La palla di fuoco

da | Apr 12, 1992 | Articoli pregressi, Quirino Zangrilli

“Palla di fuoco” – “Palla rovente” – “Palla infuocata” : sono alcune delle efficaci descrizioni utilizzate da numerosi analizzati per indicare un particolare vissuto somato-psichico, fonte di intensa sofferenza che li perseguita.
Per fare riferimento a tale situazione percettiva utilizzerò il termine “palla di fuoco” per la semplice ragione che è questa la descrizione che compare con maggior frequenza.

Il quadro clinico

Ecco le frasi ricorrenti utilizzate dagli analizzati per descrivere il loro vissuto:
– Stamattina avevo di nuovo questa grossa palla dentro me. Non so cosa sia, non so identificarla. E’ come una palla di fuoco sullo stomaco.
– Dio bono, che magone! Mi sveglio sempre con quella palla rovente sullo stomaco.
– E’ come avessi dentro una palla nella bocca dello stomaco. Gira e mi punge. Lancia pezzi da tutte le parti, li esplode.
– Ho sempre questa palla di fuoco qua dentro e comincio a pensare che non si spegnerà mai.
Sono frasi pronunciate da quattro persone diverse, di entrambi i sessi, di età differenti, originari da varie regioni geografiche, provenienti da vari contesti socio-culturali. Eppure provano tutti le identiche sensazioni. C’è una caratteristica che li accomuna nelle evidenti diversità? Si, è la struttura psichica, il loro terreno psicobiologico: sono soggetti con una sindrome a chiara impronta proiettiva che a volte mostra picchi di tale intensità da sfociare in una sindrome paranoica franca. Sono tutti indifferentemente perseguitati dalla “palla di fuoco”. Questo insieme rappresentazionale -affettivo ha delle caratteristiche: è irregolarmente sferico, fattore che sottolinea il racchiudere una porzione di spazio aliena (gli analizzati sottolineano la sua alterità persecutoria). E’ energeticamente carico, anzi ipercarico, tanto da generare l’immagine di un fuoco che arde e distrugge. Con intensità diverse i soggetti sentono che la palla di fuoco condiziona la loro esistenza, guida le loro azioni, interferisce con i loro sentimenti o proponimenti coscienti

L’interpretazione micropsicoanalitica

Tutti sentono provenire la palla di fuoco dal passato, un passato dai limiti indistinti. La palla di fuoco, pur nella sua alterità, ha comunque un’aria familiare. Per certi aspetti la potremmo paragonare ad un tumore psichico, un agglomerato di cellule dello stesso organismo, che, sviluppando un’economia biologica autarchica, aggredisce l’ospite o, meglio, se ne serve per i suoi devastanti tentativi di accrescimento e di immortalità. Questa sconcertante “cosa”, in definitiva, abita un organismo, ne è parte, manifesta un’energetica autonoma, ne influenza il destino. In tutti i casi osservati la manifestazione sintomatica della palla di fuoco subiva delle transitorie esacerbazioni in sincronia con l’approfondimento dell’indagine micropsicoanalitica sull’ immagine di un familiare con il quale la persona aveva avuto un legame di tipo simbiotico, venuto a morte più o meno prematuramente, perdita aggravata da una assenza di elaborazione del lutto o da una elaborazione patologica di esso. In un caso in particolare, la palla di fuoco venne ad occupare prepotentemente il proscenio sintomatologico allorché l’analizzato prese ad occuparsi di uno zio, che portava il suo stesso nome di battesimo, scomparso prematuramente dopo una dolorosa malattia, e del quale, nell’immaginario familiare, egli aveva preso il posto, come riedizione di un tentativo sfortunato. Manifestazioni simili si osservano di frequente anche nei casi di soggetti nati dopo un aborto. Nella dinamica psichica della gestante, quel tentativo abortito di dar corpo ad una esigenza energetica dell’Immagine, come traccia di un esperienza traumatica (fissazione) rivive nel nuovo tentativo, spesso fondendosi con esso. E non lascio al di fuori di tale dinamica il padre, poiché i nascituri sono la cristallizzazione ontogenetica di immagini virtuali che sono energeticamente attive fin dal momento della fecondazione e cercano, nel torrente del caso, condizionato dalla forma dell’esperienza filogenetica, una attualizzazione ed una integrazione al fine di costituire una costellazione formale sufficientemente stabile da garantire il legame, dunque la sopravvivenza, degli elementi dell’insieme (vedi il lavoro di N. Peluffo “Relazioni tra sogno e creatività”, Bollettino n°9, pag. 32).
“Sembra che sia una cosa diversa da me, anzi io appartengo alla palla di fuoco, sono il suo schiavo, aspetto i suoi ordini. Mi fa paura; eppure quella palla di fuoco è una barriera, un appiglio. E’ un guscio, un calore continuo che non si spegne. E’ come avere una luce e non avere niente da illuminare” (analizzato portatore di una depressione grave per perdita precoce dell’ oggetto primario, parzialmente difesa da meccanismi di diniego e costruzione di una sindrome paranoica con delirio erotomaniaco).
In questa frase così densa possiamo cogliere vari aspetti del tema. L’intonazione persecutoria del rapporto con l’immagine della palla di fuoco non esaurisce il problema. Oltre ad essere una delle modalità di rappresentazione dell’ oggetto persecutorio privilegiato del paranoico, nelle qualità attribuite alla palla di fuoco si ravvedono le caratteristiche principali dell’Immagine: un’entità che presenta determinate esigenze, di cui l’involucro ontogenetico è il più o meno ignaro esecutore; la sua funzione di barriera protettiva nei confronti dell’attrazione energetica del vuoto e dunque la spinta verso la disorganizzazione; l’ impossibilità di reperire un oggetto su cui investire-vincolare i moti pulsionali sessuo-aggressivi. Questi analizzati ardono per impossibilità di investimento esterno, sono centrali energetiche prive di reali connessioni che marciano inesorabilmente verso il surriscaldamento (surplus tensionale)
“E’ come avere il pene e non avere niente per mettercelo dentro. E’ senti di avere tutto il mondo dentro. Pensare di poter bruciare in eterno fecondandomi da solo, di morire dentro. E’ il fuoco che rincorre se stesso. Vorrei creare qualcosa, voglio un figlio, e la Palla di Fuoco serve a quello: lei è quella che comincia”.
Questa funzione di imperativo filogenetico alla procreazione svolta dalla palla di fuoco è anche riscontrabile nel materiale di una giovane donna, portatrice di una sindrome grave a sfondo paranoide, in cui la presenza del fenomeno si esacerba ogni qualvolta abbia dei rapporti sessuali che le riattivano il desiderio-timore di essere ingravidata.
“Tutte le volte che ho un rapporto con penetrazione mi sembra di avere il fuoco nella vagina. Una palla di fuoco, quel fuoco che mi perseguita. La penetrazione lascia un segno, la palla rovente è la staticità, è il rimanere ferma. E scompare solo se penso di fare qualcosa”.
La rappresentazione mitologica del fuoco è contenuta nel mito di Prometeo. Come è noto, Freud interpretò il problema dei rapporti tra il fuoco e l’atto della minzione con la formulazione dell’ ipotesi che “La condizione della presa di potere sul fuoco sia stata la rinuncia al godimento di tono omosessuale dell’ estinguerlo con il getto d’ urina” 1 . Io credo che la vera essenza del mito di Prometeo esprima la scoperta da parte del genere umano dei meccanismi di procreazione e l’angoscia relativa nel perdere questa strategica informazione. A parer mio si tratta certo di una rinuncia pulsionale, ma specificatamente della diretta e agita attività omosessuale in seno all’orda primitiva che riduceva enormemente le possibilità di eternamento della specie. Il genere umano, nell’arco di un periodo di tempo estremamente lungo, in base a ripetute osservazioni, prese atto che la funzione urinaria non aveva niente a che vedere con la procreazione (erronea percezione che si ripete nella mente “primitiva” del bambino) e che il rapporto omosessuale era un rapporto senza esiti al fine della nascita di nuovi individui. La colpa di Prometeo è quella di aver portato il fuoco agli esseri umani, sottraendolo agli dei, occultandolo in un bastone cavo: è il plasma germinale contenuto nelle vie escretrici spermatiche che il Titano porta a conoscenza degli umani. Prometeo, benefattore dell’umanità in verità svela agli uomini il Segreto della conservazione della specie. E come non notare che il mito di Prometeo ha come corollario quello di Pandora? Quest’ultima fu la prima donna creata da Zeus perché divenisse il flagello dell’umanità per vendicarsi di Prometeo. Dunque la prima donna fa la comparsa sulla terra dopo lo “sgarro” del fuoco, cioè la scoperta dei meccanismi di conservazione della specie. E’ probabilmente allora che è stato segnato il declino del comportamento omosessuale nell’ orda primitiva e l’ affermazione, l’ incoraggiamento e la tutela di quello eterosessuale. Da questo punto di vista la palla di fuoco è la tormentosa risultante delle richieste dell’Immagine verso i soggetti fissati ad una posizione omosessuale, più o meno riconosciuta e agita. In effetti il ridimensionamento del sintomo, in tutti e quattro i casi seguiti si ebbe dopo un periodo di fecondo lavoro di analisi delle proprie fissazioni narcisistiche-omosessuali e lo strutturarsi dei primi tentativi eterosessuali. Lo scioglimento dei nuclei di fissazione narcisistico-omosessuali consente, sincronicamente, il venir meno dell’ utilizzo coatto e privilegiato della proiezione come meccanismo difensivo e l’ esercizio dei primi validi ritorni introiettivi (senza l’ identificazione e l’ introiezione la proiezione diviene un processo di svuotamento):
“Volevo prendere una sua foto. Qualcosa da tenere e poter guardare, qualcosa che rimane dentro. Fissare una immagine. per poterla portare dentro, poterla avere, tenere. Era così strano che non l’avessi ancora fatto! Volevo una foto mentre lei mi apre la porta, qualcosa che si schiude, che si apre”.
Ho parlato di ridimensionamento della sintomatologia della palla di fuoco, non di risoluzione. Quest’ ultima è possibile solo agendo al di là dell’inconscio e dell’ ontogenetico, direttamente nel cuore dei processi di organizzazione energetica dell’essere umano e dei meccanismi di ripetizione filogenetica organizzati dall’ Immagine, eventualmente scandagliabili con la modalità tecnica della ricerca genealogica. Possiamo ipotizzare l’esistenza di una discrepanza tra il sistema pulsionale ed i meccanismi psicobiologici di scarica. Una discrepanza che può riferirsi o ad una struttura pulsionale tanto energeticamente carica da sovrastare l’Io che non riesce a regolarne la spinta, o da un un dispositivo di regolazione inefficace: entrambe le situazioni portano all’impossibilità di una adeguata scarica energetica, con accumulo progressivo di energie sessuo-aggressive a costituire un piccolo sole che non ha oggetti da illuminare. A tale proposito vorrei ribadire come il processo che in altra sede ho definito di “attualizzazione dello psichismo umano” 2 , riveste una importanza decisiva per la strutturazione del terreno somato-psichico dell’individuo, terreno inteso nella sua accezione micropsicoanalitica di “relazione psicobiologica che un individuo intrattiene naturalmente con il suo es e, attraverso esso, con il suo vuoto costitutivo”.3
Nel corso dello stadio iniziatico, le modalità di organizzazione delle co-pulsioni e delle loro connessioni motorie, così come si sono andate strutturando in miriadi di tentativi che si sono succeduti nel corso delle generazioni, dell’uno e dell’altro ramo genealogico tentano una coesione ed un amalgama. Il gioco delle proiezioni e identificazioni, se vogliamo attenerci al livello iconico, cioè al tentativo di stabilire delle reciprocità ideiche di rappresentazioni ed affetti (proiezione) seguite dallo stabilirsi di un legame energetico che strutturi una fusione in un conglomerato dinamico (identificazione) comincia in utero, attivato tumultuosamente dal sonno sismico fetale. Ora, come in chimica, esistono legami tra elementi che sono possibili e stabili, altri possibili ed instabili, infine altri assolutamente impossibili a mantenersi. Lo stesso discorso può essere fatto per il processo di attualizzazione che avviene nel corso della vita fetale. Se il phylum materno e quello paterno sono troppo distanti dal punto di vista della specificità iconica il processo proiettivo sarà portato avanti all’infinito, alla ricerca di affinità improbabili con l’esito di mantenere un’attività energetica “a vuoto” senza possibilità di vincolamento stabile. Si determina una sacca energetica in cui il Principio di costanza del vuoto non è salvo: una palla di fuoco. Una situazione di siffatta specie può determinarsi anche per un irrigidimento degli schermi iconici dell’Immagine che implica un fenomeno di blocco del prisma iconico, cioè una fissazione filogenetica. Una fissazione è una traccia indelebile lasciata da un’esperienza pulsionale traumatica nel campo energetico dell’Es: uno stampo che rappresenta/ripresenta una delle sfaccettature dell’Immagine. Il blocco si può mantenere solo finché la faccetta iconica (l’esperienza traumatica filogenetica) si mantenga energeticamente attivata. Ciò è possibile fino a che l’esperienza rimanga ancorata nel primario e non vi sia dunque possibilità alcuna di neutralizzazione della carica energetica mediante vincolamento nel secondario. La palla di fuoco è alimentata da esperienze che travalicano la vita ontogenetica dell’individuo e si addentrano nella sua storia genealogica
“Quella palla è un involucro da cui cerca disperatamente di uscire qualcosa. Ma non ce la può fare. Non hai il codice d’accesso per farlo uscire. E’ una catena lunghissima, un lungo soffrire” (giovane analizzato portatore di una nevrosi ossessiva di carattere con spunti paranoici).
Il problema rimane quello di accedere a questo “codice” sconosciuto, cioè di trovare dei supporti verbali, iconici, documentali, che concorrano a costruire una storia che ancori, in modo irreversibile, nel secondario l’accadimento traumatico. Fu quello che, per esempio, fece un giovane che aveva costruito la sua sindrome proiettiva per difendersi dal trauma filogenetico dell’abbandono che aveva tormentato per diverse generazioni il ramo materno del gruppo familiare di appartenenza e di cui la scomparsa precoce della madre era solo l’ultima, dolorosa, ripetizione (questo caso è esposto in modo completo nel lavoro ” Trasmissione transgenerazionale dell’Immagine con particolare riferimento alla determinante filogenetica della paranoia, Dalla psicoanalisi alla Micropsicoanalisi, Borla, 1990). Quando il giovane si sottrasse all’imperio dell’Immagine che chiedeva vendetta e lo spingeva a rivestire il ruolo di Vendicatore del phylum materno, riuscì a disinnescare la ripetizione transgenerazionale e ad attualizzarsi riuscendo ad acquisire una maggiore elasticità degli schermi iconici che gli consentì di ottimizzare i suoi tentativi:
“Le cose cambiano, per me, per i miei, anche per mia nonna: è strano la vedo più serena. Ora non mi sento più guidato da una forza sovrannaturale, da un peso mortale, di fuoco. Quella palla è scomparsa. Se volo in sogno, ora non sento più di aver paura del vuoto, immerso in una energia che va avanti, che è in me, e fuori di me, ovunque”.

NOTE:

1 – S. Freud • L’acquisizione del fuoco • 1931• Freud Opere, Boringhieri, Vol. 11.
2 – Q. Zangrilli • Trasmissione transgenerazionale dell’Immagine con particolare riferimento alla determinante filogenetica della paranoia • Dalla psicoanalisi alla micropsicoanalisi, Borla, Roma, 1990.
3 – S. Fanti • Dizionario di psicoanalisi e micropsicoanalisi • Borla, Roma, 1983, def. n° 164.