Gli aforismi del Maestro Sigmund Freud

L’invidia del pene

Aforismi L’ipotesi dello stesso genitale (virile) in tutte le persone è la prima delle teorie sessuali infantili, così singolari e gravide di conseguenze. Giova poco al bambino il fatto che la scienza biologica dia ragione al suo pregiudizio e debba riconoscere nella clitoride femminile un vero e proprio sostituto del pene.
La bimba non cade in un rifiuto analogo quando scorge che il genitale del maschio ha forma diversa. Essa è subito disposta a riconoscerlo e soccombe all’invidia del pene, che culmina nel desiderio, importante per le sue conseguenze, di essere anche lei un maschietto.

Tre saggi sulla teoria sessuale, Secondo saggio: la sessualità infantile, L’esplorazione sessuale infantile, 1905, Opere, Vol. 4


Se si indaga abbastanza a fondo nella nevrosi di una donna, non di rado ci si imbatte nel desiderio rimosso di possedere un pene come quello dell’uomo. Un insuccesso, una sfortuna accidentale, o addirittura dovuta – come accade abbastanza spesso – a una disposizione fortemente virile, ha riattivato, nella donna, questo desiderio infantile (che chiamiamo “invidia del pene” considerandolo un aspetto del complesso di evirazione) e, attraverso il riflusso della libido, ha fatto di tale desiderio il veicolo principale dei sintomi nevrotici. Nel caso di altre donne la presenza di questo desiderio del pene non può essere dimostrata in alcun modo; il suo posto è preso dal desiderio di un bambino, e la frustrazione di tale desiderio nella vita può poi scatenare la nevrosi

Introduzione alla psicoanalisi ed altri scritti,  Trasformazioni pulsionali, particolarmente dell’erotismo anale, 1915, Opere, Vol. 8


La bambina ha modo di osservare il pene, grosso e vistoso, di un fratello o di un compagno di giochi; riconosce subito in esso il corrispettivo, in grande, del proprio organo piccolo e nascosto, ed ecco che nasce in lei l’invidia del pene.

Vi è un interessante contrasto nel comportamento dei due sessi: (…)

Per la bimba la cosa è diversa. Il suo giudizio e la sua decisione sono istantanei. Essa l’ha visto, sa di non averlo, e vuole averlo.

Da questo punto si diparte il cosiddetto “complesso di mascolinità” della donna; se essa non riesce a superarlo rapidamente, gravi difficoltà possono derivarne al normale sviluppo che le è assegnato verso la femminilità. La speranza che nonostante tutto un giorno o l’altro le si sviluppi un pene che la faccia diventare uguale all’uomo, può mantenersi incredibilmente a lungo e diventare motivo di bizzarri comportamenti, altrimenti inspiegabili. Oppure compare quel processo, a cui darei il nome di “rinnegamento”,259 che nella vita psichica infantile non pare essere né raro né particolarmente pericoloso, e che invece nell’adulto darebbe il via a una psicosi. La bambina rifiuta di accettare il dato di fatto della propria evirazione, si ostina nella convinzione di possedere un pene, ed è costretta in seguito a comportarsi come se fosse un maschio.

Inibizione, sintomo  e angoscia ed altri scritti,  alcune conseguenze psichiche della differenza  anatomica tra i sessi, 1925, Opere, Vol. 10


Anche il complesso di evirazione della bambina è messo in moto dalla vista dell’altro genitale. Essa nota subito la differenza e – lo si deve ammettere – si rende conto del suo significato. Si sente gravemente danneggiata, dichiara spesso che anche lei “vorrebbe avere qualcosa di simile” e cade quindi in balia dell’invidia del pene, che lascerà tracce incancellabili nel suo sviluppo e nella formazione del suo carattere e che, anche nel più favorevole dei casi, non sarà superata senza un grave dispendio psichico. Se la bambina riconosce di fatto la mancanza del pene, questo non vuol dire che a ciò si acconci a cuor leggero. Al contrario, ancora a lungo essa mantiene il desiderio di riuscire ad avere qualcosa di simile, ha fede in tale possibilità fino a un’età incredibilmente tarda, e l’analisi può dimostrare che anche in epoche in cui la conoscenza della realtà l’ha indotta a scartare, in quanto irraggiungibile, l’appagamento di questo desiderio, esso permane nell’inconscio conservando un notevole investimento energetico. Il desiderio di ottenere ugualmente il sospirato pene può ancora essere uno dei motivi che spingono la donna matura all’analisi, e in ciò che essa può ragionevolmente aspettarsi dall’analisi – la capacità, per esempio, di esercitare una professione intellettuale – si può spesso ravvisare una modificazione sublimata di questo desiderio rimosso.

L’uomo Mosè e la religione monoteistica, Introduzione alla psicoanalisi   (Nuova serie di Lezioni), 1932, Opere, Vol. 11


La scoperta della propria evirazione è un punto di svolta nello sviluppo della bambina. Da essa si dipartono tre indirizzi evolutivi: uno porta all’inibizione sessuale o alla nevrosi; il secondo a un cambiamento del carattere nel senso di un complesso di mascolinità; l’ultimo, infine, alla femminilità normale. Su tutti e tre abbiamo appreso parecchie cose, anche se non tutto. Il contenuto essenziale del primo è che la bambina piccola – la quale fino allora aveva vissuto in modo maschile e sapeva procurarsi il piacere eccitando la clitoride, ponendo questa attività in relazione con i propri desideri sessuali, spesso attivi, rivolti alla madre – si lascia guastare il godimento della propria sessualità fallica dall’influsso dell’invidia del pene. Mortificata nel suo amor proprio dal confronto col maschio, molto meglio fornito, essa rinuncia al soddisfacimento masturbatorio clitorideo, respinge il proprio amore per la madre e insieme, non di rado, rimuove buona parte delle proprie tendenze sessuali in genere. Il distacco dalla madre non avviene certo tutt’a un tratto, poiché dapprima la bambina ritiene la propria evirazione una disgrazia individuale e solo a poco a poco la estende ad altri esseri femminili, e per finire anche alla madre. Il suo amore era diretto alla madre fallica; con la scoperta che la madre è evirata, diventa possibile abbandonarla come oggetto d’amore, così che i motivi di ostilità a lungo accumulati prendono il sopravvento. Ciò significa pertanto che, con la scoperta della mancanza del pene, la donna perde di valore agli occhi della bambina, così come del bambino, e forse, più tardi, dell’uomo.

L’uomo Mosè e la religione monoteistica, Introduzione alla psicoanalisi   (Nuova serie di Lezioni), 1932, Opere, Vol. 11


Gli effetti del complesso di evirazione sulla bambina piccola sono più uniformi ma non meno profondi. Com’è ovvio, la bimba non ha da temere la perdita del pene, ma dovrà pur reagire al fatto di non averlo avuto. Fin dall’inizio ella ne invidia al maschio il possesso; si può dire che tutto il suo sviluppo si compia sotto il segno dell’invidia del pene. La bambina, inizialmente, si sforza invano di uguagliare il maschio, ma in seguito i suoi tentativi di risarcirsi del proprio difetto hanno un esito migliore e, alla fin fine, possono portarla alla normale impostazione femminile. Se nella fase fallica prova, come il maschietto, a procurarsi il piacere stimolando manualmente i propri genitali, accade spesso che non ne ricavi un soddisfacimento sufficiente, e allora estende il giudizio di inferiorità dal proprio pene atrofizzato a tutta la propria persona. Di norma abbandona ben presto la masturbazione perché non vuole che le sia rammentata la superiorità del fratello o del compagno di giochi e si distoglie dalla sessualità in generale.

Se la piccola donna persevera nel suo primo desiderio di diventare un “maschio”, finirà al limite col diventare una omosessuale manifesta, o magari manifesterà nella sua ulteriore condotta di vita spiccati tratti maschili, o sceglierà una professione maschile, e così via. L’altra strada passa per il distacco dalla madre amata, alla quale, sotto l’influsso dell’invidia del pene, la figlia non riesce a perdonare di averla foggiata e messa al mondo con quella mancanza.

In collera per questo, la bambina abbandona la madre e come oggetto d’amore la sostituisce con un’altra persona, il padre. Quando si è perduto un oggetto d’amore, la reazione più ovvia e naturale è identificarsi con lui, in un certo senso sostituendolo dal di dentro mediante l’identificazione. Questo meccanismo viene qui in aiuto alla bambina. L’identificazione con la madre può ora rimpiazzare l’attaccamento alla madre. La figlioletta si mette ora al posto della madre, come sempre ha fatto nei suoi giuochi, vuole sostituirsi a lei presso il padre e odia la madre precedentemente amata per due motivi: la gelosia e l’umiliazione derivante dal pene non concesso. Il suo nuovo rapporto con il padre può avere inizialmente per contenuto il desiderio di disporre del suo pene, ma culmina in un altro desiderio, quello di avere da lui in dono un bambino. Il desiderio del bambino ha così preso il posto del desiderio del pene o, quanto meno, si è da esso separato.

L’uomo Mosè e la religione monoteistica, Compendio di psicoanalisi   (Parte seconda.Il compito pratico, 1938, Opere, Vol. 11