Sommario
Prologo: Frigidaire® e occhi istoriati
Passeggiavo per il centro città conversando con un conoscente, quando mi accorsi che, benché la suoneria fosse attivata, in modo automatico e ripetitivo egli era costretto a controllare visivamente il proprio cellulare, per assicurarsi di non aver ricevuto chiamate . A un certo punto gli chiesi di spiegarmi il motivo di quel comportamento un po’ compulsivo e mi rispose placido che era un tic ereditato da suo padre, il quale, in casa e in ufficio, sollevava metodico la cornetta del telefono per verificare che l’apparecchio fosse in linea e trasmettesse il segnale di “libero”. Immediatamente mi si affacciò alla mente una sequenza di rappresentazioni visive, come una serie di fotogrammi rapidissimi concatenati tra loro: mio padre che ogni sera verificava l’interruttore della luce interna del panciuto Frigidaire® – un pitale decorato da un occhio che avrebbe osservato sardonico le natiche di un ignaro fruitore – il titolo dello scritto freudiano: «Pulsioni e loro destini » – il triangolo che delimitava l’occhio divino dipinto sul frontale della chiesa di quand’ero bambino – la vignetta rappresentante lo stesso triangolo che circoscriveva un occhio femmineo, bistrato col rimmel, pubblicata da G. Forattini dopo che papa Luciani aveva annunciato al mondo che: «Dio è mamma » – l’occhio sezionato dal rasoio di un celeberrimo film di L. Buñuel – Edipo che si acceca – l’occhio simbolo del dio Apollo – l’occhio raffigurato nei geroglifici egizi – un pittogramma preistorico di un occhio inciso in val Camonica. Descritto a parole sembra un processo lungo e complesso ma in realtà si trattò di una serie d’ immagini che apparvero fulminee dentro il pensiero. Si era infranto uno schermo iconico e in quel preciso momento realizzai che tutte quelle rappresentazioni altro non sono che il prodotto sovra determinato di tentativi onirici di soddisfare il desiderio inconscio di mantenere un contatto assoluto (“oceanico”) con l’oggetto tramite lo sguardo, esattamente come avviene nel lattante che si rispecchia nella pupilla materna durante la poppata. Nel fluire del processo di ominizzazione, l’Arte rupestre organizza con le sue immagini istoriate il manifestarsi di entità magiche e trascendentali, per assicurarsi il governo degli eventi, mediante il senso di colpa, il rituale propiziatorio e la costante perlustrazione oculare. O, per meglio dire, per acquisire il dominio totale delle mete-scopi pulsionali ristabilendo l’unione con placenta – cordone ombelicale-seno-ano-fallo, al fine di eliminare i vissuti di castrazione relativi ad ognuno degli stadi di sviluppo (fantasma originario). Fui bruscamente strattonato fuori dalle mie riflessioni dal provvidenziale intervento del mio accompagnatore, che mi trascinò lontano dal centro della strada dove mi ero bloccato. Lo scrutai e gli dissi: «Tra un frigorifero anni cinquanta e un odierno iPhone® c’è un abisso di tecnologia, cambia il supporto ma l’imperativo “guarda e controlla” è sempre lo stesso». Non solo gli debbo riconoscenza per avermi fornito l’input sulla costanza genetica del fenomeno, ma anche per la mia incolumità.
L’ipotesi: libertà e pietruzze colorate
La Paleoarcheologia ha dimostrato come il tentativo intrapsichico di racimolare e custodire oggetti puramente ornamentali e preziosi, quali pietruzze scintillanti, valve o gusci, privi quindi di un’utilità quotidiana pratica e concreta, si presenti circa 200.000 anni fa nel Pre-Sapiens e sia coevo al manifestarsi delle prime entità spirituali e sovrannaturali. In realtà questo fenomeno è molto più antico, siccome proviene dalla filogenesi animale, dove compaiono i prodromi della raccolta e conservazione di minerali rilucenti. Comunque, il fenomeno di procacciarsi o produrre oggetti “visivamente” belli, rari e straordinari che fungano da tramite – offerta con il mondo degli Spiriti per ottenerne la protezione, prosegue nel Sapiens durante tutto il Paleolitico, per consolidarsi definitivamente, nel corso del Calcolitico, nel binomio “divinità-denaro” che perdura stabile tuttora. Dopo di ché, innumerevoli furono i tentativi di azzerare uno dei due valori di tale binomio: per esempio, Pietro Valdo e Francesco d’Assisi hanno cercato di dimostrare come si possano abolire i soldi e vivere soltanto con l’ ascesi spirituale; all’opposto, gli attuali spacciatori di cocaina e Hegde Funds aderiscono totalmente alla tesi dei “diamonds for ever”, celebrando in tal modo la sacralità delle primigenie pietruzze colorate. In ogni caso, l’Umanità (industrializzata e no) nel suo insieme continua a destreggiarsi all’interno dell’oscillazione pseudo- allucinatoria stabilita nell’Età del rame, senza una probabile e realistica possibilità di liberarsi dalle pastoie di questo plurimillenario coacervo di illusioni. Addirittura rinforzandone in modo coatto lo statuto di realtà: la convergenza associativa divinità-denaro, con le sue coerenze di guerra e distruzione, continua ad esercitare il potere illusorio di annullamento di qualsiasi vissuto di castrazione (Edipo). Il fatto è che si tratta d’inganni percettivi primari e fondamentali, intrinsecamente collegati con la sopravvivenza individuale e della specie. L’automatismo istintuale di “mantenere sotto controllo” trasmesso dalla filogenesi animale, diventa ancor più improrogabile e pressante nella Scimmia nuda, esposta a tutte le intemperie e pericoli ambientali e intimamente tormentata dall’urgenza pulsionale. Con l’acquisizione della statura eretta, il meccanismo diventa ancor più complesso, in quanto tutti i sistemi di vigilanza, rivolti all’interno o all’esterno, tralasciano le funzioni olfattiva e uditiva per privilegiare la Visione, regno incontestato e assoluto dell’attività onirica: nel sogno umano, odori e rumori sono molto rari, mentre persistono nei mammiferi inferiori che li sognano in forma di “movimenti” (M. Jouvet)
La tesi: allucinazioni e rebound di vita
La ricerca micropsicoanalitica ha evidenziato come uno dei principali meccanismi di regolazione degli squilibrî somato-psichici che si producono nella relazione madre – feto è l’attività onirica: nei momenti ipercritici di massima tensione, il sogno s’impone come mezzo privilegiato per diseccitare entrambi gli organismi e riportare i due protagonisti della vicenda ad uno stato di quiete relativa. Non solo il feto sogna, ma l’attività onirica fetale si mantiene e perdura al di là della nascita, mantenendo nel lattante il suo potere sedativo. Questo tipo particolare di sogno, denominato “sonno sismico”, si modifica gradualmente e, con la maturazione del Sistema nervoso, si trasforma nelle fasi REM-NREM, comunemente note. Porzioni sempre più ristrette di sonno sismico, tuttavia, persistono durante la vita di veglia del neonato, come meccanismo di regolazione della tensione nei momenti di criticità quotidiana, alimentando e sostenendo quella che, in gergo tecnico, è definita “allucinazione primaria”. Si tratta di un processo di riequilibrio del sistema, necessario al bambino piccolo per diminuire la quantità di eccitazioni spiacevoli e dolorose presenti in una qualunque situazione di stress, e quindi automatismo in sé fisiologico e non patologico. Tramite l’allucinazione primaria, si verifica un vero e proprio sobbalzo (rebound) della pulsione di vita, che tenta di ridurre l’incremento della pulsione di morte, annullando temporaneamente il dispiacere della castrazione orale e uterina. Pertanto, quando, da sveglio, il poppante ha fame e il capezzolo non è immediatamente disponibile, il bimbo lo “allucina”, ossia non esegue semplici e automatici movimenti riflessi di suzione , ma riproduce la rappresentazione mentale dell’oggetto, realizzando un complesso atto psichico, durante il quale la presenza del seno viene ricreata illusoriamente all’interno del sistema percettivo globale (in ordine d’importanza: olfattivo, tattile, visivo, uditivo e gustativo). A questo proposito, la Micropsicoanalisi ha messo in risalto la relazione proporzionale tra andamento gravidico e la necessità di produrre e sviluppare allucinazioni, nel senso che quanto più critico e traumatico sia stato il decorso della gravidanza, tanto più elevata si profilerà l’esigenza di ricorrere all’allucinazione per sopravvivere. Questo equivale ad affermare che la tendenza a rifugiarsi nella dimensione illusoria è una variabile la cui estensione è strettamente dipendente dalle condizioni di gestazione, di parto e di allattamento, oggi come decine di millenni fa. In ultima analisi, è la ricerca del capezzolo onirico, “sine materia”, ciò che si mantiene negli strati più profondi del sistema intrapsichico e, come resto onirico sempre attivo ed efficiente, si trasforma durante le successive fasi anale e fallica in esigenza spirituale, cioè nella predisposizione a proiettare nella realtà esterna visioni di entità magiche e ultraterrene che, sprovviste di corporeità, proteggono l’Uomo dal Trauma. La ricerca di oggetti di valore da offrire al mondo soprannaturale per controllarne la benevolenza o da conservare egoisticamente per dilatare il potere personale, secondo la dinamica del trattenere – espellere delucidata dapprima da E. Jones e poi approfondita da N. Peluffo, si organizza come relativo e coerente corollario co-pulsionale, ipoteticamente funzionale alla sopravvivenza dell’individuo-specie. Così, tutta la vicenda delle pulsioni parziali, connessa alla fissazione narcisistica che tramite lo sguardo tenta di ristabilire la sinapsi feto-materna, la diade madre-lattante e il rapporto madre-figlio, trova nel binomio denaro-divinità un oggetto-scopo sostitutivo sufficientemente strutturato con cui, momentaneamente, può soddisfarsi: lo sfavillio dei preziosi che adornano gli spiriti erompe dal palcoscenico onirico , abbagliando il sistema di vigilanza che lo interpreta come Reale. Il continuum energetico costituito dal sonno sismico – allucinazione primaria si prefigura quindi come la basale risposta difensiva all’accumulo di tensioni interne, originatesi durante le varie situazioni di perturbazione critica. Questo permette non solo di definire la costruzione di tutto l’apparato psichico come un grande meccanismo di conversione dell’energia del trauma in Complesso: l’intero processo di strutturazione del sistema Percezione – Coscienza e quindi i tentativi di trasformazione che ne conseguono, si configura come uno “sciame” di eventi intrapsichici derivati dall’elaborazione di resti onirici. L’attività Sonno – sogno si pone quindi come regolatore del progresso umano e dei suoi fallimenti, nel senso che soltanto le informazioni che riescono a superare il duplice chiavistello della censura onirica (Rimozione originaria) verranno elaborate negli strati più profondi dell’Io inconscio, secondo i meccanismi di identificazione-proiezione primaria. Saranno quindi processate, riallineate, adattate, conformate, ricombinate e rese compatibili con il Sistema Secondario, che reagisce unicamente tramite la complessità della sovradeterminazione e la ridondanza della ripetitività. Tutto il resto è e rimane Es.
Questo lavoro è dedicato alla Dott.ssa Manuela Tartari per ringraziarla del suo prezioso aiuto.
© Pier Luigi Bolmida
Pier Luigi Bolmida, Specialista in Psicologia Clinica e Patologica, Università Paris V, Formatore in Psicodiagnosi presso le A.A/S.S./L.L. della Regione Piemonte
Nel 1976, in occasione del suo Dottorato di ricerca, partecipa come rorschachista all’équipe della Clinica S.Anne de Paris diretta dal Prof.Pichot alla messa a punto dei Sali di Litio per la cura delle Depressioni Unipolari
Viene nominato nel 1984 presso le U.S.L. di Torino come Formatore Responsabile di tutte le Équipes per la diagnosi dei disturbi mentali e tossicodipendenze
Nel 1986 introduce ufficialmente l’uso del Test di Rorschach in Psichiatria forense, dove verrà regolarmente utilizzato nei casi di separazione legale, abusi e violenze su Adulti e Minori, e nella valutazione precoce del pericolo di Tossicomania in soggetti pre-adolescenti e adolescenti.
Il Dott. Bolmida si è spento a Torino nel dicembre 2020