Il blog è morto? A guardare la moltiplicazione di social app nate negli ultimi 10 anni sul Web, si potrebbe rispondere con un’affermazione. Facebook, Twitter, LinkedIn, Flickr, Instagram, YouTube, Medium (solo per citare le più rilevanti) hanno frammentato il vecchio sito web personale in tante piattaforme specializzate che dal blog hanno assunto alcuni tratti e alcune funzionalità di base (l’ordine cronologico inverso, i commenti, i permalink) ma dal blog si sono distaccate verticalmente, offrendo ognuna caratteristiche e fun
zioni specifiche che ne hanno favorito un’adozione ancora più di massa.
Con i social network, il blogger ha guadagnato una strada verso il mainstream, ma ha perso unità di spazio, libertà e indipendenza. Perché adesso sono le logiche editoriali, commerciali e finanziarie delle società padrone del Web 2.0 (e dei loro algoritmi) a gestire dall’alto modi e strategie di diffusione della produzione di contenuti dal basso.
Esiste però ancora uno spazio per il Web libero, il Web dei feed RSS e dei blog, ed è lo spazio dell’open-source, del PHP, dell’HTML, dei CSS, di WordPress.org.
È in questo Web libero che la voce inedita e personale di un blogger può davvero ancora affermare, controllare e condividere la gestione dei suoi contenuti, uscendo dalle gabbie dorate delle social app. Applicazioni open-source come WordPress possono infatti essere sfruttate per riguadagnare un grado di controllo, possesso e coerenza di quanto oramai inevitabilmente disseminiamo senza ordine nei nostri passaggi e nelle nostre scritture sui social network. In questo senso, I Am: Remix Your Web Identity (Cambridge Scholars Publishing, 2015) di Paolo Sordi descrive un nuovo modo di essere un blogger: un aggregatore di frammenti alla riconquista della propria identità.