in concomitanza di un mio disturbo organico: una fastidiosa irritazione prepuziale. Come per incanto l’analizzato imboccò un sentiero associativo che lo condusse al pieno rivissuto di una operazione di plastica prepuziale per fimosi, avvenuta all’età di tre anni, totalmente rimossa, nonché celata dall’entourage familiare.
Vi dirò, tra l’altro che il nucleo del lavoro dell’analizzato che aveva percepito l’incidente paterno, consistette appunto nello scioglimento delle gittate identificative al genitore.
Per concludere, potete vedere, che non vi ho portato alcuna teoria definita che possa spiegare, in termini scientificamente accettabili, il fenomeno telepatico; credo però che il riscontro di fenomeni di trasmissione di informazioni al di fuori degli usuali canali meriti una sua dignità di studio, che la psicoanalisi possa offrire un fertile terreno di riflessione e che la scienza dovrebbe iniziare una ricerca sistematica, rispondente ai moderni criteri di scientificità, di tali fenomeni per sottrarli al dominio dell’occulto.
L’anomia che governa la nostra società, la disgregazione totale dei valori e dei riferimenti sociali hanno da tempo aperto le porte a visioni irrazionali, se non deliranti della realtà: milioni di persone passano le loro giornate ad esercitare un’attività voyeuristica di massa scrutando quattro giovanotti e giovanotte chiusi in una casa. Le televisioni, in prima linea quella pubblica che investe i soldi dei cittadini, fanno a gara nel proporci trasmissioni che promettono di farci entrare, con metodo pseudoscientifico, nei Misteri dell’umanità.
Non posso che far mie le parole del Maestro, come sempre profetiche: “…(Gli occultisti) verranno salutati come chi è venuto a liberarci della pesante costrizione intellettuale, e tutta la credulità che ancora sopravvive dai giorni infantili della storia umana e dagli anni infantili dei singoli individui si farà loro incontro con esultanza. Potrà allora essere imminente uno spaventoso collasso del pensiero critico…” 10

Written by: Quirino Zangrilli © Copyright

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Notes:

1 – Sigmund Freud, Psicoanalisi e Telepatia, 1941, Opere, Vol. 9, Boringhieri, Torino.
2 – Sigmund Freud, Psicoanalisi e Telepatia, 1941, Opere, Vol. 9, Boringhieri, Torino. 
3 – Sigmund Freud, Psicoanalisi e Telepatia, 1941, Opere, Vol. 9, Boringhieri, Torino. 
4 – Sigmund Freud, Compendio di Psicoanalisi , 1938, Opere, Vol. 11, Ed. italiana: Boringhieri, Torino. 
5 – Sigmund Freud, Al di là del principio di piacere, 1920, Opere, Vol. 9, Ed. italiana: Boringhieri, Torino. 
6 – Pierre Codoni, Psicofisiologia del sogno, Bollettino dell’Istituto Italiano di Micropsicoanalisi, n°27-28, 1999, Tirrenia Stampatori, Torino. 
7 – Sigmund Freud, Sogno e telepatia, 1941, Opere, Vol. 9, Ed. italiana: Boringhieri, Torino. 
8 – Pierre Codoni, L’interpretazione del sogno, Bollettino dell’Istituto Italiano di Micropsicoanalisi, n°19, 1995, Tirrenia Stampatori, Torino. 
9 – Laplanche, Pontalis, Enciclopedia della psicanalisi, 1968, Laterza, Milano. 
10 – Sigmund Freud, Psicoanalisi e Telepatia, 1941, Opere, Vol. 9, Boringhieri, Torino.