A Freud non risultò semplice codificare le sue continue scoperte, anche perché la tecnica di indagine psicoanalitica, come sappiamo, subì degli aggiustamenti nel corso degli anni.
Il primo lavoro risale al 1904 con il titolo “Il metodo psicoanalitico di Freud”, venne scritto verso la metà del 1903 ed apparse anonimo come un capitolo del libro di Loewenfeld “Psychische Zwangserscheinungen” (“Fenomeni psichici compulsivi”), ma due anni dopo Freud lo pubblicò di nuovo con il suo nome nella prima serie delle sue Sammlungen. Il lavoro consistette in una descrizione molto generale del metodo, con la presa in esame del vecchio metodo catartico e la successiva introduzione dell’analisi delle libere associazioni che andava a sostituire l’ipnosi. In tale lavoro diede molto risalto all’importanza della rimozione e della resistenza tanto da affermare, riferendosi all’ipnosi: ”L’obiezione che bisogna muovere all’ipnosi è che essa nasconde la resistenza, impedendo così al medico di scrutare il giuoco delle forze psichiche. L’ipnosi non abolisce le resistenze, ma le evita, fornendo quindi solo informazioni incomplete e successi terapeutici transitori”. 1
Includerà nello stesso volume il contenuto del lavoro sulla “Psicoterapia” che espose nella conferenza che tenne il 12 dicembre del 1904 al Collegio Medico di Vienna.
In quella sede dovette controbattere la credenza che la psicoanalisi fosse una forma di suggestione, sottolineando l’antitesi esistente tra le due discipline, portando come esempio le argomentazione di Leonardo da Vinci nel descrivere la differenza tra scultura e pittura. La differenziazione consisteva nel fatto che la pittura opera per via di porre*, cioè aggiungendo colore alla tela, così come Freud riscontrava per la suggestione, mentre nella scultura si opera per via di levare * cioè togliendo alla forma grezza tutto ciò che nasconde la futura statua in essa contenuta, proprio come l’analisi rivela ciò che prima era nascosto.
Il contributo di maggior rilievo in quegli anni fu la descrizione dell’analisi di Dora, poiché offrirà l’opportunità di apprendere il modo in cui Freud lavorava attraverso l’interpretazione dei sogni, e le modalità di intervento adottate durante un trattamento psicoanalitico.
Questo faticoso lavoro destò un grande interesse soprattutto nel corso del Congresso di Salisburgo del 1908. Un tale positivo riscontro spinse Freud, dopo circa sei mesi dal Congresso, ad intraprendere un’esposizione sistematica della tecnica, che si proponeva di pubblicare con il titolo di “Allgemeine Technik der Psychoanalyse” (“Tecnica generale della psicoanalisi“). In una lettera che scrisse ad Abraham, lo fece partecipe del suo proposito di voler pubblicare il lavoro nella seconda serie dalla Sammlung, che sarebbe dovuta uscire l’anno seguente. Appena un mese dopo disse di aver scritto 36 pagine, ed a Ferenczi scrisse che per Natale gli avrebbe sottoposto il lavoro di 50 pagine, mentre a Jung sottopose le eventuali difficoltà che avrebbe potuto incontrare per la pubblicazione, e l’intenzione, se ciò fosse accaduto, di pubblicare il lavoro sul primo volume dello “Jahrbuch”.
Durante una visita di Ernest Jones a Freud nell’estate del 1900, questi gli rinnovò il proposito di scrivere una memoria sulle regole ed i principi di tecnica, che fecero ben sperare Jones, purtroppo però il progetto non ebbe alcun seguito.
Riprese l’argomento nell’interessante relazione esposta al Congresso di Norimberga del 1910 su “ Le prospettive future della terapia psicoanalitica”, dove espliciterà il passaggio, durante il trattamento, dalla spiegazione dei sintomi a quelle dei complessi ed all’esame diretto delle resistenze. Richiamerà inoltre l’attenzione sul fenomeno del controtransfert raccomandando un’accurata e costante autoanalisi.
Negli anni tra il 1911 ed il 1915, Freud pubblicò una serie di sei lavori sulla tecnica, che raggruppò al momento di ripubblicarli come parte della quarta serie della sua Sammlung kleiner Schriften zur Neurosenlehre (1918).
Il primo di questi, pubblicato nel dicembre del 1911, si intitolava “L’uso dell’interpretazione dei sogni in psicoanalisi”. Freud in questo lavoro argomenterà sulla possibilità, in un paziente che conosca l’importanza dei sogni, dello strutturarsi di resistenze che possono manifestarsi in due modi possibili: il paziente potrà giungere o a limitare la produzione di sogni, ed in tal caso sarà opportuno che lo psicoanalista gli dimostri che il proseguimento dell’analisi è indipendente dal materiale onirico, oppure arrivare a subissare l’analista con una quantità di sogni molto superiore a quella che sarà possibile analizzare nel tempo a disposizione. Il Maestro raccomanda all’analista di non dirigere il suo interesse scientifico sull’interpretazione di un sogno prima di aver favorito l’abreazione di emozioni e pensieri che insistono nella mente del paziente, anche perché quel materiale onirico, che in quel determinato momento sembrerebbe andar perduto, secondo Freud ricomparirebbe sotto qualche altra forma.
Un altro lavoro sarà “La dinamica del transfert” pubblicato un mese dopo nel gennaio 1912, che permise agli analisti di meglio comprendere tale cruciale fenomeno. Dopo aver riportato il paragone esistente tra i fenomeni transferenziali psicoanalitici e quelli che si verificano in altre situazioni cliniche, Freud preciserà quanto il transfert possa divenire di grande aiuto durante un trattamento o arrivare ad essere un ostacolo ai progressi del medesimo.
In questo stesso lavoro fece due importanti affermazioni: la prima, che gli procurerà numerose critiche, si riferiva al fatto che tutti i sentimenti positivi, di amicizia, fiducia, ecc. abbiano origini sessuali: ”In origine noi non conoscevamo altro che oggetti sessuali”. 2
La seconda riguardava il materiale inconscio che emerge nel corso dell’analisi e che secondo Freud mostra spesso le caratteristiche del “processo primario”, che scoprì grazie alle sue ricerche sui sogni.
In questo stesso periodo, nel 1912, Freud decise di proseguire le sue pubblicazioni tracciando solo i princìpi o le linee direttive generali, lasciando l’applicazione alla pratica e all’esperienza. Questa è l’intenzione che Freud si prefisse in quattro dei sei lavori precedentemente menzionati. Egli li pubblicò tra il 1912 e il 1915 , dando loro il titolo generale di “Precetti per i medici che praticano la psicoanalisi”.
Nel primo dei suoi lavori, Freud tratterà un tema che gli era stato suggerito da Ferenczi: lo stato psichico dell’analista. Egli, prendendo a prestito a questo proposito, una definizioni degli psicologi parlerà di: ”attenzione uniformemente sospesa”, facendo riferimento al fatto che l’analista non deve attribuire una maggiore o minore attenzione a quello o all’altro materiale, poiché l’atteggiamento dell’analista deve essere complementare ai tentativi di libera associazione fatti dal paziente. Ancora una volta Freud porrà l’accento sull’importanza dell’analisi personale dell’analista e scriverà: ”ne subirà le conseguenze, non solo con l’incapacità di apprendere dal paziente più di tanto, ma correndo il rischio di un pericolo più grave, che può diventare un pericolo anche per gli altri: egli cederà facilmente alla tentazione di proiettare, come una teoria scientifica di generale applicabilità, alcuni lati della sua personalità che ha confusamente percepito, screditando così il metodo psicoanalitico e sviando chi manca d’esperienza”. 3
L’altro pericolo da cui guardarsi è l’ambizione sia culturale che terapeutica, poiché secondo Freud non bisognerebbe mai chiedere al paziente più di quanto rientra nelle sue congenite possibilità.
Il lavoro successivo “Sugli inizi della cura”, pubblicato nel gennaio e nel marzo 1913, prende in esame i vari problemi che normalmente sorgono al momento dell’inizio di un trattamento, come per esempio: cosa dire al paziente nella prima intervista, quante spiegazione dargli, come regolarsi circa gli orari e gli onorari. Freud preciserà che le regole da lui suggerite dovrebbero tener conto della variabilità dei pazienti, quindi si orienterà a descrivere un procedimento di massima.
Per esempio, l’approccio da Freud proposto nei confronti di tutti quei pazienti di dubbia diagnosi, è quello di programmare un periodo di lavoro di due settimane, durante le quali il paziente è tenuto a seguire le regole analitiche mentre l’analista si astiene da qualsiasi interpretazione, per stabilire l’indicazione al trattamento, ed anche per assicurarsi che i sintomi nevrotici non coprano una patologia psicotica. Per quel che attiene la questione del compenso e della durata di un’analisi, Freud rivelerà di aver curato giornalmente un paio di pazienti per dieci anni, senza alcun compenso, elencando le notevoli difficoltà incontrate ai fini dell’analisi. Sulla durata di un trattamento egli fa riferimento non solo alla sua intrinseca difficoltà, ma anche alla “atemporalità” dell’inconscio ed alla lentezza con cui si verificano i mutamenti profondi. Conclude affermando di sentirsi completamente inerme di fronte al problema legato al modo di trattare i parenti dei pazienti, avendo per contro ben presente la loro costante ostilità e scontentezza.
Nel dicembre del 1914 pubblicò il lavoro “Ricordare, ripetere ed elaborare ed elaborazione attiva“, dove si soffermerà sull’importanza di riportare la ripetizione nella situazione di transfert perché più facilmente gestibile. Freud auspica il raggiungimento, durante un’analisi, della presa di coscienza profonda da parte del paziente della natura di una data resistenza, ragione che determina la lunghezza del lavoro analitico in ragione della “atemporalità” dell’inconscio.
L’ultimo, importante lavoro, di questa serie, fu pubblicato nel gennaio del 1915 con il titolo ”Amore da transfert“ dove Freud espone i principi che dovrebbero guidare l’analista nella gestione della situazione transferale.
In occasione del Congresso di Budapest, tenutosi il 28 settembre 1918, Freud tenne una relazione dal titolo “Direttive del progresso nella terapia psicoanalitica“, dove esprimerà la scelta della parola analisi in analogia con la scomposizione chimica.
Alcuni autori capeggiati da Bezzola, conclusero che ogni analisi dovesse necessariamente comportare una sintesi, ma Freud definì tale critica il risultato di un’insulsa estensione di un’analogia, aggiungendo che l’analisi realizza si una sintesi, eliminando le repressioni che hanno agito bloccando le diverse parti della psiche, favorendo però l’emergere di tentativi fino ad allora sopiti.
A riguardo dell’impiego dei sogni durante il trattamento, Freud scrisse, nel 1911, un lavoro dal titolo “Osservazioni supplementari sull’interpretazione dei sogni” mai pubblicato in nessuna delle raccolte tedesche delle opere, mentre venne incluso nella Standard Edition inglese nel volume principale, dove si occupò principalmente dell’interpretazione dei diversi simboli.
Il contributo più impegnativo fu scritto nel 1923 con il titolo “Osservazioni teoriche e pratiche sull’interpretazione dei sogni”. Freud distinse i diversi metodi per iniziare l’interpretazione di un sogno, descrivendo i vari aspetti in cui si presentano durante la cura, i diversi tipi di sogni, per poi soffermarsi sull’importanza nella clinica dell’avvenuta interpretazione dei sogni.
Concludo riportandovi una missiva che Freud scrisse a Ferenczi il 4 gennaio del 1928 per congratularsi con lui circa un recente lavoro di tecnica: ”… Il lavoro che mi ha mandato e che troverà accluso, rivela la maturità di giudizio che Lei ha acquisito in questi ultimi anni, rispetto alla quale nessuno Le è pari. Il titolo è eccellente e merita di essere più esteso, poiché le Raccomandazioni tecniche che scrissi tanto tempo fa erano d’ordine essenzialmente negativo. Mi pareva che la cosa più importante fosse sottolineare quello che non si deve fare e segnalare le tentazioni di scegliere direttive contrarie all’analisi. Lasciai al “tatto” tutto ciò che di positivo si dovrebbe fare. Lei ne ha ora avviato la discussione. E’ accaduto, per tutto risultato, che gli analisti docili non hanno afferrato la elasticità delle regole che avevo proposto, e vi si sono sottomessi come se si trattasse di altrettanti tabù. Un giorno o l’altro tutto questo andrà riveduto, senza che gli obblighi di cui ho parlato debbano però andare ignorati…Ciò che troviamo nella realtà è un delicato equilibrio – per lo più a livello preconscio – delle varie reazioni che ci aspettiamo in seguito al nostro intervento. L’esito dipende soprattutto dalla valutazione quantitativa dei fattori dinamici della situazione. Naturalmente non si possono dare regole di misura: la decisione dipende dall’esperienza e dalla normalità dell’analista. Proprio per questo con i principianti bisogna sfrondare del suo carattere mistico il concetto di “tatto”.
Suo affezionatissimo
Freud“ 4
© Rossana Ceccarelli
Note:
1 Ernest Jones “Vita e opere di Freud, 2 gli anni della maturità 1901-1919” Il Saggiatore.
* in italiano nel testo.
2 Ernest Jones “Vita e opere di Freud, 2. gli anni della maturità 1901-1919” Il Saggiatore.
3 Ernest Jones “Vita e opere di Freud, 2. gli anni della maturità 1901-1919” Il Saggiatore.
4 Ernest Jones “Vita e opere di Freud, 2. gli anni della maturità 1901-1919” Il Saggiatore.
La Dott.sa Rossana Ceccarelli è nata a Sora (FR) nel 1963. Testista Rorschach e psicoterapeuta di formazione micropsicoanalitica ha lavorato in un day Hospital psichiatrico dal 91 al 92 e quindi nel Servizio di Diagnosi e Cura dell’Ospedale di Frosinone. Ha svolto attività di ricerca dedicandosi in particolare allo studio psicodiagnostico di pazienti affetti da psoriasi e vitiligine e di pazienti sottoposti ad emodialisi.
Ha pubblicato lo studio “Day Hospital psichiatrico: l’intervento psicologico” sul Bollettino dell’Istituto Italiano di Micropsicoanalisi.
La Dott.ssa Rossana Ceccarelli si è spenta in Fiuggi il 18 settembre 2010.