Data la pregnanza di significati a più livelli di lettura di cui è ambasciatrice, ho deciso di pubblicare la segnalazione di un mio rilievo psicosomatico fatto a un ospedale del profondo sud della Sicilia appena qualche estate fa mentre mi trovavo in vacanza da parenti.

Lì fui interpellato dalla cuoca che avevamo preso per quel periodo feriale e che conosceva la mia attività, riguardo un grave disturbo convulsivo insorto al nipotino qualche mese prima e il dubbio che la tormentava circa la terapia medica adottata.

Dopo aver parlato con la figlia e osservato la singolare dinamica affettiva intergenerazionale, tra madre, figlia, e figlio della figlia, redigo la presente relazione che riporto integralmente.

LETTURA PSICOSOMATICA SINDROME CONVULSIVA DI (NOME) 8° MESE DI VITA

Dal colloquio con la madre (nome) di 25 anni apprendo che:

La gravidanza è giunta imprevista e indesiderata per paura inerente all’evento parto. In seguito è stata accettata, con spostamento dell’ansia e delle preoccupazioni sulle difficoltà che la gestazione presentava per il rischio di aborto, cosa che ha comportato l’assunzione di un farmaco miorilassante.

Le convulsioni del piccolo iniziano al 3° mese dopo pochi giorni dall’interruzione dell’allattamento al seno, sempre doloroso, in seguito al prosciugamento del latte e alla concomitante insofferenza del bambino.

Il neonato al momento del presente rilievo è da tre mesi in terapia anticonvulsiva iniziata durante la degenza in ospedale, ma ha cessato le convulsioni solo in seguito al rialzo della dose del farmaco da 15 giorni circa.

Sequenza osservata:

Il bambino (puer) passa dalla nonna (mater mater), con cui sta tranquillo, in braccio a me, mi osserva attentamente, serio, forse sta cercando di capire se fidarsi o no, quindi lo passo alla madre (mater puella) mentre parla con me, ma s’innervosisce e si mettere a piangere nonostante le coccole, finché la stessa non lo restituisce a sua madre che lo calma immediatamente e lo addormenta.

Conclusione:

Ritengo che le manifestazioni convulsive siano dovute a scariche della tensione nervosa per riattualizzazione di angoscia fetale in seguito alla recente interruzione del latte materno, interpretato dal piccolo come nuovo rifiuto. Sulla base dell’osservazione fatta, risulta che lo stesso non si senta ancora sicuro con la madre, mentre con la nonna percepisce un fondamento e una base sicura.

Si consiglia l’immediata riduzione del farmaco fino a sospensione totale secondo il programma del clinico, con contemporanea psicoterapia di appoggio della madre per rinforzo dell’autostima e dell’autonomia, in direzione del superamento dell’atteggiamento materno-fusionale basato sull’identificazione.

Questo rapporto, fatto recapitare dalla nonna all’ospedale, ha avuto esito positivo, perchè il farmaco è stato sospeso e il bambino dato temporaneamente in custodia alla nonna, con possibilità da parte della madre si vederlo giornalmente e interagire con lui come fosse la sua tata. Le convulsioni non sono più riapparse e non c’è stata alcuna psicoterapia della madre.

In questo breve intervento mi sono concentrato esclusivamente sullo stato di salute psichica immediata del bambino, escludendo di indagare ulteriormente sul rapporto tra mater mater e mater puella perchè non richiesto. Di cui però sospetto ci sarebbe molto da dire. I padri, consorti di entrambe le madri, sono stati con loro sommo gaudio tenuti fuori dall’avvenimento. Ed anche questo la dice lunga sull’attuale stato di sviluppo della società che ancora si avvale della drammatica separazione dei codoci materno e paterno, per questo molto avanzata razionalmente e tecnologicamente ma sottosviluppata nel tessuto psicosocioemotivo.

© Baldo Lami