Esposizione divulgativa del concetto di tentativo

da | Mar 12, 1991 | Articoli pregressi

Il presente lavoro, comparso sul n° 11 del Bollettino dell’Istituto Italiano di Micropsicoanalisi, 199, è l’estratto della conferenza tenuta dal Dr. Zangrilli Quirino, l’8-11-1991, nel quadro del Corso di Formazione per gli operatori della Casa di accoglienza Giovanni XXIII di Castelmassimo – FR)

Signore e Signori,
quando mi fu gentilmente richiesto di partecipare a codeste giornate di studio e formulammo insieme, come argomento di comune interesse, la nozione micropsicoanalitica di tentativo, ero già conscio della difficoltà di introdurre ad un uditorio composito e ricco di esperienze diverse, un concetto così innovatore e rivoluzionario, formulato da Silvio Fanti nell’ormai lontano 1953 e poi verificato nel corso di decenni di studi e ricerche sperimentali. Avevo avuto, da allora, un reiterato desiderio di elaborare un intervento ben strutturato, compiuto, ed invece, come potete vedere, eccomi qui che parlo a braccio.
Vi racconterò dettagliatamente la ragione di questo accadimento. Mi sono accorto, infatti, che costituisce la descrizione più semplice ed efficace che io possa darvi della dinamica dei tentativi, poiché, questo nostro odierno incontro, non sarebbe stato possibile, se il mondo fosse veramente governato dalle sole regole della logica che vigono nel conscio e non, come vedremo insieme, dalla dinamica dei tentativi.
Per ora accontentiamoci della seguente affermazione: ”Ci incontriamo, oggi, per caso“. Vedremo in seguito come tale assunto sia insufficiente e non corrispondente alla realtà dei fenomeni.
Ascolterete tra non molto un semplice racconto che descrive la nascita, la danza delle traiettorie, le modificazioni, il destino, di cinque tentativi. In effetti, la dinamica sarebbe ben più complessa di quanto sto per dirvi, ma, per il fine che ci siamo proposti, sarà sufficiente attenersi al solo materiale che vi proporrò. Un’altra precisazione è comunque necessaria: dato che quelli che descriverò sono tentativi esistenziali, cioè progetti, desideri, interazioni tra persone e situazioni, mi manterrò, così facendo, su un piano macroscopico, in cui i fenomeni sono certo più evidenti per coloro i quali, come il gentile uditorio di questa sera, non hanno un’esperienza diretta del procedimento micropsicoanalitico, ma sicuramente, già strutturati in quelli che Silvio Fanti definisce insiemi di tentativi, cioè “sistemazione puramente energetica dei tentativi che entrano in interazioni secondo la loro traiettoria fortuita nel continuum del vuoto”1.
Giacché viene qui menzionata la parola vuoto permettetemi di specificarne l’accezione micropsicoanalitica. Nel breve prologo a questo mio intervento, ho descritto brevemente le innovazioni metodologiche e tecniche che caratterizzano la micropsicoanalisi. La potenza degli strumenti tecnici micropsicoanalitici (soprattutto la dilatazione del tempo di seduta) permette il manifestarsi, l’osservazione e lo studio di fenomeni particolarmente primari, non solo dal punto di vista della loro genesi (abbiamo spesso a che fare con materiale rappresentazionale-affettivo relativo a vissuti intrauterini o persino genealogici) ma anche dal punto di vista della struttura e del dinamismo.
E’ difficile , a volte, situare tali fenomeni nel quadro sinottico freudiano, per altri aspetti pienamente soddisfacente, dell’es-io-super-io, poiché essi sembrano collocarsi in un mondo fenomenologico ancor più primario delle strutture psichiche e, per tale ragione, i dati osservabili nel corso delle sedute lunghe micropsicoanalitiche , siano essi psichici o somatici, vengono situati in un ambito più vasto che è conosciuto come organizzazione energetica del Vuoto.
Silvio Fanti, così, nel Dizionario di Psicoanalisi e Micropsicoanalisi, a pag. 38 dell’edizione italiana, descrive l’organizzazione energetica del vuoto: l’energia che anima il continuum del vuoto passa per stati successivi fino alla sua strutturazione psicobiologica. Vi prego di prestare particolare attenzione a questi concetti un po’ difficili solo perché inusuali , comunque indispensabili per una visione più vicina al reale.
Silvio Fanti descrive un processo di condensazione autocatalitica dell’energia che partendo dal vuoto creatore, porta per tappe successive, sulle quali non sto qui a soffermarmi, al manifestarsi del cosiddetto tentativo: assemblaggio più o meno complesso e strutturato psichicamente o materialmente di tentativi elementari 2.
Secondo Silvio Fanti, qualsiasi fenomeno del mondo minerale, animale e vegetale, scaturisce come ottimizzazione di innumerevoli e successivi tentativi dall’energia elementare che anima il vuoto.
Queste premesse, che vi saranno senz’altro sembrate così lontane dall’argomento della mia relazione, sono necessarie perché in senso micropsicoanalitico sarebbe impossibile rappresentarsi la dinamica dei tentativi, come d’altronde di qualsiasi cosa esista, al di fuori del tessuto connettivo del vuoto, che li produce, li sostiene, li organizza, li assembla, li disgrega, li annichila.
Lo so, quando si parla di campi di forze, vettori, traiettorie, spostamenti, condensazioni si pensa subito ad un mondo così lontano dall’esistenza quotidiana, lo stesso disorientante effetto che ci fa ascoltare un microfisico o un chimico. Eppure anche loro parlano di leggi che ci governano, leggi che ci fanno ritrovare il nostro rassicurante cappuccino del mattino, o che organizzano lo spazio dell’esistenza e lo scorrere del tempo. So anche, però, che è più facile descrivere gli stessi fenomeni ad un livello di strutturazione e complessificazione superiore, al livello, per esempio, di desideri, progetti, difficoltà, comportamenti, decisioni, in una parola, la nostra vita quotidiana.
Veniamo allora, finalmente, a descrivere il percorso di cinque tentativi che chiameremo: n° 1 – Il tentativo della relazione; n° 2 – Il tentativo dell’incontro; n° 3 – Il tentativo informatico; n° 4 – Il tentativo di contattare Marcello; n° 5 – Il tentativo di contattare il Dr. Curadavvero.
Descriviamoli in dettaglio: – n° 1 – (Tentativo della relazione). E’ il tentativo di scrivere una relazione per la giornata di domani. Si, avete capito bene: la giornata di domani, perché fino a due ore fa ero assolutamente sicuro, e lo ero da mesi, che questo nostro incontro fosse fissato per il 9-11-91 mentre oggi, evidentemente, è l’8-11-91.
– n° 2 – (Tentativo dell’incontro). E’ il tentativo di incontrare di nuovo, dopo circa 20 anni il mio amico Andrea Coccia il suo mondo, le sue esperienze. E’ il tentativo corollario del precedente. Senza l’incontro odierno non vi sarebbe stata ragione di scrivere una relazione, anche se codesta affermazione è valida unicamente su un piano cosciente razionale, poiché ogni accadimento della nostra vita è solo la sistemazione a posteriori di un equilibrio dinamico inconscio. Per esempio potremmo dire che l’incontro odierno è la sistemazione razionale più economica del tentativo di due o più persone, elementi costitutivi di un insieme, una volta collegati da un vincolo o legame ( quale può essere una relazione di amicizia) di ricostituire, anche transitoriamente, e pur anche per una sola sfaccettatura, quell’insieme.
– n° 3 – (tentativo informatico). E’ il tentativo che può essere definito “ fallito “ ma che ha un ruolo fondamentale in tutto il dinamismo. Circa un mese fa mi recai da Marcello per aiutarlo ad installare un complesso software nel suo sistema informatico (Marcello è uno dei fondatori della casa di accoglienza). L’operazione ebbe un esito disastroso, con notevoli disturbi nella configurazione del sistema. Quella sera, comunque, ci salutammo con il proposito di risentirci per avere uno scambio di idee sulle modalità di impostazione del mio intervento, che costituisce il – n° 4 – (tentativo di contattare Marcello).
– n° 5 – (tentativo di contattare il Dr. Curadavvero). Nell’ultimo periodo, la madre di un mio parente, un soggetto con un terreno psicosomatico connotato da un intenso masochismo primario che dava origine a tentativi di vincolamento somatico gravi, aveva riattivato, in una situazione di abbandono, l’usuale meccanismo di difesa consistente nella costruzione, per traslazione somatica, di disturbi organici. Si era rivolta dunque, seppure in modo indiretto, al sottoscritto per avere un consiglio medico. Apparentemente quello che questo tipo di persone sollecita è un aiuto e un consiglio che permetta loro di superare uno stato di malattia. In sostanza, invece, ricercano incessantemente una complicità al rafforzamento dei pericolosi tentativi che mettono in atto per elaborare, sul piano somatico, il conflitto.
Un medico micropsicoanalista, che è conscio di tali dinamiche, deve rassegnarsi a passare per cinico,superficiale e indifferente, nella speranza che la frustrazione del tentativo di vincolamento somatico apra nuove inedite vie di elaborazione del conflitto. La signora in questione, comunque, come spesso avviene in questi casi, era da anni in cura presso un medico depositario di forti spinte sadiche che drammatizzava qualsiasi situazione di pur lieve squilibrio psicosomatico, mantenendo la persona agganciata in un tenace rapporto sadomasochistico che certo, soddisfaceva la struttura pulsionale di entrambi, ma si rivelava patogeno per il soggetto. Negli ultimi anni, l’esperienza micropsicoanalitica di vari membri dell’entourage del soggetto aveva molto ridotto la compiacenza ed il rinforzo dei ripetuti tentativi di costruzione di soluzioni somatiche che la signora aveva posto in essere, introducendo una variabile importante.
Il primo tentativo che di fatto per la prima volta aggirava la ripetizione era rappresentato dalla ricerca spontanea di un mio caro e stimato collega che chiameremo il Dr. Curadavvero, che coniugava, oltre ad una preparazione medica di altissimo livello, una struttura caratteriale sufficientemente neutra ed un impasto pulsionale caratterizzato da un basso tasso di sadismo: in altri termini il medico che augurerei a chiunque di avere come terapeuta. La signora mi aveva pregato di contattare il Dr. Curadavvero per esporgli il suo caso e caldeggiare una speciale comprensione. Per diversi giorni rimasi combattuto tra il lasciar fare le cose al destino o intervenire, dunque in qualche modo interferire, per rafforzare la tendenza in atto.
Temporeggiavo, anche se è molto difficile mantenere una completa astinenza in simili situazioni, e dunque c’era in me un proponimento conscio di prendere contatto con il collega che pure non trovava la forza di realizzarsi.
Ora, finalmente, possiamo seguire la dinamica dei tentativi che vi ho descritto. Possiamo cominciare da circa due ore fa. Sono seduto davanti la tastiera del mio computer, rilassato al pensiero di avere praticamente due giornate a disposizione per elaborare la mia relazione per domani, per un incontro che, lo capite, non ci sarebbe mai stato. Penso di sentire il parere di Marcello, ne ho da giorni l’intenzione , eppure rimando e rinuncerei ancora se non fossi di fronte al mio computer. Giacché, per quella che vi sembrerà una singolare coincidenza e tale può rimanere stasera, nei giorni scorsi, nel corso dell’istallazione di un semplicissimo software nel mio elaboratore, si è determinato un difetto di funzionamento tale da “mimare” il “disastro informatico” di Marcello.
La solidarietà che nasce dalla comunanza di sventura è la spinta che mi consente di telefonare a Marcello. Dopo i commenti che vi lascio immaginare sulle nostre disavventure informatiche, autentici fallimenti, ma al tempo stesso elemento fondamentale per rafforzare un tentativo che da mesi non aveva l’energia sufficiente per essere realizzato (n° 4, contattare Marcello), vengo a sapere, quasi per caso, che la giornata che mi era stata assegnata era quella dell’8 novembre e non il 9.
Come è evidente, il disastro informatico rende possibile anche il tentativo n°2: eccomi infatti qui ad incontrare Andrea Coccia e il suo mondo. Effettivamente il destino del tentativo n° 2 che pure apparentemente sembrava il più forte, organizzato e strutturato, tanto da meritarsi una prenotazione sulla mia agenda elettronica, era disturbato da qualche forza inconscia.
Non potendo entrare nello psichismo altrui, se non in una dimensione di setting micropsicoanalitico, parto dal presupposto che il lapsus sia il mio, anche se ipotesi diverse non cambierebbero la sostanza del nostro discorso. Facendo ricorso ad un po’ di autoanalisi non faticavo a trovare l’origine del lapsus. Andrea Coccia, a questo punto è bene precisarlo lo incontrai per la prima volta nella vita in un aula di scuola media. Io ero un adolescente irrequieto, animato da un forte desiderio di conoscenza e di certezze che aveva trovato un sollievo transitorio alla riaccensione della conflittualità edipica propria di quell’età,nell’appartenza ad un’area di riferimento ideologico (il gruppo, in fondo, è l’alleanza tra i giovani maschi dell’orda primordiale), lui era il mio insegnante di religione. Su di lui avevo potuto proiettare e dunque vincolare molte delle ambivalenze proprie di quel delicato periodo.
Comunque, tutto questo non aveva impedito che nascesse una sincera amicizia, perché in fondo io e Andrea Coccia siamo imparentati da un tratto del nostro carattere (niente amicizia, senza somiglianza!) che in Andrea, che conoscete certo meglio di me, non faticherete a ravvedere: la necessità di essere nella corrente, di non stare fermi, di tentare. Dopo quell’incontro la vita, con i suoi imprevedibili percorsi ci portò lontani. Le poche volte che ci siamo incontrati fugacemente, nel frattempo, mi rendevo conto che Andrea, per entrare in contatto con me utilizzava (e nessuno può fare altrimenti) l’intonazione del rapporto di un tempo: mi chiamava Rinetto e la prima cosa che faceva era darmi un buffetto sulla guancia. Era una sorta di reazione automatica e immediata che evidentemente in me, che pure sono in parte cosciente di tali dinamiche, riaccendeva l’ambivalenza di un tempo, cosa che spiegherebbe l’origine del lapsus.
L’inconscio è geniale nel cercare le sue soddisfazioni: cosa ci sarebbe stato di meglio che rendere, in base alla legge del taglione, pan per focaccia ? Ero un ragazzino in cerca di rassicurazioni e certezze e Andrea, ovviamente, non poteva dare risposte a quesiti che nemmeno io conoscevo. Avevo di lui una sensazione frustrante di assenza e questo, inconsciamente, mi preparavo a rendergli!
E invece, grazie al disastro informatico, eccomi qua.
E il Dr Curadavvero, vi chiederete, che fine ha fatto ? Un attimo di pazienza: lasciate che ritorni alla fine della telefonata. Riaggancio il ricevitore un po’ confuso. Non c’è ovviamente il tempo di elaborare una relazione (tentativo n° 1 che si direbbe fallito) e, se voglio a questo punto concretizzare il tentativo n° 2, l’incontro con Andrea Coccia, devo fare in fretta e organizzarmi. Telefono a mia moglie e concordiamo che la cosa migliore da fare, per ottimizzare i tempi, è andare a mangiare qualcosa in un locale vicino la sede del nostro incontro. Uscendo c’è ancora un po’ di tempo a disposizione prima del nostro appuntamento; la città è deserta. Ci rechiamo allo sportello bancomat più vicino perché mia moglie ha necessità di richiedere un estratto conto. Nell’oscurità scorgiamo un’ombra, che si volta e ci saluta cordialmente: ”Salve, che coincidenza! volevo chiamarvi uno di questi giorni, perché ho visitato una vostra parente…” Si, è proprio lui: il Dr. Curadavvero.
Forse solo ora capisco veramente cosa intende Fanti quando afferma che il tentativo “fallito “ non differisce in fondo dal tentativo riuscito. Qualcuno tra voi potrebbe ritenere arbitraria l’introduzione del Dr. Curadavvero nella dinamica che abbiamo seguito. Mi limiterò a dirvi che il Dr. Curadavvero che per i reciproci impegni vedo molto di rado, faceva parte con Andrea Coccia, Marcello e altri di un ristrettissimo gruppo di persone unite più di venti anni fa da un’intensa amicizia (in termini tecnici direi depositarie di traslazioni reciproche). Ed aggiungo che negli ultimi giorni, in un modo o nell’altro, sono praticamente entrato in contatto senza intenzionalità, in modo diretto o indiretto con quasi tutti gli elementi di quel vecchio insieme.
E’ l’effetto certo un po’ sconcertante di quel fenomeno di riattivazione di situazione di cui, a proposito della visita dei luoghi dell’infanzia che si effettua durante il trattamento micropsicoanalitico, fa menzione Nicola Peluffo nel suo lavoro “La situazione“ di cui vorrei leggervi un breve passo: “La visita dei luoghi che fa da resto diurno alle attività dell’inconscio, mette in moto processi che si specificano nel secondario e, per esempio, il signor o la signora tal dei tali, che in epoche successive sono entrati nella storia transferale del soggetto, come in una “piece” teatrale sono inconsciamente “scritturati” per partecipare alla vicenda esistenziale del soggetto stesso.“ 3.
Ho voluto farvi questo racconto perché so che nel corso del vostro nobile e duro lavoro spesso attraversate dei difficili momenti in cui avete la penosa sensazione che i vostri tentativi non abbiano più alcun senso. Credo di avervi mostrato la potenza di un tentativo che sul piano razionale si può definire fallito. L’essere umano non fa altro che tentare, a sua insaputa, ciecamente; noi siamo incessantemente, e nostro malgrado, al centro di una rete di tentativi che cercano stabilità per mantenersi e strutturarsi. Anche voi siete al centro dei tentativi che i vostri bambini e ragazzi compiono, tentativi che vengono per lo più inghiottiti dal gorgo della coazione a ripetere, finché, un giorno,apparentemente per caso, un tentativo inedito che fino a quel momento non aveva la forza di manifestarsi, riesce come per incanto a farsi strada e voi dovete semplicemente essere lì a testimoniare.

NOTE:

1 – Silvio Fanti • Dizionario di Psicoanalisi e Micropsicoanalisi • definizione n°91. Borla, 1983.
2 – Silvio Fanti • Dizionario di Psicoanalisi e Micropsicoanalisi • definizione n°86. Borla, 1983.
3 – Nicola Peluffo • La situazione • Bollettino dell’Istituto Italiano di Micropsicoanalisi n° 5, 1987.