Non conoscere la propria origine paterna può creare un senso di vuoto e di incertezza riguardo alla propria identità. La ricerca del padre diventa spesso una ricerca di sé stessi e delle proprie radici, essenziale per la formazione di un’identità completa.

Karl Jasper nella sua opera “Genio e follia” sottolinea come uno dei tratti caratteristici del genio è un’infanzia dove il padre è assente, ignoto o dove il padre non si presenta nell’abitudinaria figura di autorità. Il Genius latino è appunto lo spirito che nutre l’uomo che va oltre all’ordinario. Molti eroi mitologici che non conoscono il loro vero padre incarnano l’archetipo dell’eroe. Questo archetipo spesso include un viaggio di scoperta, prove e sfide che portano alla maturazione e alla realizzazione del proprio destino.

Diversi esempi nella mitologia evidenziano come la scoperta delle proprie vere origini spesso giochi un ruolo cruciale nella costruzione della identità personale, influenzando il destino e le azioni degli eroi coinvolti e sovente accade che l’eroe tragico non sappia chi è il suo vero padre, o che lo scopra solo in età adulta.

Edipo era figlio di Laio, re di Tebe, e della regina Giocasta. Tuttavia, a causa di una profezia secondo cui avrebbe ucciso suo padre e sposato sua madre, fu abbandonato e cresciuto da altri. Scoprì la verità solo in età adulta, dopo aver già ucciso Laio e sposato Giocasta, adempiendo involontariamente la profezia. Ma anche Perseo testimonia la vicenda della paternità ignota in modo esemplare.

Figlio di Zeus e Danae, Perseo non conosceva la sua discendenza divina durante la sua infanzia. Fu solo quando divenne adulto e iniziò la sua missione per uccidere Medusa che venne a sapere della sua vera origine.

Teseo, altresì, cresciuto senza sapere chi fosse il suo vero padre, scoprì solo in età avanzata di essere figlio del re di Atene, Egeo, dopo aver sollevato una pesante pietra sotto la quale erano nascosti una spada e dei sandali lasciati dal padre come segno di riconoscimento.

Il celebre Paride, figlio di Priamo ed Ecuba, re e regina di Troia, fu abbandonato alla nascita a causa di una profezia che diceva che avrebbe causato la caduta di Troia. Fu allevato come pastore e scoprì la sua vera identità solo in età adulta. Fra tutti gli eroi classici il più grande, l’eroe per antonomasia, Eracle (l’Ercole latino) visse una buona parte della sua vita senza sapere di essere figlio di Zeus, venendo a conoscenza della sua discendenza divina solo in seguito. Ma anche nella tragedia “Ion” di Euripide, il protagonista scopre solo da adulto di essere il figlio di Apollo e Creusa.

Quello del padre ignoto inerisce, come abbiamo visto, un Topos che incarna un archetipo iniziatico.

Questo archetipo implica un viaggio iniziatico, e quindi la discesa nell’inconscio, la scoperta di verità nascoste e il confronto con aspetti oscuri della propria personalità. La mancanza della figura paterna, come anche la figura di un padre debole, in termini psicologici può spingere l’individuo a sviluppare una maggiore autonomia e autodeterminazione.

Il personaggio spesso si trova a dover fare affidamento su sé stesso e sulle proprie capacità per superare le sfide della vita e le prove traumatiche.

La tematica dell’identità sconosciuta e della scoperta tardiva del vero padre è presente in molte culture, miti e fiabe.

Questo indica un unico codice dal quale scaturiscono preoccupazioni e dinamiche fondamentali dell’esperienza umana.

Pensiamo al mito di Oreste nel quale la madre Clitennestra uccide suo marito, l’eroe di guerra Agamennone. Clitennestra, temendo la vendetta dei figli, tenta di uccidere anche il piccolo Oreste e la sorella Elettra. Tuttavia Oreste viene tratto in salvo ancora in fasce e nascosto fra i pastori. Solo in età adulta Oreste prenderà coscienza del suo padre assassinato e maturerà il desiderio di vendetta verso la madre-assassina, dando luogo ad uno dei più grandi miti dell’antichità.

Come è noto, la psicoanalisi di Sigmund Freud ha largamente trattato la figura del padre, tracciando il solco di un magistrale quadro della psiche umana. Il “complesso di Edipo” riferito alla paternità sconosciuta può portare al recupero di una propria potenzialità altrimenti inaccessibile. In “Totem e Tabù” (1913), Freud parla del padre-totem inteso come ordine del cosmo, legge e ordine sociale, in tal senso l’Eroe senza padre diviene colui che da sé medesimo costruisce la sua Legge e il suo universo, il suo ordine, la sua verità. Senza una figura paterna conosciuta a definire i limiti e le aspettative, il genio, come l’eroe, può sentirsi libero di esplorare nuovi territori del pensiero e dell’arte, rompendo con le tradizioni e creando qualcosa di veramente nuovo e rivoluzionario. L’agnizione, ovvero il riconoscimento finale, è un tema narrativo tipico dell’epica omerica. Anche Telemaco infatti, figlio di Ulisse, cresciuto senza il padre, rappresenta il giovane in cerca della sua identità e del suo posto nel mondo. La ricerca del padre è anche una ricerca di sé stesso, un tema comune nella formazione del genio e dell’Eroe.

In conclusione, la mancanza di un padre biologico o il suo oblio porta allo sviluppo di una nozione auto-generante in cui il personaggio orfano è costretto a trovare un padre interiore ed infine ad eguagliare questo suo padre intimo con un Padre celeste, a proclamarsi figlio di quel solo e unico Padre che è l’unico a dare la vita: Iddio, l’onnipotente. In questo senso c’è il recupero, quindi il riconoscimento finale, della propria identità assoluta. In fondo la generazione, come anche soleva dire il Dio Apollo nella “Orestea” di Eschilo, appartiene solo al Padre e l’Eroe, come il genio, ha scoperto di avere in sé stesso questo Padre e di essersi, in qualche modo, autogenerato.

© Emanuele Franz