Sommario
Il viaggio dei sogni
La forma più particolare di sogno è descritta come un personaggio capace di penetrare nella mente del dormiente per comunicargli il proprio messaggio. Molti dei sogni descritti da Omero sono di questo tipo.
Il sogno stesso diviene un personaggio vero e proprio; normalmente esso è rappresentato da un giovane dotato di ali e di un corno, tramite il quale versa i sogni nelle menti degli uomini addormentati.
Questo tipo di doppio è per i Greci un eidolon, ossia una “forma che continua e prolunga una realtà fisica” 1 , una forma che oggi chiameremmo: immagine. Anche l’etimologia della parola immagine contiene l’idea del doppio: essa deriva da una radice indoeuropea, iem, la quale significa: doppio prodotto. Peluffo nel commentarne il significato in termini psicodinamici definisce l’immagine come il gemello psichico dell’oggetto. 2
Un concetto non troppo diverso da quello di eidolon, che in Grecia designava una specifica classe di fenomeni: oltre ai personaggi dei sogni, sono eidola le anime dei morti, le ombre, le apparizioni, il riflesso di una persona, le statue funerarie.
Si potrebbe dire, tutti quei fenomeni che hanno a che fare con la percezione di una persona quando essa non è presente: divengono dunque immagini dell’assenza. Rohde inserisce la credenza in una duplice vita nel tentativo di spiegare i fenomeni onirici e a tale proposito cita un autore assai più recente di Omero, Pindaro, il quale parla di un “simulacro dell’uomo”, di natura divina, che riposa quando il corpo è sveglio ma spesso mostra in sonno il futuro al dormiente. 3
Un simulacro che per Omero si rivestiva di una sua autonomia: egli attribuiva uno statuto di realtà ai sogni; veri o fallaci, essi erano sempre dotati di vita propria, la stessa forma di esistenza assegnata alle anime dei morti, anch’esse immagini senza consistenza. E’ la dea Teti a dirlo al proprio figlio Achille: “Questa è la sorte degli uomini, quando uno muore: I nervi non reggono più l’ossa e la carne, ma la forza gagliarda del fuoco fiammante li annienta, dopo che l’ossa bianche ha lasciato la vita e l’anima se ne è volata via, come un sogno”. 4
Nei versi si costruisce un’identità tra immagine del sogno e immagine del defunto. Lo racconta sconsolato lo stesso Achille: “Ah! C’è dunque nella dimora dell’Ade un’ombra, un fantasma, ma dentro non c’è più la mente, tutta la notte l’ombra del misero Patroclo m’è stata intorno, gemendo e piangendo: molte cose ordinava. Gli assomigliava prodigiosamente”. 5
Se l’immagine onirica appare ai greci un’ombra, un doppio capace di spostarsi durante il sonno, portare messaggi divini, prevedere il futuro, diventa interessante sapere quale sia la natura del suo viaggio notturno, dove vada quando lascia il dormiente. Possiamo dunque chiederci, come fece già Brelich, quale sia il posto dei sogni nella cosmografia greca. 6
Il posto dei sogni è pensato nel limite estremo del mondo e della vita, vicino alle porte di Ade. Le anime dei Proci uccisi da Ulisse si incamminano verso l’oltretomba; “Giunsero alle correnti d’Oceano e alla rupe bianca e alle porte del Sole e tra il popolo dei Sogni arrivarono e presto furono nel prato di asfodelo dove abitan l’ombre, immagini dei morti”. 7
Il popolo dei sogni, racconta Esiodo, fu generato da Nyx, la Notte, una divinità assai distante dall’idea di riposo quotidiano; essa è tra le più terribili potenze dell’inizio, suoi parenti il Caos, il cupo Erebo, suoi figli l’odioso Destino, il demone della morte fatale; partorisce inoltre la Morte, il Sonno ed anche il Popolo dei Sogni.
Tuttavia lo spazio-tempo delle origini non contiene solo entità tenebrose bensì tutte le potenze delle origini, depositarie dell’arcana sapienza che è conoscenza delle cose future, alle quali attingono anche le divinità dell’Olimpo per le loro facoltà oracolari. 8
Il sogno inteso come eidolon, si sposta dunque lungo un continuum spazio temporale che raggiunge il luogo di origine e confine, il punto da cui tutto si crea e si ricrea.
Dunque, diventa possibile capire come si potesse ritenere il futuro accessibile in sogno, e anche la verità della salute o della malattia. Basta pensare alla possibilità che una parte immateriale del soggetto sia libera di separasi dal corpo e compiere un viaggio verso il luogo dove tutto succede. La stessa parte che vive nei sogni, lascia tracce di sé nella vita di veglia e si allontana per sempre alla fine della vita.
Il viaggio dei sogni, al pari di quello delle anime dei morti percorre le stesse vie del sole.
Si compie in cielo e giunge alle soglie del luogo in cui Elio tramonta. Solo che il sole ogni giorno ricompare sulla terra, mentre le psuché restano chiuse dentro Ade, ed i sogni si muovono in un asse che consente loro un’andata ed un ritorno.
Cos’hanno veramente in comune? Una certa rappresentazione ciclica del tempo sullo schema delle stagioni, che darà vita nell’orfismo al tema della morte e rinascita dell’anima, come del germe di grano. Tuttavia l’elemento più significativo è l’idea di un possibile ritorno al tempo – luogo delle origini che perdura inalterato e continua indefinitamente a essere presente.
Riprendiamo in considerazione per un momento le riflessioni circa l’agire della condensazione-spostamento, ovvero la presenza di un processo di eliminazione di alcuni elementi della rappresentazione, i cui rimanenti vengono assemblati per formarne una differente e fantastica. Ci si può domandare dunque quale sia l’elemento cancellato nella costruzione di una rappresentazione così complessa, come quella ora descritta, che condensa piu’ percorsi: quello solare, il viaggio dei morti, il cammino dei sogni. In termini psicoanalitici la risposta è semplice: l’angoscia di morte. Nei termini della elaborazione culturale della rappresentazione, invece, vengono meno diverse forme di ambivalenza: quella qui presentata riguarda i defunti; essa si esprime in forma mascherata nei rituali funerari e alimenta le dimensioni contraddittorie delle mitologie; L’ambivalenza viene così sostituita dalla costruzione di rappresentazioni paradossali.
Conclusioni
Una rappresentazione del cosmo appare costruita per successive condensazioni e spostamenti che possiamo seguire per rintracciare diverse immagini sovrapposte: quella del corso del sole, del viaggio delle anime dei defunti, ed infine quella dei sogni. Tali percorsi si situano nella mitologia greca all’interno di una mappa che descrive sia l’universo come lo si immaginava, sia la nascita delle divinità e degli uomini.
I meccanismi che regolano l’elaborazione di questa grande rappresentazione sono analoghi a quelli che consentono la trasformazione dei contenuti inconsci in pensieri consci, dei quali un esempio è la formazione dei sogni, così come viene descritta da Freud.
In analogia al “lavoro del sogno”, alcuni antropologi hanno ipotizzato l’agire di un “lavoro della cultura” che connette la mente individuale alle grandi elaborazioni collettive. Oltre il problema del passaggio dall’individuale al collettivo, ritengo ci si debba soffermare sul problema del tipo di fruizione dei prodotti culturali, che ogni persona elabora secondo il proprio psichismo.
Le immagini più complesse, come appaiono nei miti ma anche nelle grandi raffigurazioni, potrebbero contenere l’eco di quel processo che le ha generate e fornirci un indizio sui loro modi di costruzione. Questi ultimi hanno a che fare con un continuo vai e vieni tra un pensiero che trae i propri stimoli dalle osservazioni, percezioni del mondo fisico e sensoriale ma li ritraduce in una forma che affonda fino alle rappresentazioni dei dinamismi inconsci che regolano il processo di elaborazione psichica. A questo livello sono conservate le tracce mestiche delle esperienze fondanti la mente umana: la vita intrauterina, la nascita, la sessualità, la morte. Sul calco di queste esperienze vengono tracciate le vie di elaborazione dei vissuti di perdita che a livello individuale e collettivo costellano la vita umana.
Quando un’immagine è costruita in modo complesso ed anche paradossale, essa testimonia la sua funzione di contenitore mestico non tanto di una rappresentazione statica di un soggetto, quanto di una dinamica, una sequenza di azioni che rimandano ad una sequenza associativa, frutto di un processo elaborativo che tratta contenuti conflittuali, come ad esempio il timore-desiderio della generazione, oppure l’ambivalenza verso i defunti.
Note:
1 G. Guidorizzi, Sogno e funzioni culturali, in: “IL sogno in Grecia”, ed. Laterza, Bari, 1988, pag. XIV.
2 N. Peluffo, “Micropsicoanalisi dei processi di trasformazione”, ed. Books Store, Torino, 1976.
3 E. Rohde, “Psiche”, Laterza, Bari, 1979, pag.6.
4 Odissea, XI, 218-.222.
5 Iliade, XXIII, 104-107.
6 A. Brelich, Il posto dei sogni nella concezione religiosa del mondo presso i Greci, in: “Il sogno e le civiltà umane”, Laterza, Bari, 1966.
7 Odissea, XXIV, 11-14.
8 Cfr. C. Brillante, Metamorfosi di un’immagine, in: “Il sogno in Grecia”, Laterza, Bari, 1988.
Abstract
Il pensiero greco arcaico ha fissato in rappresentazioni iconografiche e mitologiche una certa descrizione del cosmo. Se si analizzano le fonti iconiche e quelle di Omero ed Esiodo ne emerge una descrizione complessa che vede l’universo come un insieme sferico circondato dal percorso del sole. Alla sua sommità lo zenit, all’opposto il tartaro, un territorio lontano, posto sotto la terra, ad una distanza grande quanto quella che separa la superficie terrestre dal cielo. Nel centro dell’insieme, che è anche il punto più largo della sezione, è situata la terra, un disco quasi piatto circondato da un fiume circolare, Oceano, senza origine e senza fine perché si getta in se stesso. La rappresentazione spaziale coincide con una rappresentazione temporale che vede al centro il tempo presente e più lontano le epoche sempre più antiche, fino al tempo in cui esistevano solo la Notte, il Caos e l’oscuro Erebo. L’autrice mostra la presenza di alcuni modelli concettuali, elaborati per analogia, che descrivono un viaggio nello spazio-tempo: il viaggio del sole, quello delle anime dei defunti e quello dei sogni. In ciascuno di essi si compie un percorso circolare; sul piano temporale, quello del sole è ciclico, le anime dei morti compiono un viaggio irreversibile, mentre gli eidola onirici possono tornare indietro nel tempo e nel luogo del presente. Lo schema di base sembra tuttavia una elaborazione del corso solare.
Psicoterapeuta, antropologa formatasi presso ‘Ecole del Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi, membro didatta dell’Istituto italiano di Micropsicoanalisi. Ha collaborato per anni alle ricerche e alla didattica delle cattedre di psicologia sociale e psicologia dinamica, quando Nicola Peluffo insegnava alla Facoltà di Psicologia dell’Università di Torino. Da più di vent’anni ha ricoperto incarichi di consulenza e collaborazione presso alcune ASL piemontesi per la psicoterapia infantile e il lavoro in ambito evolutivo. Oggi è consulente tecnico del Giudice presso i Tribunali di Torino. Tra le diverse pubblicazioni si ricorda: “Metamorfosi del corpo”, in: La terra e il fuoco, a cura della stessa autrice, ed. Meltemi, Roma 1996; “Dall’oggetto inconscio all’oggetto transizionale”, in Quaderni di Psicoterapia Infantile, diretti da C. Brutti, Borla, Roma 1997; “Antropologia e metapsicologia. Un confronto freudiano tra efficacia simbolica e elaborazione primaria”, in Etnosistemi, n° 7, anno VII, 2000; “L’immagine del corpo in adolescenza”, in Bollettino dell’Istituto italiano di Micropsicoanalisi, n° 36, 2006: “Controtransfetr e stati deliranti”, in Tabù, delirio e alucinazione, ed. Alpes. Roma, 2010; “La creatività tra psicoanalisi e antropologia”, in Creatività e clinica, ed. Alpes. Roma, 2013. La dott.ssa Tartari si è spenta in Torino nel 2020.