La strutturazione dell’idea delirante

da | Apr 12, 1986 | Articoli pregressi, Quirino Zangrilli

Il presente lavoro è comparso sul n° 2 del Bollettino dell’Istituto Italiano di Micropsicoanalisi, Primo semestre 1986.

E’ mio intendimento esporre in questa sede la verifica empirica della dinamica psicosomatica dei fantasmi stimolo-risposta che si verifica al momento della gestazione all’interno della unità materno-fetale e della sua ripercussione sul destino psichico del nascituro. In una delle ipotesi centrali di “Micropsicoanalisi dei processi di trasformazione “1 Peluffo sostiene che vengono ripresentati/rappresentati a livello psichico i momenti di maggiore tensione della dinamica dei processi somatopsichici: il surplus energetico viene impiegato per dar vita alla più elementare forma di rappresentazione, l’allucinazione primaria, che, perdurando lo stato di tensione, si struttura in fantasma primario.
A livello di elaborazione psichica lo stato di disequilibrio somatopsichico costituito dalla gestazione indurrebbe nella madre la comparsa di un vissuto onirico e fantasmatico di invasione batterica che non è altro se non la rappresentazione psichica di un processo somatico: la reazione immunitaria. Inoltre, ed è questa l’ipotesi che qui viene seguita e verificata, si può affermare che i vissuti psichici della madre, non solo vengono registrati dal feto, ma attivano nella psiche di quest’ultimo, l’insorgenza di fantasmi-risposta, presenti nella loro potenzialità ereditaria.
Il materiale di cui mi servirò è tratto dal lavoro di micropsicoanalisi di un giovane di 20 anni giunto alla mia osservazione in preda ad un delirio di onnipotenza:”Sono uno dei primi tre musicisti del mondo! Ho intenzione di farmi crescere gli arti e diventare molto più alto: è sufficiente che io mi concentri per ottenerlo. Posso fermare la mia circolazione sanguigna; uno di questi giorni cambierò il colore dei miei occhi, etc.”. Il materiale delirante raccolto nel corso delle sedute è gravido di implicazioni e rimanda sempre a dei nuclei conflittuali importanti. In una fase precoce del trattamento ho invitato la madre del paziente a svolgere alcune sedute lunghe: in micropsicoanalisi, soprattutto in casi così gravi, tale procedimento è non solo possibile, ma auspicabile. In effetti posso tranquillamente affermare che il materiale prodotto dalla madre del giovane ha illuminato in modo risolutivo l’itinerario terapeutico del paziente e difficilmente, in altro modo, questi sarebbe approdato ad un esito favorevole.
La madre inizialmente utilizza le prime sedute per parlare delle difficoltà incontrate dalla propria genitrice nel corso delle gravidanze sostenute e degli episodi di violenza fisica e sessuale che il padre avrebbe consumato nei riguardi della consorte ed a cui lei aveva avuto modo varie volte di assistere direttamente nel corso dell’infanzia (è ovvio che la veridicità di tali racconti, o il grado di drammaticità con cui vengono descritti, non hanno la benché minima importanza ai fini del lavoro analitico: la realtà è sempre quella del vissuto psichico e in ogni essere umano, dietro il ricordo di una scena di coito, può riverberare lo scenario della Scena Primaria a sua volta tinteggiato dalle reminiscenze ancestrali degli accoppiamenti delle orde primitive).
Spontaneamente, dopo alcune sedute, la signora arriva a parlare della gravidanza relativa al figlio ora in analisi: “Come rimango incinta di ‘sto figlio è cominciata la mia tragedia. Avevo una incompatibilità tra il feto ed il mio sistema neurovegetativo (sic!)…Prendevo tranquillanti, nonostante sapessi che potevano essere pericolosi per mio figlio. Mangiavo solo pesche e bevevo acqua. Ero deperita; ad un certo punto i medici mi dissero che era meglio che abortissi! Inoltre in quel periodo c’era lo scandalo del talidomide per cui nascevano in continuazione bimbi senza arti…la pancia mi era arrivata in mezzo alle mammelle: era enorme ‘sto figlio! aveva mani e piedi molto più lunghi del normale. La prima cosa che ho chiesto all’ostetrico quando è nato è stata: ”E’ normale? Voglio dire: ha mani e piedi? Non importa se è bello, se maschio o femmina: ha mani e piedi mio figlio?”.
La prima cosa che è possibile dire di fronte a questo materiale è che il testimone della coazione a ripetere viene passato di generazione in generazione. La necessità di evitare o quantomeno dilazionare le possibili gravidanze esisteva già per la stessa madre della persona che aveva posticipato il momento del primo concepimento a ragione di una cura di bonifica antibiotica prescritta. Anche la madre del mio paziente, per un certo periodo di tempo era stata costretta ad evitare gravidanze, e, quando finalmente resterà incinta, vivrà nel profondo del suo inconscio, la gestazione come l’assalto di un essere che le si ingigantisce dentro a lacerare un bacino (ritenuto) scoliotico, una vagina (ritenuta) infantile, spostare e ledere organi.
E’ evidente che l’angoscioso desiderio-timore di avere all’interno del proprio corpo un feto-feticcio rimaneggiato o malformato, cioè mancante degli arti e quindi efficacemente più piccolo di un feto normale, meno invasivo, meno dirompente, va nella direzione di attenuare il vissuto di invasione che la domina. Fin qui la madre. Ma quali possono essere state le ripercussioni psichiche di questa attivazione di immagini nell’involucro gestazionale, sulla psiche del nascituro?
La prima considerazione che è possibile fare è che il nucleo centrale del delirio del giovane rappresenta un tentativo onnipotente e magico di autoristrutturazione somatica, di rimodellamento corporeo. In particolare l’attenzione delirante si sofferma proprio sulle parti corporee maggiormente investite dalle fantasie materne: gli arti e la statura (il giovane è alto 185 cm.). In altri termini il paziente elabora in modo delirante il desiderio inconscio di poter controllare e mutare retroattivamente il proprio sviluppo fetale, evento traumatico che egli tenta di modificare attraverso l’illusione magica della coazione a ripetere. In una seduta successiva, il giovane riprende l’argomento dell’arresto della circolazione sanguigna esplicitando che si tratta di una esigenza difensiva: “Dovrò fare una sfida sacra contro un Maestro di Kung-fu: la mia salvezza sarà raccogliere tutto il mio sangue sotto un’ascella per proteggerlo ed essere così invulnerabile”.
Il giovane intende difendersi dall’aggressore mantenendolo lontano dal proprio sangue: come non considerare che il maggiore scambio biologico e genetico tra madre e figlio avviene attraverso le camere intervillari placentari per mezzo del sangue? Parlavo, precedentemente, del “testimone” della coazione a ripetere trasmesso di generazione in generazione. In termini più corretti potremmo dire che esistono, inseriti nell’Es generazionale, dei “patterns traumatici” cioè degli eventi di grave disequilibrio energetico, spesso sostenuti da una base somatica costituzionale, che si ripresentano di generazione in generazione, e di gestazione in gestazione, influenzando l’ontogenesi individuale e la strutturazione dello psichismo.
Parimenti possiamo ipotizzare l’esistenza di un sistema di difesa e di regolazione che scorre lungo le linee generazionali e che potremmo definire “Io generazionale o genealogico”. E’ dall’incontro e dall’intereazione di questo Io rudimentale prenatale e del terreno psichico ereditato con i “patterns traumatici filogenetici” che scaturirà una elaborazione somatopsichica del conflitto più o meno patogena. Le vicende ontogenetiche hanno la possibilità di fissare, rafforzare e disinnescare (quando possibile) le strutturazioni di un conflitto che, ricordiamolo, scorre sui binari genetici. Infine, traumi importanti della vita intrauterina, incontrando un terreno psichico filogenetico ipersensibile, provocano uno sviluppo patologico dello psichismo, in modo tale che la realtà interna si confonde inestricabilmente con quella esterna, ed i resti notturni della attività onirica, che pure è il più efficace meccanismo di cui dispone l’uomo per neutralizzare la propria tensione somato-psichica, non vengono, usando la terminologia di Silvio Fanti2 , sufficientemente ab-onirizzati.

NOTE:

1 – Nicola Peluffo • Micropsicoanalisi dei processi di trasformazione • Book Store, Torino, 1976.
2 – Silvio Fanti • L’uomo in micropsicoanalisi • Borla, Roma 1984.