Nel suo ultimo bel lavoro “La guerra uterina, le ipotesi della micropsicoanalisi trovano conferma nella biologia evoluzionistica”, Zangrilli ripropone la concettualizzazione micropsicoanalitica sulla vita intrauterina confrontandola con le ultime ricerche sperimentali di biologi ed immunologi. La guerra uterina inferita da dati ricostruttivi clinici trova un appoggio nella ricerca sperimentale.
Secondo Fanti l’apparato psichico ha una sua prima preformazione in utero, preformazione che lascia un’impronta su tutta la vita successiva. Durante lo stadio iniziatico il confronto – scontro con l’ambiente materno attiva alcune sfaccettature dell’immagine filogenetica come tentativo omeostatico di abbassamento della tensione, queste vengono modulate nell’interazione. L’intero processo porta a stabilire le prime connessioni pulsionali e strutturazioni psicobiologiche.
Citando Fanti: “Il feto plasma il suo Es e tramite esso, comincia a lanciare i primi pseudopodi del suo Io e del suo Super-Io”.1
Il brodo di coltura in cui avviene questa prefigurazione è il sonno sismico: sonno particolare caratterizzato da un dinamismo cellulare a bioelettricità diffusa che non dipendente da centri precisi.
L’ipotesi appariva, ai tempi, ardita. Vediamo, però, cosa dichiara Mancia, neurofisiologo e psicoanalista, nel suo libro del 1980 “Neurofisiogia della vita mentale”.
Mancia scopre, attraverso lo studio dei tracciati elettroencefalografici, un particolare tipo di sonno nel feto che chiama Atypical Sleep Stade, stato di sonno continuo ed atipico con caratteristiche ascrivibili sia all’Active Sleep (sonno del neonato analogo al sonno REM) sia al Quiet Sleep (sonno analogo al N-REM).
Secondo l’autore: “L’organizzazione delle funzioni nervose che compaono nel feto sia sotto forma di sonno attivo, sia nell’ambito di un Atipycal Sleep Stade può essere considerata come l’espressione di un primitivo nucleo di attività integrate. (…) È in questo nucleo di attività che possiamo pensare avvenga nello stadio fetale, un’integrazione tra informazioni sensoriali che raggiungono il feto dal mondo esterno materno, le influenze materne di natura ormonale, gli elementi del codice genetico dei genitori. La trasmissione genetica potrebbe interessare la rappresentazione mentale degli istinti e costituire un nucleo di attività che si organizza ed arricchisce con il progredire della maturazione ad opera delle informazioni sensoriali che raggiungono il feto dall’ambiente esterno materno”. 2
Il sonno ha quindi una funzione vitale e formativa nella futura strutturazione dell’apparato psichico. Ed il sogno? Il feto sogna? Quale è la funzione del sogno?
Nel 1995 Peluffo in “Elaborazioni oniriche dei derivati di fissazione utero–infantili” afferma: “Il sogno ha la funzione di soddisfare un’esigenza energetico–pulsionale di distensione, servendosi di desideri aggressivo-sessuali rimossi durante la filogenesi e l’ontogenesi”.3
Secondo Peluffo il sogno nasce come tentativo di regolazione della tensione, il soggetto esprime l’esigenza omeostatica di distensione costruendo un sogno. L’autore definisce il sogno un’azione mentale (come il pensiero), il sognatore consuma energia riattivando le tracce di movimenti psicobiologici inibiti alla meta e fissati nell’inconscio.
Cosa sogna il feto?
Secondo Peluffo, già nell’embrione, alcune tracce motorie di movimenti distensivi, durante il sonno sismico, sono in qualche modo trattenute e fissate. Quando, a partire dal settimo mese, si innesta il sonno paradossale su queste tracce si strutturano schemi sensorio–motori che, dopo la nascita, possono essere tradotti in espressioni figurali e linguistiche.
Nei bambini come negli adulti alcuni sogni possono essere letti come la trasposizione figurale e linguistica di tracce senso–motorie intrauterine, tracce che vengono elaborate in schemi topologici carichi d’affetto: ad esempio sognare di strisciare in un cunicolo. Le stesse tracce, generatrici del sogno d’angoscia, possono essere agite nella via di veglia instaurando, ad esempio, una claustrofobia.
Vorrei soffermarmi su questo concetto. Il sogno come tentativo omeostatico di abbassamento della tensione. Per illustrarlo utilizzerò gli studi sul sonno REM sul sonno quieto nei bambini nati prematuri.
Il bambino pretermine sogna e, soprattutto, quando sogna?
Fava Vizziello e coll. in “Figli delle macchine” riporta l’esperienza di prestazioni di cure su prematuri in alcuni centri di Trattamento Intensivo Neonatale, basate sulla teoria sinattiva di Als.
Als (1982) ipotizza una gerarchia di livelli nell’organizzazione dello sviluppo neurocomportamentale del bambino. Si può distinguere:
- il sistema autonomico che assicura la realizzazione delle funzioni fondamentali per la sopravvivenza dell’organismo,
- il sistema motorio che si sviluppa già dai primissimi stadi embrionali (sono stati dimostrati movimenti degli arti in embrioni di 9 settimane), le risposte motorie condizionano anche gli altri sub-sistemi,
- il sistema degli stati comportamentali: da un sonno diffuso ad un sonno più differenziato (differenziazione tra sonno quieto e sonno REM) fino allo stato di veglia.
- Sistema interattivo: l’attività e la recettività affettiva e cognitiva si affinano diversificandosi permettendo così uno stato in cui sia possibile l’interazione sociale.
Questi sistemi interagiscono fra loro, influenzandosi e sostenendosi l’uno con l’altro, determinando così una stabilizzazione reciproca, l’instabilità di un sistema condiziona l’instabilità degli altri.
Nel prematuro il sistema autonomico è scarsamente stabile, per di più le stimolazioni ambientali tendono ad influire su questo sistema sia direttamente che indirettamente cioè agendo sugli altri sistemi che a loro volta destabilizzano il sistema autonomico.
Gli autori sottolineano: “Quando ci sono discrepanze eccessive tra la possibilità dell’organismo e le richieste dell’ambiente, si creano e si rinforzano comportamenti di disturbo e di difesa che possono condurre ad una disorganizzazione dello sviluppo ulteriore”.4
Lo studio dei segnali di stress nel prematuro ha condotto alla strategia di intervento medico e di holding infermieristico e genitoriale denominata “care neonatali”: ogni intervento ed ogni stimolazione viene modulata sui messaggi che via via il bambino invia evitando di stancarlo, anche quando sembra rispondere alla stimolazione proposta. L’organismo infatti reagisce in modo diverso a seconda dello stimolo: se esso è opportunamente regolato per complessità ed intensità provoca la ricerca della stimolazione stessa mantenendo, nel contempo, un buon livello di bilanciamento, se la stimolazione non è appropriata la reazione è lo stress.
Studi catamnestici su gruppi di prematuri, rispettivamente seguiti con il “piano di Care Neonatali” e con le metodiche tradizionali, hanno mostrato un significativo miglioramento nel primo gruppo rispetto allo sviluppo psicomotorio e mentale nel primo anno di vita.
Nell’ambito di due popolazioni omogenee di prematuri di bassissimo peso neonatale, rispettivamente seguiti con i due metodi, si è evidenziata una clamorosa differenza nell’incidenza dell’emorragia endocranica, differenza così grande da essere difficilmente ascrivibile al solo fattore casuale.5
Nel modello di Als un sistema riguarda il sonno. Nel lavoro di Vizziello, appaiono dati sul sonno nei prematuri molto interessanti, alcuni soprattutto stimolano riflessioni sulla possibile funzione difensiva del sogno. Essi riguardano un particolare gruppo di bambini affetti da distress respiratorio.
Il distress respiratorio è caratterizzato da tachipnea, cianosi, episodi di apnea: può essere espressione di una patologa polmonare ma è anche scatenato da stimoli eccitatori, è cioè una risposta a richieste ambientali inadeguate ed incongrue.
Orbene il neonato affetto da sindrome di distress respiratorio presenta una transitoria diminuzione del sonno quieto ed un aumento del sonno attivo (REM).
Peluffo definisce il sogno un’azione mentale tesa all’abbassamento della tensione, l’incremento del sonno REM nel prematuro affetto da distress respiratorio sembra confermare questa ipotesi mostrando anche come sia primaria ed antica questa risposta.
Peluffo nell’articolo inizialmente citato scrive: “Una tachicardia parossistica, una fibrillazione atriale sine materia, in questa prospettiva, sono l’equivalente motorio a fissazione uterina di un sogno di fuga. Voglio proprio dire che l’attacco di fibrillazione è il contenuto manifesto di un tentativo di fuga che potrebbe anche essere espresso con una “fabula” onirica, in cui il protagonista scappa”6
A prima vista pare difficile accettare che un disturbo funzionale cardiaco condivida con il sogno una stessa origine: la ripetizione di una dinamica conflittuale di matrice intrauterina. Il lavoro di Als, l’evidente interazione e interdipendenza del sistema autonomico con i sistemi neuropsichici, comportamentali e relazionali nel bambino prematuro, l’importante funzione strutturante del sonno e del sogno nella vita fetale ci può forse facilitare la comprensione di questa equivalenza.
© Daniela Marenco
Note:
1 S. Fanti , a cura di Codoni e Lysek, “Dizionario di Psicoanalisi e Micropsicoanalisi”, pag160, Borla 1984 Roma.
2 M. Mancia , “ Neurofisiologia della vita mentale” Zannichelli, Bologna 1980.
3 N. Peluffo , “ Elaborazioni oniriche dei derivati di fissazione utero – infantili “, in “Il sonno – sogno”, Bollettino dell’Istituto Italiano di Micropsicoanalisi, N. 19, pag. 29, Tirrenia Stampatori, 1995 Torino.
4 Fava, Vizziello, Zorzi, Bottos,. “Figli delle macchine”, MASSON, 1992, Milano.
5 ibidem.
6 ibidem.
Daniela Marenco è nata a Torino nel 1957, laureata in Pedagogia nel 1982 e in Psicologia nel 1988, si è da sempre occupata di psicoanalisi infantile. Dopo aver attuato il suo iter formativo, nel 1999 è diventata membro titolare della Società Internazionale di Micropsicoanalisi, nonché dell’Istituto Italiano di Micropsicoanalisi. Dopo aver lavorato per oltre cinque anni come psicologa volontaria presso il Reparto di Neuropsichiatria Infantile della Clinica Universitaria “Regina Margherita” di Torino, da più di dieci anni è psicologa convenzionata presso il servizio di Neuropsichiatria Infantile dell’Ospedale S: Croce e Carle di Cuneo, svolgendo attività di psicodiagnosi e psicoterapia con bambini ed adolescenti. Coautrice di numerose comunicazioni a convegni di Neuropsichiatria Infantile, ha pubblicato vari articoli sul Bollettino Italiano di Micropsicoanalisi riguardanti il lavoro psicoanalitico (in particolare il lavoro micropsicoanalitico) e psicoterapico con bambini ed adolescenti. Nel 2000 ha pubblicato nella collana di Micropsicoanalisi diretta da Nicola Peluffo, il libro “I percorsi dell’Immagine in adolescenza” Edizioni Borla.