Incubo e sogno

da | Feb 12, 1991 | Articoli pregressi, Quirino Zangrilli

Il presente lavoro è comparso sul n° 10 del Bollettino dell’Istituto Italiano di Micropsicoanalisi
Primo semestre 1991

Il lettore attento che segue la produzione scientifica apparsa sul presente Bollettino avrà sicuramente notato il ripetuto tentativo di ridefinizione in termini micropsicoanalitici del concetto di Sogno portato avanti da vari Autori della Società Internazionale di Micropsicoanalisi (Fanti, Peluffo Bolmida, Zangrilli) ed avrà compreso che il processo onirico è considerato in modo sostanzialmente diverso rispetto alla letteratura psicoanalitica tradizionale.
Se si presta particolare attenzione alla tecnica di analisi del sogno che solitamente viene utilizzata in micropsicoanalisi si comprende che ciò che si tenta di ottenere è l’allentamento e la rottura dei legami esistenti tra gli elementi onirici per far si che emergano rappresentazioni mentali ed affetti ingabbiati dal reticolo del soggetto onirico 1.
Esiste una notevole differenza tra soggetti diversi nell’ottemperare a tale studio analitico e a volte possiamo trovarci di fronte a soggetti che esprimono una grande resistenza ad adeguarsi alle indicazioni del micropsicoanalista.
Questo riscontro ci può consentire di evincere una indicazione diagnostica e prognostica in tempi precoci che integri l’idea che già ci eravamo fatti del caso. Tale resistenza infatti, è una spia importante dell’intensità del tabù (attrazione-repulsione) che il soggetto manifesta nei confronti del Vuoto costitutivo e di conseguenza della rigidità della sua armatura caratteriale. Ecco le associazioni di una giovane analizzata: ”Il sogno è una cosa che tiene unite le cose; allontanarmi dal sogno, questo vagare senza essere attaccata a niente, ho sempre tentato di evitarlo. Resterebbero delle zone vuote che tento con tutta me stessa di non vedere.” Tale resistenza può assumere varie forme: ci sono persone che la manifestano con una ipermenesia onirica portando, raggianti, un sogno a seduta, ovviamente innamorate della loro ultima creatura notturna: lo scopo inconscio è quello di non approfondire mai lo studio di un solo sogno per preservarlo sostanzialmente integro.
Tali difese a volte sono talmente potenti che fanno pensare che non siano totalmente acquisite, ma insite nello stesso meccanismo onirico, e finalizzate ad impedire l’effettiva disorganizzazione del sogno. Ovviamente viene da chiedersi il perché e la risposta non può che essere che il sogno mantiene la nostra forma.
Probabilmente, essendo il sogno il luogo di manifestazione privilegiato dell’Immagine, il terreno di incontro tra le informazioni filogenetiche e il veicolo ontogenetico, è nel processo onirico che viene incessantemente rinnovata la coordinazione energetica dell’essere umano, cioè la sua forma, così come si è venuta determinando nel succedersi di infiniti tentativi ripetutisi nel corso delle generazioni. Ed è in sogno che più facilmente rispetto alle altre due attività cardinali, la sessualità e l’aggressività, si può più efficacemente soddisfare l’esigenza al mantenimento dell’equilibrio omeostatico.
In altri termini, forse un po’ più inquietanti, l’Immagine è l’insieme delle rappresentazioni e degli affetti esperite nel corso delle generazioni che ci hanno preceduto; essa ci pone delle richieste di soddisfacimento, che nella drammatizzazione onirica, che ha una funzione puramente difensiva, possono assumere qualsiasi forma, ma nella sua essenza è un richiamo, una richiesta di ritorno là donde siamo venuti: il vuoto. Sono le anime dei morti che ci chiamano, direbbe Virgilio. Per nostra fortuna il Ritorno può assumere la veste meno definitiva della Continuità: l’Immagine ci chiede di conformarci a dei modelli di organizzazione energetica che nel corso della filogenesi si sono dimostrati più idonei al conseguimento della sopravvivenza del tentativo transgenerazionale cioè al mantenimento dell’equilibrio psicosomatico.
Ora si dà il caso che certe risposte psichiche, somatiche o comportamentali con il passare dei secoli possono non essere più necessarie o risultare addirittura controproducenti per il veicolo ontogenetico. Nondimeno l’Immagine persevera nella sua richiesta di continuità ed è il Sogno che, reclutando nel suo archivio esperenziale di rappresentazioni ed affetti, si fa carico di soddisfarne le richieste, soprattutto quando i relativi tentativi di soddisfacimento nel corso della vita della persona non trovano successo, perché ostacolati dalla situazione. Queste premesse sono necessarie per introdurre una ipotesi di interpretazione del fenomeno incubo e una sua differenziazione etiologica dal sogno di angoscia. Uno sguardo alla tabella elaborata da Kramer 2 ci permette di ricavare alcune interessanti osservazioni.
Innanzitutto il periodo di comparsa: mentre l’incubo si verifica nel periodo N-REM ( stati II e IV ) il sogno di angoscia si manifesta nella fase REM, in cui si verifica il paradosso per il quale, mentre i motoneuroni e le vie motrici piramidali ed extrapiramidali sono in stato di eccitazione i motoneuroni spinali sono inibiti e dunque le scariche periferiche sono bloccate. Per quanto riguarda la reazione del soggetto solitamente nel caso dell’incubo si ha risveglio immediato, spontaneo, con sensazione di paura sudorazione, tachicardia, tachipnea.
L’amnesia del contenuto rappresentazionale-affettivo del processo onirico è nell’incubo spesso presente mentre nel sogno d’angoscia solitamente assente. A tali dati si aggiungano le seguenti considerazioni: abbiamo osservato che il periodo di insorgenza dell’incubo si associa alla fase N-REM o fase di sonno lento, in cui si verifica una intensa attività anabolica, cioè sintesi di macromolecole come l’RNA e proteine. Esso è incrementato dopo affaticamento fisico. Al contrario, il sonno REM è incrementato dopo affaticamento psichico: nuove esperienze, nuovi dati da memorizzare, necessità di aggiustamento a stimoli situazionali nuovi. Da questo punto di vista il sonno N-REM sembrerebbe avere una funzione conservativa (continuità), quello REM una funzione innovativa (discontinuità).
Consideriamo inoltre il concetto di continuum onirico secondo il quale l’essere umano è contraddistinto da un’attività onirica cellulare incessante a prescindere dello stato psichico (veglia, sonno, sogno) in cui si trovi. Essere umano sottoposto incessantemente alle richieste dell’Immagine tese alla salvaguardia dell’equilibrio psicosomatico, riattualizzate dal sogno e seguite dai tentativi di ab-onirizzazione che si servono dell’aggressività e della sessualità nella vita di veglia per realizzarsi 3.
Le fasi REM sono inoltre contraddistinte da una intensa attività della corteccia cerebrale e potrebbero corrispondere ad un lavoro di assemblaggio e riorganizzazione del materiale bruto rappresentazionale-affettivo scaturito dall’attività pulsionale riflessa nell’ES nel corso delle fasi N-REM.
Si consideri che questo punto di vista è parziale: si dovrebbe dire che sullo sfondo dell’incessante attività propria del continuum onirico, durante le fasi di sonno ci sono periodi contraddistinti da una inibizione della motilità noti dal punto di vista neurologico come N-REM, che periodicamente sfociano in fasi contraddistinte da intensa attività corticale denominate REM.
La riattivazione casuale di rappresentazioni ed affetti creerebbe delle richieste di soddisfacimento all’individuo con un accumulo tensionale crescente. L’aumento tensionale tenderebbe alla messa in atto degli schemi comportamentali che si sono rivelati più idonei nel corso dell’evoluzione filogenetica al mantenimento dell’equilibrio psicosomatico.
Nello stato di veglia l’essere umano si serve della motricità per realizzare con modalità sessuale o aggressiva tali desideri. E’ nello stato di sonno che si autoinnesterebbe invece la fase REM con la atonia muscolare che la contraddistingue: si eviterebbe così il dreaming-out 4 e la risposta al desiderio verrebbe data per via allucinatoria.
Con l’attivazione delle funzioni corticali viene intessuta la trama del sogno e la vicenda onirica viene data in pasto all’Immagine che in tal modo può soddisfare le sue esigenze di continuità. Un’analizzata: ”Di notte nessuno mi controllava, mi guardava, chissà dove andavo a finire…chissà che cose terribili succedono”. Potrei andare nella stanza dei miei e soffocarli. Lo faccio ogni notte. Durante la notte nessuno mi ferma…posso andare nella stanza dei miei fratelli e soffocarli! “.
Io credo che, nel corso dell’evoluzione l’esigenza di riposo delle strutture nervose sia sfociata nella vantaggiosa situazione per la quale, con l’alternarsi regolare, cronobiologico, delle varie fasi del sonno, compartimenti cellulari diversi possono abbassare il loro livello di attività senza che la funzione omeostatica globale dell’intero organismo ne sia compromessa.
Così nel corso del sonno lento profondo ( N-REM ) la trasmissione di segnali reticolari alla corteccia è assai diminuita o addirittura assente mentre il sonno REM è definito paradosso anche perché alcune aree corticali sono ben attivate nonostante lo stato di sonno (questo tipo di sonno è il risultato di una curiosa miscela di attivazione di alcune regioni cerebrali con concomitante inibizione sottocorticale). Nondimeno, l’attività dell’Immagine é incessante, come le sue richieste che nutrono i desideri dell’individuo. E se le richieste dell’Immagine sono incessanti, diversa è la situazione che tali richieste troveranno nell’individuo a seconda che questi si trovi nello stato di veglia, di sonno N-REM o di sonno REM. Nello stato di veglia un soggetto con corteccia attivata e centri sottocorticali ugualmente attivati, cioè un organismo pronto ad una azione guidata dalla corteccia; nello stato di sonno REM un soggetto con numerose regioni corticali attivate ma con atonia muscolare (inibizione sottocorticale), cioè un organismo predisposto all’attività allucinatoria; nello stato di sonno N-REM un soggetto in riposo periferico con una attività corticale che riceve scarsi impulsi dal sistema reticolare attivante, dal quale si è svincolata e si è resa autonoma, cioè un soggetto inerme, cui è negata l’azione motoria e l’elaborazione allucinatoria (a tale proposito vedi le interessanti considerazioni di N. Peluffo riguardo ai soggetti in cui sia il movimento che un’attività sonno-sogno regolare sia impedita) 5. Io credo che questa semplice considerazione basti a spiegare il perché della sistematica insorgenza dell’incubo in fase di sonno lento: l’incubo è in relazione ad un brusco contatto con il Vuoto costitutivo, contatto che viene amplificato e drammatizzato dalla minor possibilità di integrazione superiore rispetto alla dispersività disintegrazione della fase N-REM, con messa in atto di un meccanismo difensivo tipo “tutto o niente”,attivazione massiva dello schermo iconico e sua susseguente antropomorfizzazione nella fase di risveglio. Se mi si concede un paragone un po’ pittoresco: in una situazione oceanica di contatto con il Vuoto universale, l’Immagine si erige in tutta la sua forza e chiede soddisfazione, l’essere umano deconnesso e atonico della fase N-REM non è in grado di reclutare le immagini per imbastire una rappresentazione allucinatoria che plachi le esigenze dell’Immagine, che a sua volta allaga o risucchia il dormiente. Nella impossibilità di accedere alla fase REM il risveglio guadagnato con l’incubo è un tentativo di sottrarsi all’arbitrio dell’Immagine per poter abreagire prima con le imponenti manifestazioni neuro-vegetative e poi eventualmente con l’azione l’accumulo tensionale.
Mi piace sottolineare che già Lopez nel 1980 aveva interpretato l’incubo come un sogno vuoto 6; un micropsicoanalista non può che fare una piccola precisazione: l’incubo è la manifestazione principe del tabù ( attrazione-repulsione ) del vuoto.

NOTE:

1 – Peluffo N. • Relazione tra sogno e creatività • Bollettino dell’Istituto Italiano di Micropsicoanalisi n° 9, 1991.
2 – Kramer M. • Dream Disturbances • Psychiatr.Ann. 9,50-68,1979.
3 – Peluffo N. • Relazione tra sogno e creatività • Bollettino dell’Istituto Italiano di Micropsicoanalisi n° 9, 1991.
4 – Fanti S. • La Micropsicoanalisi • Borla Editore, 1983.
5 – Peluffo N. • Relazione tra sogno e creatività • Bollettino dell’Istituto Italiano di Micropsicoanalisi n° 9, 1991.
6 – Lopez D. • Dalla relazione analitica come sogno alla relazione tra persone • Gli Argonauti, 4, 1980.