Recensione di Teresa iole Carratelli
In questo libro intelletto e affetti sono ben coniugati nelle riflessioni sul mestiere solitario dello psicoanalista che si svolge a tu per tu con il paziente, quando egli ricerca un incontro all’insegna del rigore e dell’autenticità, costellato da momenti di dubbio e di angoscia sulla capacità o meno di restare fedele ai fondamentali della Disciplina . A partire da certi” riti di iniziazione” della formazione dello psicoanalista fino all’apprendimento del mestiere e al suo esercizio a volte omologato con adesione scolastica all’ortodossia psicoanalitica, il lettore viene sollecitato a non confondere l’amore per la Psicoanalisi che anima l’autore in tali passaggi di critica con il rinnegamento degli insegnamenti di Freud. La Psicoanalisi tra arte e scienza è certo un mestiere pericoloso come “ quello del palombaro che si cala a grandi profondità tra vorticose correnti, rischiando un embolo e l’incontro con gli squali”. Il sottotitolo riassume la complessità degli affetti , dei conflitti che l’analista si trova a sperimentare assieme al paziente e di quei cosiddetti “ resti” non sufficientemente analizzati che si possono attivare in sé stesso . Freud parlava di una professione impossibile riferendosi all’analizzare , come quella del governare e dell’educare . E lo scrivere attorno al viaggio analitico è un atto coraggioso ,animato dalla pietas verso l’umanità dello psicoanalista che è teso con il suo paziente a ricercare le verità psichiche latenti , ma anche a ri- settare di continuo le proprie , con un vero travaglio interiore e un certo coraggio nel mettere a nudo pubblicamente la complessità del suo pensare, sentire , interpretare, dire e non dire, costruire e ri-costruire , talvolta sbagliando , cadendo e rialzandosi nel corso della sua pratica clinica.
L’autore sceglie un genere narrativo che ricorda il romanzo biografico e l’uso del linguaggio chiaro, fluido , vicino alle esperienze emozionali descritte , è esemplificativo e piegato a presentare in modo semplice concetti analitici complessi alla base della prassi analitica . In Masina “lo scrittore che è nell’analista” e “l’analista che è nello scrittore” sono attenti nel presentare vari frammenti di una storia analitica sul filo di possibili e frequenti sconfinamenti affettivi tra paziente e analista , quando l’analista prova ad avvicinare un materiale psichico incandescente , remoto e privato , sia nel momento relativo all’intendersi tra i due attori della scena nel qui e ora , sia in quello del comprendere su come e perchè quella “cosa psichica” venga messa in atto, drammatizzata e espressa in parole.
Il romanzo tratta della storia del “dottore”, l’analista Lorenzi , della paziente Lavinia e del paziente Giulio , nel difficile viaggio analitico che si trovano a percorrere e i vari snodi da sciogliere in questo incontro intimo , bidirezionale e pluridimensionale : tra Sé e altro da Sé, tra conscio e inconscio, tra corpo e mente , tra interno e esterno , tra fantasia e realtà esterna.
Come nei sequel del film in tv In Treatment il lettore attraverso le vicende cliniche di Lavinia e il suo “dottore” è accompagnato a comprendere questioni concrete e i vari significati correlati per la storia di quella data paziente : l’alleanza di lavoro con la definizione del ritmo , durata delle sedute, il significato del denaro nello scambio paziente – analista , il come fronteggiare le resistenze , il come
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sperimentare il transfert da parte dei pazienti e del “dottore “e della ( di lui ) risposta emotiva globale agli accadimenti in seduta.
Il dottore Lorenzi si rivela un personaggio simpatico nella sua umanità, ora preoccupato, ora spiazzato dai più disparati fenomeni di intersoggettività tra lui e i suoi pazienti , ma abbastanza capace di salire e scendere tra i vari livelli della psiche in sè stesso e in loro e che l’analizzare silenzioso e ricettivo comporta .
Il” dottore” e lo scrittore si incontrano in un’area transizionale assieme al lettore di questo libro per trovare forme di pensiero e di linguaggio in cui processo secondario e primario risultano nella loro complementarietà vitalizzanti la comunicazione su quanto accade e di come l”Infantile” e l’Adolescenziale” nell’Adulto vadano riattivandosi sia nel “dottore” che nei suoi pazienti. Interessante è il passaggio in cui il lettore viene invitato a riflettere sulle varie forme della cornice, “ della stanza “ dell’analista e dei suoi arredi, che, come è noto, danno indicazioni al paziente sulla ” persona reale “di chi siede dietro di lui e alimentano, allo stesso tempo, le fantasie del paziente stesso . In un’ottica intersoggettiva che configura la trama del romanzo , altrettanto efficaci sono i momenti in cui il dottore Lorenzi illumina al lettore la molteplicità delle proprie fantasie sul viaggio analitico con quel dato paziente: ora come “un vagabondo perso nello spazio siderale dell’inconscio” , ora “il capitano di una complessa astronave, sulla sua poltrona- ponte di comando “, ora una guida matura che fa i conti con la propria vecchiaia nel sentirsi meno capace di fare appello al proprio spirito combattivo.
Il dottor Lorenzi è comunque audace nel descrivere in modo disarmante in quante situazioni si può perdere l’atteggiamento analitico e poi recuperarlo nel corso dell’analisi , come chi dispone di un buon dispositivo analitico se e vero che ha sentito il suo percorso di formazione, come un avventuroso iter di illusioni e di delusioni, sempre restando animato dalla tenacia ad acquisire la conoscenza teorica e pratica della sua Disciplina.
La passione per il narrare anima “il dottore” e lo spinge ad accettare che “lo scrittore “ che è in lui metta a nudo la tragica fatalità quando l’amore di transfert si sviluppa in modo bidirezionale trovandolo fragile in piena crisi personale e famigliare , Egli riconosce senza infingimenti di essere coinvolto nel sentimento intenso che Lavinia nutre verso di lui. Ombre e luci oscurano e tornano a illuminare la condotta del “dottore” descritto, suo malgrado, confuso e disorientato, fino all’epilogo del romanzo , che sconcerta chi legge per come ne è stigmatizzato il crollo della funzione analitica. Egli risulta non solo travolto dall’attrazione sessuale per la paziente Lavinia. ma incredibilmente risentito per la liaison amorosa che la donna ha realizzato in segreto con Giulio, l’altro paziente del dottore, nei paraggi in attesa della sua seduta nell’ora successiva. Intensa e, allo stesso tempo, dotata di una avvincente narrativa , è la scena in cui “il dottore perde il suo atteggiamento analitico affrontando in seduta Giulio per avergli mantenuto “il segreto” del legame con Lavinia e poi c’è il sentirsi in colpa e incredulo del suo agito. Sono passaggi drammatici nel partecipare alla confusione, al groviglio emotivo del dottore intrappolato in questo inedito triangolo amoroso, giocato dentro e fuori l’analisi. La narrazione impietosa dello scrittore verso “il dottore”, le sue notti insonni sono indici di una sofferenza interiore, ma anche un tempo da cui ripartire dipanando i fili imbrogliati e riavvolgendoli in ordine con lenti atti di responsabilità e di riparazione verso i propri pazienti e la propria professione. La mia reazione proprio di un’analista dallo stampo conservatore è stata quella di una forte preoccupazione per “quel dottore”, che è dentro ciascuno di noi, per cui per vari
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momenti della lettura ho perso il “come-se” finzionale insito nella fruizione discreta di un romanzo. Come è possibile – mi sono chiesta turbata – che” il dottore “sia scivolato dall’altro lato del divano e non abbia suggerito allo scrittore l’opportunità di preiscrivere una tranche analitica presso un collega , come è prassi abituale ? Il “dottore”, che nel romanzo ha una certa età, preferisce scegliere la via dell’autoanalisi. Come oggi in gergo si dice , senza “spoilerare” oltre l’epilogo del romanzo nei suoi dettagli , anticipo solo che con umiltà e fatica “il dottore” ritrova alla fine le proprie funzioni analitiche , ancorandosi alla sua buona capacità di interpretare i propri sogni ,come quello del Minotauro . Egli passa poi a riconoscere, elaborare e a restituire ai propri pazienti il significato di quanto è successo, evitando i cedimenti della self disclosure o, in senso lato, di fare “tagliare la testa” all’analista al lavoro. Sono pagine drammatiche di sofferenza che il dottore incautamente infligge ai suoi due pazienti , ma alla fine mostra di saper ricondurre al servizio della comprensione del processo terapeutico il turmoil affettivo , che l’ha fatto scivolare dall’altro lato del lettino, riuscendo a garantire a sé e ai suoi pazienti il ripristino della cornice analitica.
Nel capitolo dal titolo “ La farfalla robot ”ho trovato pregevoli le riflessioni del dottor Lorenzi sul processo terapeutico di Lavinia documenti e come la Psicoanalisi si articoli tra momenti di stallo e quelli di trasformazione creativa del proprio Essere, che la stessa paziente segnala all’analista parlando in modo traslato della sua iniziativa di allevare delicate farfalle nel giardino della sua casa. Così la donna è facilitata dal suo “dottore” a metaforizzare le varie fasi della trasformazione di Sè, sia pure con il linguaggio dei lepidotteri ! E Lavinia gradualmente mette sullo sfondo le sue difese seduttive di facciata e si apre a nuove rappresentazioni simboliche di Sé, risultando gradualmente disposta a sperimentare il dolore delle sue “mutazioni” finora fallite, anziché intìmare gratificazioni concrete nei confronti della persona del suo analista.
“L’analista nello scrittore“ all’alba del terzo millennio è più disposto a comunicare senza infingimenti da un lato, se e come il contributo del mestiere dello psicoanalista con incontri ravvicinati di terzo tipo alimenti da dentro le Mura lo scetticismo verso la professione della Psicoanalisi, quando è esercitato con aspetti trasgressivi e fuori controllo ; dall’altro se, non vada sottodimensionata da numerosi analisti l’influenza avversa che da fuori le Mura esercitano altre correnti scientifiche , sostenute dalle Comunità accademiche nel profetizzare la nostra Disciplina a rischio di estinzione. Se è vero che i nostri pazienti sono cambiati, il nostro dispositivo teorico e clinico non può non includere nel lavoro rigoroso di molti psicoanalisti alcuni nuovi parametri da continuare a sperimentare nel pieno rispetto della Tradizione. Da una parte “la speranza che abbiamo di durare” sta nel lavoro costante degli analisti di affinare il cosiddetto Tripode che caratterizza la formazione degli analisti senza sconti o scorciatoie , in modo che il dispositivo possa fare i conti con le sfide delle nuove patologie di pazienti cosiddetti “antianalizzandi” . Tra i cambiamenti di una Società oggi che, fluida, rincorre l’omologazione anziché il divenire del Soggetto e l’inscindibile nesso tra processi consci e inconsci, vanno annoverate le ragioni culturali e socio- economiche che rendono l’approdo alla terapia analitica di questi pazienti sempre più difficile e discontinua. Tra l’altro c’è da considerare la base rocciosa della loro personalità che è l’inerzia delle loro passioni tristi , la compulsione ad esternare al posto della elaborazione psichica, la tendenza alla poli-somatizzazione , ai comportamenti imitativi dell’”apparire per Essere”, che eludono la sofferenza mentale non ricorrendo ai processi di rimozione , ma a quelli di forclusione e di elusione del Soggetto inconscio. .
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Ci possiamo chiedere quanto in questo romanzo “il dottore che è nello scrittore” si sia sentito sostenuto da quest’ultimo nel poter avvicinare con coraggio temi delicati, affrontati e discussi prevalentemente nella Comunità analitica , ma poco affidati alla scrittura divulgativa del romanzo, di cui è difficile seguire se e come il lettore entri in rapporto con il materiale troppo o troppo poco incandescente e l’uso che ne possa fare .
Un libro questo che elicita forse in chi lo legge più di un pensiero critico e controverso, ma che va comunque rispettato come testimonianza del Disegno d’Amore per la Psicoanalisi da parte del suo autore . Un Amore che quando non è espressione prevalente di idealizzazione cerca di rappresentarne le contraddizioni e tollerare di passare tra lo Scilla e il Cariddi dell’ambivalenza ideo- affettiva a partire da quella dello psicoanalista , proprio di chi la vive e la riconosce, ma che spesso non viene messa così a nudo dai report dei casi clinici .
C’è infine quella tensione ideo-affettiva nelle differenti Comunità psicoanalitiche sulle varie forme di amore per la Psicoanalisi e nella lotta per chi detiene il Sapere potenziale e inesauribile dell’Eredità Freudiana e della sua Rivoluzione conoscitiva dell’uomo. Tensione ideo-affettiva sofisticata sia quella esplicita nei vari scritti classici della letteratura analitica, che ci è pervenuta fin qui, sia quella implicita e non, che può essere intercettata, nel tessuto interstiziale relazionale tra i Soci e negli scambi tra le varie Società o Associazioni psicoanalitiche e che , se piegata alle logiche del potere istituzionale, indebolisce l’impegno pioneristico del Conoscere attraverso l’esperienza emotiva e il senso di appartenenza dei singoli membri alla Casa Comune.
Roma 8 Marzo 2020
© Teresa iole Carratelli