La scoperta del sistema specchio, nel campo della neurofisiologia, ha permesso di sottoporre a verifica sperimentale la capacità di comprensione delle intenzioni degli altri. Come mai questa scoperta è considerata molto importante dalla comunità scientifica internazionale?

Secondo Rizzolatti si tratta di un cambiamento riguardante la “concezione del sistema motorio che per decenni attribuiva alle aree motorie della corteccia cerebrale un ruolo puramente esecutivo: tradurre in movimenti le informazioni che il nostro cervello elabora, integrando gli stimoli sensoriali e le rappresentazioni mentali” 1 . Alla luce delle ricerche condotto sul sistema dei neuroni specchio, l’intero sistema motorio ha subìto una trasformazione dal punto di vista concettuale, passando da un’immagine molto semplificata ad una di maggiore complessità, in cui prevale una divisione meno netta delle aree cerebrali frontali e parietali, fino a formare un vero e proprio mosaico.

Le intenzioni degli altri

La comprensione delle azioni compiute dagli altri è il meccanismo su cui si basa buona parte della nostra vita sociale.  Alla base della nostra capacità di comprendere le azioni degli altri c’è la cosiddetta “teoria della mente”, ovvero la capacità di inferire gli stati mentali altrui 2 . Grazie a questa capacità metarappresentazionale, il comportamento degli altri acquisisce significato, dotando l’osservatore dell’abilità di “leggere” la mente altrui. Se nel passato, in riferimento agli esperimenti sulle scimmie, si era portati a sottolineare l’aspetto imitativo dell’azione, oggi invece si tende ad evidenziare che i neuroni specchio riflettono un’attività potenziale già presente nel repertorio motorio della scimmia, meccanismo che permette la comprensione del significato degli eventi osservati. Inoltre, il riconoscimento del significato delle azioni non richiede necessariamente un ragionamento, ma si basa su una combinazione di atti percettivi e motori. Più recentemente, la capacità di comprensione delle azioni, dovuta ai neuroni specchio, è stata estesa anche alla possibilità di inferire le intenzioni degli altri. Nel cervello della scimmia ad esempio, mentre questa osserva lo sperimentatore, si assiste all’attivazione di una serie di concatenazioni motorie ritenute capaci di effettuare previsioni e anticipazioni circa l’esito dell’azione osservata.

I ricercatori, quindi, ipotizzando la presenza di un analogo meccanismo anche nell’uomo, effettuano una lunga serie di studi e ricerche in campo elettrofisiologico utilizzando metodi di visualizzazione dell’attività cerebrale quali la risonanza magnetica funzionale. Con la scoperta dei neuroni specchio anche nell’uomo, tuttavia, emerge una maggiore ricchezza e complessità di funzioni rispetto a quanto avviene nella scimmia. Oltre alla capacità di comprendere le azioni e le intenzioni, il sistema dei neuroni specchio è responsabile anche di processi imitativi quali la replica intenzionale delle azioni osservate oppure l’apprendimento di nuove azioni. Come specifica G. Rizzolatti: “l’attivazione di questi neuroni permette la comprensione immediata del significato intenzionale delle azioni degli altri senza la necessità di ogni esplicita o deliberata mentalizzazione” 3 . Questo nuovo modello concettuale non pone più delle rigide barriere tra le differenti funzioni quali la percezione, l’azione e la cognizione, ma suggerisce che solo grazie ad un approccio motorio all’intenzionalità è possibile una comprensione globale di tali meccanismi. La capacità di riconoscere immediatamente il significato intenzionale di un atto motorio ci rende in grado di spiegare le azioni degli altri in termini di credenze o desideri. Parimenti non potremmo spiegare il comportamento altrui in termini di intenzioni, e immaginare le conseguenze, se non fossimo in possesso delle conoscenze motorie che regolano le rappresentazioni coinvolte sia nelle azioni esecutive sia in quelle comprensive. Più semplicemente, le azioni compiute da una persona – singolo atto o concatenazione di atti motori – acquistano per noi un significato,  che lo si voglia o meno, e a prescindere da ciò che la persona in questione ha in mente. Il discorso è valido anche in senso opposto: volenti o nolenti, le nostre azioni possiedono un significato immediato per coloro che ci osservano.

Emozioni in comune

Oltre alle azioni e alle intenzioni, altri importanti fattori, quali ad esempio le emozioni, ci mettono in relazione con gli altri. L’empatia è quel meccanismo capace di mettere la nostra mente in risonanza con quella altrui grazie alla presenza di alcuni specifici sistemi di neuroni specchio, capaci di interessare determinate emozioni primarie quali il disgusto o il dolore. Numerosi studi effettuati in anni recenti hanno permesso di specificare alcune regioni cerebrali che mostrano un forte coinvolgimento nelle reazioni di disgusto a stimoli gustativi e olfattivi, assegnando un ruolo chiave all’area corticale chiamata insula. Wicker e collaboratori hanno dimostrato che se vediamo una persona mentre produce una smorfia causata dal disgusto per una sostanza sgradevole, siamo colpiti dalla stessa sensazione. Questo fenomeno è reso possibile grazie all’attivazione delle stesse aree cerebrali utilizzate quando proviamo in prima persona quella emozione 4 . Recentemente è stato scoperto che l’insula è coinvolta nella ricezione sia dei segnali chimici esterni, come l’olfatto e il gusto, sia in quelli che si riferiscono agli stati corporei interni. La porzione anteriore dell’insula, in particolare, è indicata quale centro di integrazione delle afferenze viscero-motorie. Nell’esperimento di Wicker e colleghi i soggetti vengono prima sottoposti a stimolazioni olfattive, sia disgustose che piacevoli; nella seconda parte invece le stimolazioni sono di tipo visivo, con scene riguardanti persone nell’atto di annusare differenti sostanze sia maleodoranti che piacevoli o neutre. I risultati della ricerca indicano che in alcune aree lo stimolo olfattivo produce una risposta emotiva e che tali zone coincidono con quelle reclutate anche dallo stimolo visivo. Grazie a questo meccanismo i soggetti dell’esperimento sono immediatamente in grado di riconoscere, tra le facce viste nei filmati, le espressioni di disgusto.

Simulazione incarnata

La condivisione delle azioni, delle intenzioni, delle emozioni degli altri è resa possibile grazie alla condivisione dei meccanismi neurali di base. Questa forma di comprensione, che avviene in forma diretta, senza mediazioni, senza consapevolezza e in modo automatico, viene definita da V. Gallese – neurofisiologo dell’Università di Parma – “simulazione incarnata”. L’ipotesi proposta dall’autore considera questo meccanismo di simulazione la base comune per le relazioni sociali. A differenza della Teoria della mente, le rappresentazioni non sono sempre necessarie, mentre invece le esperienze reali vengono simulate quasi automaticamente mediante reazioni corporee. Questo meccanismo è reso possibile, dal punto di vista della neurofisiologia, grazie all’azione del sistema dei neuroni specchio. Nell’affrontare i correlati neurali della cognizione sociale 5 , l’autore pone l’accento sulla necessità di un’attenta valutazione per quanto concerne determinate ipotesi pronte a creare nuovi moduli cerebrali dedicati in modo specifico alla “lettura della mente” o ad altre abilità sociali di tipo cognitivo, come spesso avviene a livello della cosiddetta “psicologia ingenua” (o psicologia del senso comune). Il tentativo di scoprire i meccanismi della cognizione sociale mediante la localizzazione delle intenzioni, credenze e desideri, non è, secondo Gallese, la strategia migliore. Quanto invece emerge dalla ricerca suggerisce che nel cervello dei primati, il sistema premotorio in generale, e in modo particolare il sistema dei neuroni specchio, costituisca la base di diversi aspetti cognitivi delle relazioni sociali: la comprensione delle azioni, delle intenzioni, fino ai meccanismi di elaborazione del linguaggio.

© Alessandro Mura

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Riferimenti bibliografici:

Rizzolatti G, Sinigaglia C. So quel che fai, Il cervello che agisce e i neuroni specchio. Raffaello Cortina Ed., Milano, 2006.

Note:

1  Rizzolatti G, Sinigaglia C. Capire senza pensare. La Stampa, 4 ottobre 2006.
2  La “teoria della mente” si riferisce sia alla capacità di inferire gli stati mentali degli altri, vale a dire i loro pensieri, opinioni, desideri, emozioni,  sia all’abilità di usare tali informazioni per interpretare ciò che essi dicono, attribuendo significato e prevedendo il loro comportamento. Secondo gli autori tale processo ha luogo normalmente verso i 3-4 anni. Baron-Cohen S, Leslie AM, Frith U. Does the autistic child have a “theory of mind”? Cognition. 1985 Oct;21(1):37-46.
3  Rizzolatti G, Sinigaglia C. Mirror neurons and motor intentionality. Functional neurology 2007 Oct-Dec;22(4):205-10.
4 Wicker B, Keysers C, Plailly J, Royet JP, Gallese V, Rizzolatti G. Both of us disgusted in My insula: the common neural basis of seeing and feeling disgust. Neuron. 2003 Oct 30;40(3):655-64.
5 Gallese V. Before and below ‘theory of mind’: embodied simulation and the neural correlates of social cognition. Phil. Trans. R. Soc. Lond. B. Biol. Sci. 2007 Apr 29;362(1480):659-69.