Sommario
Nel suo ultimo editoriale Nicola Peluffo chiama Bimbo, quella parte dell’adulto in cui rimangono incistati i residuati dell’infanzia. Tali residui non riguardano solo le tracce mnestiche di vissuti, in forma di rappresentazioni ed affetti ma anche la modalità cognitiva con cui sono stati registrati. L’esperienza percepita e vissuta dal bambino, un bimbo piccolo in età prescolare, non è una realtà compresa ed analizzata attraverso la logica formale dell’adulto, né con le modalità del pensiero reversibile del bambino più grandicello. Nel bimbo l’animismo, il realismo e l’artificialismo portano ad equazioni di pensiero ed a costruzioni della realtà ben diverse da quelle di un adulto o di un bambino in età scolare.
Peluffo (1996) afferma: “ I sistemi di spiegazione che l’adulto crea in un sogno, non sono certo basati su una logica formale, ma piuttosto su una espressività concettuale simile a quella di “ Alice nel paese delle meraviglie”. I problemi sono complicati e semplificati allo stesso modo e i cambiamenti di scena non tengono assolutamente conto dei legami di causa ed effetto della logica aristotelica. Questo non vale solo per i sogni, bensì anche per le fantasie, purché le si sappiano almeno riconoscere ed accettare non come entità estranee, ma come residuati della nostra protostoria e preistoria individuale, residuati basati su una preistoria collettiva e che compaiono improvvisamente come risposte associative o induttori associativi presenti nella vita quotidiana”. 1
Il pensiero del bimbo in età prescolare è molto diverso dalla logica dell’adulto, nei bambini piccoli non esiste la logica di causa ed effetto, il concetto di casualità, il predominio del dato percettivo porta il bambino a spiegazioni di eventi esterni ed interni (ad esempio i sogni) che appaiono bizzarri e incoerenti all’adulto ma che sono vere e proprie realtà per il bambino.
Secondo Peluffo in ognuno di noi persistono attive le vestigia della nostra storia ontogenetica: i Bimbo. Tra queste un posto d’eccellenza è occupato dalle istanze ideali dell’Io e dal Super-Io.
Riprenderò le definizioni psicoanalitiche dell’Io ideale, dell’Ideale dell’Io e di Super-Io, confrontandole con gli stadi di sviluppo cognitivo in cui queste istanze nascono e si organizzano. Spero che ciò permetterà di comprendere meglio gli aspetti “arcaici” di queste istanze, la loro impermeabilità alla logica ed alla morale tipica dell’adulto ma estranea al bambino piccolo.
L’Io ideale
L’Io ideale ha la sua genesi nella relazione fusionale del lattante con la madre. È l’istanza ideale più arcaica, Freud la definisce il surrogato del narcisismo perduto della prima infanzia.
Per Numberg (1932) è un ideale narcisistico di onnipotenza che comporta un’identificazione primaria (si potrebbe parlare di introiezione) con un altro essere anch’esso investito di onnipotenza: la madre.
L’Io ideale è quella struttura che contiene le tracce dei vissuti onnipotenti narcisistici riguardanti la diade madre – lattante nel periodo fusionale. Quando l’Io si trova in uno stato di impotenza nella gestione dei desideri e nella loro realizzazione l’Ideale dell’Io onnipotente fa vivere l’impossibilità come ferita narcisistica.
Rivediamo brevemente lo sviluppo psicomotorio del primo anno di vita, secondo Piaget.
Fino a 3 mesi il bambino funziona secondo reazioni circolari primarie: determinati risultati, prodotti casualmente sul proprio corpo (per esempio produzione-audizione di suoni, coordinazione prensione – suzione) vengono fatti “durare” mediante ripetizione. Si tratta di movimenti semplici centrati su loro stessi, destinati a trattenere solo il perdurare del loro funzionamento senza alcun aggancio al mondo esterno: gli stimoli sono vissuti come semplici modificazioni di stati di coscienza e non hanno la qualità di oggetti.
Tra i 3 e i 12 mesi appaiono le prime condotte intenzionali definite reazioni circolari secondarie. I movimenti non sono più centrati sul consolidare tramite ripetizione sé stessi ma sono centrati su un risultato prodotto nell’ambiente.
Le reazioni circolari secondarie nascono dal fondersi in uno schema più complesso di schemi motori e visivi semplici. Il bimbo si rende conto man mano che ciò che ha visivamente percepito (es. il dondolio della giostra appesa al lettino) è dato da un suo movimento. Questa comprensione da luogo ad una reazione circolare immediata (es. la visione della giostra scatena il movimento). A questo atto seguono atti successivi di assimilazione generalizzata: il bambino applica gli schemi scoperti a oggetti diversi e nuovi. Non vi è affatto esplorazione, la visione di un oggetto nuovo scatena la produzione di tutta la serie di schemi sensomotori appresi.
Solo dagli 8 ai 12 mesi comincia ad apparire una sorta di sperimentazione e il tentativo di accomodamento all’oggetto. Questo porterà alle reazioni circolari terziarie caratterizzate dalla sperimentazione volontaria di mezzi diversi da quelli conosciuti e dalla realizzazione rapida di adattamenti intelligenti.
Rispetto all’oggetto, fino agli 8 mesi, la permanenza dell’oggetto è soggettiva, l’oggetto è ancora incorporato all’azione, è una componente inscindibile, sensoriale della reazione circolare secondaria.
L’arcaicità dell’Io ideale ben si adatta all’ “arcaicità” del funzionamento delle reazioni circolari primarie e secondarie. L’onnipotenza narcisistica sembra ben funzionare e non essere in dissonanza in un periodo in cui predomina il processo di assimilazione a discapito dell’accomodamento. L’oggetto non esiste se non come appendice non ancora discriminata di uno schema motorio.
Il super-Io
Per ragioni di spazio mi limiterò ad una definizione estremamente sintetica.
Il Super-Io è l’istanza psichica che comprende quelle che possono essere definite le funzioni morali: approvazione o disapprovazione di azioni e desideri, autosservazione critica, autopunizione, esigenza di riparazione.
Secondo Freud nasce dall’internalizzazione degli aspetti morali delle figure genitoriali in fase edipica, o, per meglio dire, dall’internalizzazione delle rappresentazioni che il bambino ha della morale dei genitori. Questa specificazione è importante, il bambino spesso vive il genitore come potenzialmente più vendicativo e punitivo di quanto in realtà non sia proiettando su di questi i propri impulsi aggressivi e distruttivi. Quando questa immagine verrà introiettata, per la costruzione del Super-Io, sarà il “genitore punitivo” fantasmizzato che verrà interiorizzato e non il genitore reale.
Il Super-Io è in gran parte inconscio e funziona secondo le modalità del processo primario.
Freud sottolinea come viga, nel Super-Io la legge del taglione: la punizione per un malfatto consiste nel far soffrire a colui che l’ha compiuto, la stessa ingiustizia che ha inflitto: la famosa legge dell’occhio per occhio.
Inoltre vi è un’assoluta mancanza di discriminazione fra desideri ed azioni: il Super-Io punisce in eguale modo gli uni e le altre.
Vorrei soffermarmi proprio su questi ultimi due punti vedendo come ciò che si conosce sullo sviluppo dei concetti morali nel bambini di 4-5 anni ci può aiutare per comprendere l’arcaicità di questa morale.
Riguardo al primo punto basta osservare l’interazione aggressiva di due o più bambini in età prescolare: la risposta ad un’aggressione è l’esatta replica all’azione subita. Ad uno spintone si replica con uno spintone, ad un calcio con un calcio. Virtualmente il litigio non finirebbe più, l’azione di uno sollecita la reazione dell’altro, quest’ultimo replica all’offesa con una reazione uguale e contraria e così via in una vendetta senza fine.
Rispetto al secondo punto vediamo cosa dice Piaget rispetto alla costruzione della nozione di pensiero.
Fino ai sei anni i bambini dichiarano che si pensa con la bocca. Il pensiero è confuso con la parola, ma, a quest’epoca, la parola non è un segno convenzionale bensì un attributo sostanziale dell’oggetto che designa: il bambino, a quest’età, spiega che il sole si chiama sole perché è giallo o caldo, ecc.
Scrive Piaget: “La realtà fisica può benissimo a questo stadio restare penetrata da intenzione, da psichismo, ecc., così come il fanciullo può benissimo ignorare ancora il proprio pensiero o concepirlo come una voce materiale.” 2
Il pensiero, come il sogno, è qualcosa che alla natura del reale e dell’esterno, non una produzione interiore. Il pensiero è una realtà, il sogno una realtà e ben possibile che questo statuto di realtà sia dato anche al desiderio.
Ideale dell’io
Secondo Freud (1921) l’Ideale dell’Io è un’istanza risultante dalla convergenza del narcisismo (idealizzazione dell’Io) con l’identificazione con i genitori, i loro sostituti, gli ideali collettivi.
Le identificazioni che portano alla costruzione dell’Ideale dell’Io sono identificazioni con personaggi idealizzati, vale a dire, le qualità e il valore dell’oggetto interiorizzato sono portate al grado di perfezione. Secondo Freud, il senso di inferiorità deriva proprio dal confronto – scontro tra l’Io e l’ideale dell’Io: l’Io tende a conformarsi all’ideale dell’Io ma non riesce mai a raggiungerlo.
Come per il Super-Io esistono precursori di questa istanza già nel periodo orale ed anale ma la definitiva strutturazione avviene con i tramonto del complesso edipico.
È l’Ideale dell’Io il responsabile dei sensi di inadeguatezza, quelli che ci portano a non sentirci mai
abbastanza capaci, adeguati.
La stessa rigidità del Super-Io la troviamo nell’Ideale dell’Io, anch’esso punisce senza remissione, spesso senza tenere conto delle circostanze in cui avviene l’azione: ci vergogniamo di una “gaffe” inconsapevole, ci diamo dello stupido per un atto mancato.
Anche qui troviamo delle corrispondenze con le credenze del bambino piccolo.
Riprendiamo cosa dice Piaget sulla costruzione della moralità nel bambino in particolare il concetto di colpa e punizione: i bambini in età prescolare tendono a giudicare basandosi sul risultato concreto dell’azione senza tener conto dell’intenzionalità: il bambino che sbadatamente ha fatto un grosso disastro è giudicato più colpevole, e deve essere punito più severamente, del bambino che intenzionalmente ha fatto un piccolo dispetto.
Tutti noi adulti apparentemente funzioniamo secondo le regole del pensiero formale ma sotto questa modalità rimangono isole di pensiero più arcaico e spesso le nostre fantasie, credenze, desideri, paure e anche azioni sono più comprensibili se decodificate secondo i paradigmi di tale pensiero.
© Daniela Marenco
Note:
1 N. Peluffo, bambino reale e bambino virtuale: esperienze di osservazione, in A cura di L. Bal Filoramo, A, Saracco, Il bambino che non c’è: presenza reale e presenza virtuale nel mondo degli adulti”, Pag . 65 , Atti seminario Covone 1996, CELID.
2 J. Piaget (1926), ” La rappresentazione del mondo nel fanciullo”, pag. 49, Boringhieri, 1987, Torino.
Daniela Marenco è nata a Torino nel 1957, laureata in Pedagogia nel 1982 e in Psicologia nel 1988, si è da sempre occupata di psicoanalisi infantile. Dopo aver attuato il suo iter formativo, nel 1999 è diventata membro titolare della Società Internazionale di Micropsicoanalisi, nonché dell’Istituto Italiano di Micropsicoanalisi. Dopo aver lavorato per oltre cinque anni come psicologa volontaria presso il Reparto di Neuropsichiatria Infantile della Clinica Universitaria “Regina Margherita” di Torino, da più di dieci anni è psicologa convenzionata presso il servizio di Neuropsichiatria Infantile dell’Ospedale S: Croce e Carle di Cuneo, svolgendo attività di psicodiagnosi e psicoterapia con bambini ed adolescenti. Coautrice di numerose comunicazioni a convegni di Neuropsichiatria Infantile, ha pubblicato vari articoli sul Bollettino Italiano di Micropsicoanalisi riguardanti il lavoro psicoanalitico (in particolare il lavoro micropsicoanalitico) e psicoterapico con bambini ed adolescenti. Nel 2000 ha pubblicato nella collana di Micropsicoanalisi diretta da Nicola Peluffo, il libro “I percorsi dell’Immagine in adolescenza” Edizioni Borla.