Gli aforismi del Maestro Sigmund Freud
L’Aggressività
In base alla testimonianza della psicoanalisi, quasi ogni stretto rapporto emotivo sufficientemente durevole tra due persone – matrimonio, amicizia, sentimento paterno, devozione filiale – contiene un fondo di sentimenti di avversione e di ostilità che rimane impercettibile solo in virtù della rimozione…
…Nella palese avversione e ripugnanza provata per l’estraneo con cui siamo a contatto è avvertibile l’espressione di un amore per noi medesimi, di un narcisismo che tende all’autoaffermazione e si comporta come se la mera presenza di uno scostamento dalla propria linea di sviluppo implicasse una critica di questa e un invito a modificarla. Perché una sensibilità così grande debba appuntarsi proprio su tali particolari della differenziazione individuale ci è ignoto; è però innegabile che in tale comportamento umano si manifesti una disponibilità a odiare, un’aggressività la cui origine ci è sconosciuta e alla quale siamo inclini ad attribuire un carattere elementare
Psicologia delle masse ed analisi dell’Io, 1921, Opere, Vol. 9
Nella “paranoia persecutoria” l’ammalato si oppone in un modo particolare a un attaccamento omosessuale troppo forte verso una determinata persona, e il risultato è che questa persona, massimamente amata, diventa il persecutore, su cui si rivolge l’aggressività, spesso pericolosa, dell’ammalato. In questo caso è legittimo inferire che nella fase immediatamente precedente l’amore si è trasformato in odio.
L’Io e l’Es, 1922, 4. Le due specie di pulsioni, Opere Vol. 9
Dal punto di vista del contenimento delle pulsioni, e cioè della moralità, ci si può esprimere così: l’Es è assolutamente amorale, l’Io si sforza di essere morale, il Super-io può diventare ipermorale, e quindi crudele quanto solo l’Es può esserlo. È rimarchevole il fatto che l’uomo, quanto più limita la propria aggressività verso l’esterno, tanto più diventa rigoroso, ossia aggressivo, nel proprio ideale dell’Io. Stando alle valutazioni del senso comune sembrerebbe vero l’opposto: nelle pretese accampate dall’ideale dell’Io è ravvisato il motivo che induce alla repressione dell’aggressività. Eppure le cose stanno come le abbiamo or ora enunciate: quanto più un uomo padroneggia la propria aggressività, tanto più si accentua l’inclinazione aggressiva del suo ideale contro il suo Io. È come se si verificasse uno spostamento, un volgersi contro il proprio Io. Perfino la morale comune, normale, ha caratteri rigidamente limitativi, e di proibizione spietata. Da ciò deriva la concezione inesorabilmente punitiva dell’essere superiore.
L’Io e l’Es, 1922, 5. I rapporti di dipendenza dell’Io, Opere Vol. 9
l’uomo non è una creatura mansueta, bisognosa d’amore, capace al massimo di difendersi quando è attaccata; è vero invece che occorre attribuire al suo corredo pulsionale anche una buona dose di aggressività.
Il disagio della civiltà, 1929, Opere vol. 10
L’effetto della rinuncia pulsionale sulla coscienza è allora che quella parte di aggressività che tralasciamo di soddisfare viene presa sopra di sé dal Super-io e ne accresce l’aggressività (contro l’Io).
Il disagio della civiltà, 1929, Opere vol. 10
l’aggressività vendicatrice del bambino sarà in parte determinata dalla più o meno violenta aggressione punitrice che egli si aspetta dal padre. L’esperienza insegna però che la severità del Super-io sviluppata dal bambino non corrisponde affatto alla severità del trattamento che egli stesso ha subito. Sembrano due cose indipendenti: da un’educazione molto mite un bambino può derivare una coscienza molto severa.
Il disagio della civiltà, 1929, Opere vol. 10
Con l’istituzione del Super-io importi considerevoli della pulsione aggressiva vengono fissati all’interno dell’Io, ove operano in senso autodistruttivo. È uno dei pericoli igienici che l’essere umano si addossa nell’evoluzione della civiltà. Trattenere l’aggressività è comunque malsano, porta alla malattia (mortifica). Accade spesso che un individuo, durante un attacco di collera, renda palese il trapasso da un’aggressività impedita all’autodistruzione perché rivolge l’aggressività verso la propria persona, strappandosi i capelli e coprendosi il volto di pugni, mentre è chiaro che avrebbe voluto riservare questo trattamento a qualcun altro. Una parte di autodistruzione rimane comunque all’interno fino a quando, da ultimo, riesce a uccidere l’individuo, forse non prima che la sua libido si sia consunta o fissata in modo svantaggioso.
Compendio di psicoanalisi, 1938, Parte Prima (la psiche ed il suo funzionamento, Capitolo 2. La teoria delle pulsioni, Opere, Vol. 11