Quando si parla di Edipo entriamo in una dimensione sufficientemente divulgata ed è raro incontrare stupore sul tema dell’amore del figliolo per la sua mamma.

 Il tema della sessualità infantile, che costò a Freud gran parte delle difficoltà  nel mondo accademico del suo tempo, sembra oggi entrato nell’accezione comune anche se spesso viene altrettanto comunemente liquidato, sfiorato per dovere di citazione, ignorato di fatto nelle sue consequenzialità.

Potremmo dire che non c’è persona che acceda alla psicoanalisi senza parlare dell’Edipo, talvolta già alle prime battute, come situazione scontata: citato e liquidato, se così si può dire; e di lì si apre la voragine che molti hanno percorso e ripercorso nella loro analisi personale.

Ma cosa accade dalla parte del genitore? Anche lì nell’accezione più divulgativa tutti sanno della predilezione dei padri per le figlie femmine e delle madri per i maschi: si giunge talvolta ad osservare che “la bambina somiglia al papà e il maschietto alla mamma”, statuendo così un corrispettivo somatico alla disposizione dell’affetto e, in definitiva, all’identificazione.

L’Edipo dalla parte del genitore, così comunemente noto e citato quanto quello dei figli, è stato formulato da Silvio Fanti che, già nelle sue prime pubblicazioni, definisce l’Oedipe II° (tradotto: Edipo II°) quale “sinonimo di sessualità-aggressività inconscia dell’uno o l’altro genitore verso il bambino”.

L’osservazione dell’attitudine inconscia ambivalente di desideri dei genitori è comune nella pratica professionale e, sebbene l’Edipo sia sempre lo stesso, i vissuti non sono riconducibili solo a riattualizzazioni per spostamento: non va dimenticato che l’Edipo dell’adulto presenta la particolarità di insistere in un soggetto che ha completato lo sviluppo somatico ed ha in genere tutte le potenzialità, compresa quella riproduttiva. 

Molte delle problematiche legate all’incesto e agli abusi sessuali nei confronti di minori sono riconducibili a dinamiche edipiche inelaborate.

Lo spostamento dell’investimento della libido nel corso dello sviluppo post-natale procede in direzione cranio-caudale: quando il processo si svolge in maniera fisiologica, essa è impegnata inizialmente sul cavo orale, passa poi alla regione anale e quindi si stabilizza nell’area genitale. 

E’ qui che si struttura l’Edipo propriamente detto:

“il bambino dai 3 ai 5 anni

vuole possedere sessualmente

il genitore di sesso opposto

e uccidere il genitore dello stesso sesso”

Tale stabilizzazione è tuttavia ben lungi dalla staticità.

Non mi riferisco alle oscillazioni da uno stadio all’altro o dall’Edipo positivo a quello negativo, ma al procedere ulteriore dello spostamento della libido che continuerà ad esprimersi per tutta la vita fertile attraverso il movimento delle cellule germinali.

Queste infatti debbono ancora effettuare uno spostamento fino al ritrovamento di quel patrimonio cromosomico diploide che avevano perso durante il loro processo maturativo. Ci si potrebbe chiedere se è lo stato di aploidia (che si accompagna all’ultraspecializzazione della cellula staminale) a spingere la cellula in avanti: una sorta di coazione a ripetere a livello cellulare dal diploide all’aploide, ritorno al diploide ecc. 

(Come dicono Monod e Jacob, “il sogno della cellula è diventare due cellule”).

Il processo somatico che ho descritto ha come corrispettivo la tendenza verso l’esterno che, nel caso dell’Edipo, è l’esogamia: il soggetto era in fusione somatopsichica con la madre durante la gestazione, passa in simbiosi primaria durante l’allattamento, attraversa poi le fasi classiche dello sviluppo psicosessuale (ovvero la libido si sposta in direzione cranio-caudale ), e, se l’Edipo si è sufficientemente elaborato, con la pubertà si volgerà ad un oggetto esterno ripetendo così il ciclo. 

Il processo contiene tuttavia la tendenza di ritorno alla situazione precedente, come per le cellule staminali, verso stato diploide: la posizione di ritorno all’endogamia muove dalla ricerca di partners  riconducenti all’oggetto primo d’investimento, al desiderio d’incesto o all’agito incestuoso propriamente detto.

L’esperienza professionale è ricchissima di questi esempi.

Vorrei limitarmi ad un esempio di Edipo II° nel delirio; ad un caso  di spostamento sull’amica delle figlie; seguirà poi un caso di abuso incestuoso e uno che chiamerò Edipo  transgenerazionale o filogenetico.

1

X era  una signora con una forma di paranoia tardiva, o parafrenia, imperniata sull’idea che le donne del paese l’accusassero di essere l’amante del figlio. Si tratta di un’emblematica situazione di rottura psicotica: i contenuti dell’inconscio attraversano i fragili meccanismi di difesa dell’Io, attingono alle difese più arcaiche, quale la proiezione, e agiscono il conscio praticamente senza mediazioni. Il desiderio è dunque espresso tale quale è, appena trasformato in accusa ignominosa e attribuito ai compaesani che svolgono il luogo dei coriferi del testo di Sofocle: durante le funzioni religiose, il bisbiglio dei fedeli ripete l’accusa del coro della tragedia: “il tuo fato, Edipo, è paradigma dei mali del mondo”. 

2

Un episodio depressivo colpì una donna in coincidenza di una serie di eventi-perdita fra i quali la morte della madre: l’osservazione dei giochi conturbanti che, a suo dire, il marito conduceva con le figlie adolescenti, sottolineava i vissuti di colpa rispetto alla madre, ma solo quando era riuscita a spostare la rivalità su una giovane amica della figlia, potendo così esprimere l’aggressività che la seduttività procace della fanciulla le suscitava, era tornata a parlare della gelosia di suo padre. L’Edipo si presentava cioè in forma secondaria, riattualizzato dall’entrata in gioco delle figlie con la pubertà, ma le associazioni riconducevano ineluttabilmente a quello primario e alle dinamiche triangolari della sua adolescenza.

3

Tra i diversi casi di abusi su minori o d’incesto ho scelto di riportarne uno specifico: un agito del padre sulla figlia prepubere e su un’amica di questa.

 La vicenda aveva coinvolto più gruppi familiari, ma l’unica persona che aveva chiesto il supporto psicoterapeutico era la madre dell’abusata, moglie dell’abusante. La signora si rammaricava per la vita distrutta, per l’immagine sociale offuscata, per il precario equilibrio del secondogenito che aveva visto l’allontanamento del padre senza capire. Nel merito della vicenda, sosteneva che la figlia che aveva subito la serie di atti di libidine stava bene e finiva per attribuire all’amica la responsabilità della seduzione. Tale spostamento da parte della signora implica l’accusa alla figlia di aver sedotto il padre che lei è pronta a perdonare e a riprendere in casa. La forma con la quale si esprime l’Edipo II° in questo caso di abuso su minore è l’aggressività annientatrice che anima il genitore nei confronti del figlio dello stesso sesso. 

Del resto l’ambivalenza dei desideri di possesso-distruzione trova nel personaggio di Giocasta una paradigmatica espressione. E’ vero infatti, come scrive Q. Zangrilli nel suo articolo su Edipo del 1997, che la regina di Tebe è un personaggio passivo nella tragedia, ma in  un momento iniziale della vicenda essa agisce  con determinazione: è lei infatti a consegnare personalmente il neonato, suo figlio, al servo chiedendogli di ucciderlo. Poi tutto diventa coscienza e il Fato si compie: l’uomo antico è ancora schiacciato dal Fato, non introietta il senso della, seppur  parziale,  autodeterminazione e la presa di coscienza non è salvifica ma tragica.

L’articolo citato pone molto opportunamente l’accento sugli antefatti della tragedia della casa reale di Tebe: il trauma originario consiste nel ratto di Europa da parte di Zeus. Dunque più generazioni hanno cooperato alla necessità di abreagire un insieme traumatico che si va a cristallizzare nella vicenda di Edipo.

E’ quanto Fanti ha inteso nella definizione di “legislazione filogenetica”, che permette l’introduzione al caso seguente.

4

Il padre di un’analizzata porta il nome di un suo zio materno morto in guerra.

La nonna paterna dell’analizzata, ovvero il primo oggetto edipico del padre dell’analizzata, per diverse ragioni non aveva mai elaborato il lutto del fratello e aveva cercato di farlo rivivere nel proprio figlio dandogliene il nome. 70 anni dopo la nipote di questa, ovvero la nostra analizzata, sceglierà un partner che avrà alcuni dettagli somatici e alcuni particolari esistenziali del tutto simili a quelli dello zio paterno e che porterà il nome di un suo prozio morto nella stessa guerra.

In altri termini si può dire che l’immagine dell’avo che è stato l’oggetto dell’investimento edipico del genitore insiste nella strutturazione dell’Edipo del padre dell’analizzata che, a sua volta programmata da questo insieme di immagini filogenetiche, sceglierà un partner sosia del pro-zio e adotterà così il modello sul quale si era spostato il primo oggetto d’investimento della nonna.

Si potrebbe dire che l’Edipo, in quanto insieme di rappresentazioni ed affetti, è un’espressione dell’immagine filogenetica definita:

insieme delle rappresentazioni e affetti

condizionato dall’immagine ideica

che veicola

le esperienze co-pulsionali degli antenati

registrate dal momento dell’ominizzazione

Fermo restando che l’Edipo è sempre lo stesso, per i genitori, per i figli e per gli antenati, e che parlare di Edipo II° (o secondario, o di tipo 2 ) non conferisce alcuna priorità alla legisalazione se non in termini di comparsa nell’entità psicobiologica (uomo) con la quale noi abbiamo a che fare, potremmo sostenere che l’Edipo del genitore può esprimere più aspetti della la filogenecità del fenomeno. 

Il genitore agisce attivamente sull’oggetto conferendogli attributi del suo primo oggetto (Padre o madre che sia , ovvero nonni) il che sarà un rinforzo attivo, una traccia storica individuabile.

La Punizione di Edipo

Se ne ha abbastanza di questo Edipo: cotto in tutte le salse, trattato da “complesso”, “vissuto”, “situazione”, vorremmo tutti che se ne parlasse meno e se ne fosse una buona volta liberati. 

Nel caso della psicosi, per esempio, può sembrare improprio parlare di Edipo nell’accezione classica di “insieme di desideri” nutriti dal bambino in relazione con le figure genitorali: se lo psicotico ha avuto accesso così parziale alla relazione d’oggetto, come parlarne… eppure anche nell’ascolto degli psicotici si trovano tracce dell’Edipo.

L’Edipo è un concetto: Freud l’ha usato perchè fra le storie che l’uomo aveva prodotto migliaia di anni prima e in svariatissime culture, rappresentava bene quello che egli andava verificando nella clinica. 

L’Edipo è una legge che regola i desideri di possesso-distruzione, che indica il desiderio d’incesto, il tabù  la colpa e la punizione: come noto Edipo non si uccide, non si evira, ma si acceca.

In un caso di incesto agito (trattavasi di atti di libidine tra padre e figlia), la giovane S. produsse un compendio di sintomi psicopatologici che, nel corso degli anni portarono alla formulazione di diverse diagnosi:

  • disturbo bipolare tipo maniacale
  • isteria dissociativa
  • schizofrenia d’esordio tipo paranoide
  • disturbo borderline della personalità
  • disturbo affettivo della personalità.

In questo bailamme diagnostico, criteri nosografici classici avrebbero optato per la vecchia isteria. Tuttavia è da considerare che la giovane età della paziente (la vicenda si svolge dai 19 ai 25 anni) potrebbe deporre per una condizione in evoluzione non ancora strutturata. Intuiamo facilmente quanti servizi siano stati coinvolti nella vicenda, oltre a tanti specialisti e strutture private. 

Di fatto la giovane aveva già messo in atto 4 seri tentativi di suicidio e continuava ad esprimere l’idea coatta di essere pericolosamente attratta dalle finestre, “dal vuoto” diceva.

Oltre a questa idea coatta se ne è aggiunta un’altra, più particolare. L’attrazione per un gesto autolesionistico: l’enucleazione dei bulbi oculari. “Non capisco perché l’occhio mi dia fastidio e perché provi come il bisogno di togliermelo con le mani..”

Il rischio di gesti efferati, di agiti autolesionistici particolarmente feroci può segnare, come noto, l’esordio esplosivo della schizofrenia. Esplosivo e cruento, ma non improvviso ché, nei casi sufficientemente documentati è possibile cogliere elementi preesistenti che mascherano talvolta la patologia emergente. Come nel caso seguente.

L’uomo in questione giunge all’osservazione all’età di 52 anni per aver messo in atto un  TS  recidendosi la trachea.

 Miracolosamente salvi i grossi vasi del collo, il paziente sopravvive. 

In precedenza era trattato privatamente con farmaci triciclici perché da circa 5 anni presentava un quadro caratterizzato da preoccupazioni ipocondriache insorte dopo un fallimento lavorativo e, dopo un ricovero internistico, gli era stata diagnosticata una depressione. L’osservazione in SPDC, oltre che in Rianimazione e il ORL, è stata nel complesso abbastanza lunga da permettere la ricostruzione del caso, malgrado la prevalenza dell’impegno somatico determinata dal gesto autolesionistico (tracheotomia, disturbi della fonazione, difficoltà ad alimentarsi ecc). L’idea prevalente e ruminativa era su temi di rovina, con rituali che si concentravano soprattutto sul controllo delle feci e la funzione sfinterica; inoltre il paziente non esprimeva la sofferenza e criticità caratteristiche del Disturbo Ossessivo rimandando un’impressione più psicotica che nevrotica delle sue condizioni.

 Queste osservazioni pragmatiche che, credo tutti noi possiamo fare nel corso del nostro lavoro, conducono invariabilmente a una considerazione: che gli stati psichici, sottoposti ad un’osservazione minuziosa, prolungata ed accurata, fatte salve le prevalenze delle quali non possiamo non tenere conto (anzi con le quali dobbiamo fare i conti), presentano delle vaste aree di interferenze e condivisioni la cui attenta conoscenza può talvolta offrire elementi di valutazione e di intervento dai quali non possiamo prescindere. 

Ed è con sollievo che ho riletto in Scnheider queste poche righe:

“se passiamo da una funzione all’altra ci possiamo ben persuadere che esse non sono parti che si aggiungono e si addizionano….sono invece legate tra loro da numerose ed efficaci relazioni. Anche il botanico, che descrive successivamente forma, colore, caratteri superficiali ecc. di una foglia non pensa che la foglia si possa ricavare dalla riunione addittiva di questi elementi…”

© Gioia Marzi 

Bibliografia:

– Ceccarelli R.: S. Freud: i rapporti con il mondo accademico. In Scienza e psicoanalisi gennaio 2001

– Fanti S.: Dizionario di psicoanalisi e micropsicoanalisi. Borla, Roma, 1984

– Fanti S.: La micropsicoanalisi. Borla, Roma, 1983

– Fanti S.: Il matrimonio. Borla, Roma 1987

– Fanti S.: Il desiderio d’incesto, Borla 1987

– Freud S.: L’interpretazione dei sogni. 1889

– Peluffo N.: Immagine e fotografia. Borla, Roma, 1984

– Sofocle: Tragedie, Nuova Stampa Mondadori, Trento 1984

– Zangrilli Q.: Edipo: rappresentazione antropomorfica del conflitto vitale. Bollettino IIM, n. 22, 1997